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Svezia, fabbrica di jihadisti?

Era l’aprile del 2016 quando i servizi di intelligence svedesi avvertirono su indizi chiari di un possibile attentato dello Stato Islamico in Svezia. Non sono stati rivelati i dettagli, ma le forze di sicurezza sono rimaste in allerta massima per molti mesi. Era stato sventato un piano e molto probabilmente c’era una cellula terroristica nel Paese.

L’ATTACCO LOW COST A STOCCOLMA

I quotidiani svedesi Aftonbladet ed Expressen e la radio pubblica Swedish Radio avevano detto di avere informazioni che confermavano che l’attentato sarebbe stato nella capitale, Stoccolma. Due giorni fa l’incubo si è avverato con una modalità – ripetuta a Nizza, Berlino e Londra -: un camion sulla folla nella via principale di Stoccolma, come aveva invitato a fare il portavoce di Isis, Abu Hassan al Mujahir (qui l’articolo di Formiche.net sulle strade del terrorismo low cost di Isis). Per il sito Heavy.com dietro all’attacco di ieri a Stoccolma c’è Isis.

I PRECEDENTI DI TERRORISMO

L’Expressen – ad aprile del 2016 – aveva scritto che la Polizia di Sicurezza Svedese (Sapo) possedeva notizie dell’intelligence irachena sulla presenza di otto combattenti jihadisti in territorio svedese, pronti ad attaccare obiettivi civili. Nel 2010 un uomo è morto nel centro di Stoccolma con una cintura esplosiva.

LA POLITICA DI ACCOGLIENZA 

Come e perché la pacifica e neutrale Svezia è diventata un Paese nel mirino degli estremisti islamici? Per anni ha ricevuto siriani ed iracheni (nel 2015 è stato il Paese con la quota più alta di accoglienza, ha ricevuto 160mila richieste di asilo), ma ora i giovani che appartengono alle famiglie immigrate affrontano diversi disagi che li avvicinano agli estremiste islamici.

FABBRICA DI JIHADISTI?

Secondo un reportage della Bbc trasmesso ad ottobre del 2016 (“How Sweden became an exporter of jihad”), più di 300 persone sono partite dalla Svezia per combattere in Siria e Irak con organizzazioni terroristiche, facendo diventare la Svezia il maggior produttore di jihadisti in Europa.

LA JIHADISTA TORNATA INDIETRO

La giornalista Yalda Hakim ha incontrato una ragazza in un palazzo a Göteborg, la seconda città più grande di Svezia: “Ha l’aspetto di qualsiasi giovane occidentale, con vestiti stretti e trucco sul viso. Ma da poco è tornata da Raqqa, Siria, dove il marito è morto combattendo con Isis […] Lei ricorda alcuni orrori visti lì: l’urlo delle donne violentate, le frustrate e le esecuzioni, i bombardamenti […] tutto faceva parte della vita quotidiana delle muhajirah (qui l’articolo di Formiche.net sulle fidanzate dei combattenti di Isis).

COSA SUCCEDE A GOTEBORG

Göteborg è la città dove l’Isis ha arruolato più combattenti per la jihad. Con una popolazione di circa 500mila abitanti, la storica città portuale ed industriale ha visto partire 100 residenti (tra uomini e donne) per unirsi al Califfato. Un terzo dei residenti di Göteborg sono immigrati e la maggior parte musulmani. Nel quartiere nord-ovest di Angered gli islamici superano il 70 per cento. Le autorità sostengono che è una zona “vulnerabile” e che c’è una società parallela: una specie di polizia religiosa penalizza chi viola le regole della sharia.

I GIOVANI VULNERABILI

“I giovani figli degli immigrati sono vulnerabili e diventano l’obiettivo degli estremisti – sostiene la giornalista Hakim -. Vedo questo rancore nella seconda generazione di svedesi non etnici, come vengono chiamati qui. Loro sembrano grati al Paese, ma i figli si sentono discriminati e fuori dal sistema. Molti di questi giovani non si sentono legati ai genitori e nemmeno svedesi”.

LA SOCIETÀ PARALLELA 

Per Ulf Bostrom, poliziotto di Göteborg ed ufficiale dell’integrazione in Svezia, aggravano la problematica di ordine pubblico i tagli economici agli organi di sicurezza: “Abbiamo perso più del 50 per cento degli ufficiali in diverse aree. Con meno poliziotti non riusciamo a controllare questa società parallela”, ha detto Bostrom alla Bbc.

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