Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Le vere svolte (poco animaliste) che servono a Silvio Berlusconi

Dove o da chi comincio scrivendo della solita politica italiana in questa domenica delle Palme, che ci avvicina alla Pasqua di Resurrezione?

Da Matteo Renzi, risorgente segretario del Pd, e non si è ancora ben capito se anche aspirante di nuovo a presidente del Consiglio, dopo lo schiaffone procuratosi in fondo da solo con una campagna referendaria sulla sua riforma costituzionale condotta con troppa baldanza?

Da Sergio Mattarella, che proprio a Renzi ha appena dato uno scappellotto tirandosi fuori dall’incidente parlamentare nel quale i renziani lo volevano imprudentemente coinvolgere per la mancata elezione del loro candidato a presidente della prima commissione del Senato? Quella degli Affari costituzionali preposta all’esame, quando verrà, dell’ennesima riforma o riformina elettorale.

Dal conte Paolo Gentiloni, che si barcamena alla meglio tra imprevisti internazionali e interni scommettendo più sulla paura degli italiani che gli succeda chissà chi a Palazzo Chigi dopo il prossimo turno elettorale, ordinario o anticipato, che sulla sua reale capacità o possibilità di evitare un naufragio?

Dall’emergente e un po’ tenebroso Davide Casaleggio, per quanto bellissimo, secondo la certificazione del critico televisivo del Corriere della Sera Aldo Grasso, propostosi in quel di Ivrea al popolo grillino – Davide naturalmente, non Aldo – come chi è interessato più dal futuro che dal presente? Ma sapendo bene che del futuro fa parte il prossimo autunno, con le primarie, o come altro preferiranno chiamarle da quelle parti, per la scelta del candidato del Movimento 5 Stelle alla guida del governo di cui i vari Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno assaporato troppo presto il presunto odore.

Dell’almeno anagraficamente vecchio Silvio Berlusconi, appena celebrato sulla prima pagina sempre del Corriere della Sera, con la firma di Paola Di Caro, come l’autore di una “svolta animalista”, avendo aderito alla campagna della sua amica Michela Vittoria Brambilla per la difesa degli agnelli dalle stragi di Pasqua?

++++

Scusatemi, ma non riesco a sottrarmi alla tentazione di cominciare, e pure di finire, con Silvio Berlusconi per scrivere che forse sono altre le svolte attese dagli elettori che hanno smesso da anni di votarlo, o di votarne il partito, visto che lui è momentaneamente incandidabile: elettori dei quali il presidente di Forza Italia insegue ostinatamente il recupero, ritenendo forse non a torto, per carità, che essi basterebbero e avanzerebbero per fargli vincere le elezioni.

Purtroppo i suoi ex elettori di una certa età, e quelli più giovani ma pur sempre rispettosi delle tradizioni e delle buone maniere, si aspettano da Berlusconi svolte politiche, altro che animaliste. A costoro, dei cinque agnelli ch’egli ha appena generosamente “adottato”, facendosi fotografare mentre ne allatta uno chiamato poeticamente “Fiocco di neve”, non gliene importa nulla. Importa loro di più ch’egli si decida a rinunciare a sopportare un giorno e a inseguire l’altro il segretario leghista Matteo Salvini e la sorella dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Che sarà pure una bella mamma, oltre che sorella, per carità, ma è pur sempre la Meloni, appunto: una di fronte alla quale politicamente persino Ignazio La Russa, suo meno giovane amico di partito, o come diavolo si chiamano adesso fra di loro essendosi dati nel passato del camerata, sembra uno statista.

Piuttosto che occuparsi, in questi tempi poi, dei cinque agnelli scelti per lui dalla fedele Michela Vittoria Brambilla, l’ex presidente del Consiglio farebbe bene a riesaminare i rapporti con i cinque o più esponenti più in vista dell’area centrista ch’egli si ostina a scambiare per nemici, poltronisti e quant’altro, ma interessati come lui, o come lui dovrebbe, a impedire che il Paese finisca in mano ai grillini, vista l’ennesima frammentazione della sinistra.

Eppure fu lo stesso Berlusconi che nell’autunno del 2013 invitò i propri amici di una rinata Forza Italia a non insultare con parolacce e fischi i vari Angelino Alfano e Maurizio Lupi, che avevano preferito rimanere nel governo di Enrico Letta e definirsi “diversamente berlusconiani”, sotto le insegne di un “Nuovo Centro Destra”, piuttosto che fare la crisi, e rischiare le elezioni anticipate, per ritorsione contro la sua decadenza da senatore. Che era stato l’effetto congiunto di una condanna definitiva per frode fiscale e di una legge -la famosa Severino- purtroppo approvata anche dal centrodestra meno di un anno prima, senza accorgersi che avrebbe potuto essere applicata persino retroattivamente.

Non fischiate e non dite parolacce -disse allora Berlusconi ai suoi- perché di quei nostri amici potremmo avere bisogno nelle prossime elezioni.

++++

La decadenza di Berlusconi da senatore, peraltro decisa a scrutinio innovativamente e appositamente palese, dopo lo sbrigativo rifiuto di una proposta condivisa anche da una parte del Pd di rivolgersi alla Corte Costituzionale per sciogliere il nodo della controversa applicazione retroattiva della legge Severino, fu un atto certamente e odiosamente politico. Lo ha appena dimostrato la sorte opposta riservata al senatore forzista Augusto Minzolini, pur trovatosi nelle stesse condizioni giudiziarie del suo amico e presidente di partito.

Lo stesso Berlusconi, ancora senatore, aveva detto dopo la condanna definitiva, cui peraltro si era ricorso con procedure d’urgenza, per evitare una imminente prescrizione, che occorreva separare la sua questione da quella del governo. Ma poi cambiò idea e reclamò una crisi -ripeto- per ritorsione, anche a costo di spaccare il suo partito, preferendo l’emozione alla ragione, la pancia alla testa. I fatti, d’altronde, avrebbero poi dimostrato che la decadenza da senatore non era incompatibile con la prosecuzione della sua attività politica.

Purtroppo Berlusconi, mal consigliato, non si comportò allora da statista. Quale sarebbe stato se, per togliere dall’imbarazzo il governo e le altre istituzioni del paese, si fosse spontaneamente e orgogliosamente dimesso da parlamentare. Era quello, peraltro, che mi risulta gli avesse fatto consigliare l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, pronto in tal caso anche a chiudere con la grazia le sue pendenze con la condanna. Ma è difficile parlare di politica con chi, per esservi arrivato forse troppo tardi, finisce qualche volta per trovarsi inconsapevolmente nei panni più di un avventore che di uno statista.

×

Iscriviti alla newsletter