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Ecco cosa succederà con il commissariamento di Alitalia. Le 3 ipotesi

Carlo Calenda
Alitalia procede verso il commissariamento. Il consiglio di amministrazione della compagnia, riunitosi ieri in un luogo segreto per evitare contestazioni, ha deciso di convocare l’assemblea degli azionisti per procedere alla richiesta di amministrazione controllata. Spetterà poi al ministro Carlo Calenda, titolare dello Sviluppo economico, scegliere il professionista a cui affidare questa difficilissima partita, ma si parla anche di tre commissari e non solo di uno. Sui giornali circola insistentemente il nome del professor Enrico Laghi, già commissario dell’Ilva. Perde quota l’ipotesi Luigi Gubitosi, il presidente designato, che ha condotto le trattative con i sindacati e avrebbe dovuto avvicendare Montezemolo alla guida della società.
Ieri a indicare tempi e prospettive è stato il ministro Calenda: “La cosa più plausibile, viste le dichiarazioni del Cda, è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di sei mesi o con una vendita parziale o totale degli asset di Alitalia oppure con la liquidazione. Se ci saranno aziende interessate a rilevarla è tutto da vedere, è prematuro a dirsi”. Sei mesi, ha aggiunto Calenda, anche perché l’Unione europea può dare l’ok a un aiuto pubblico per Alitalia “per un periodo di tempo limitato”, appunto “un orizzonte di sei mesi, a condizioni molto precise che vanno negoziate e che negozieremo sotto forma di prestito”. Si tratterà solo di un “ponte finanziario transitorio” e non di “una nazionalizzazione né di 5 anni di amministrazione straordinaria o di miliardi di euro di perdite”.

Ma cosa significa commissariamento?

Ipotesi 1 – Il commissario, forte del congelamento dei debiti, cerca di guadagnare tempo e rimettere in sesto la situazione, chiamando al tavolo nuovamente i sindacati per un nuovo accordo. Determinante sarebbe la mediazione del governo per chiedere maggiori sacrifici agli azionisti, in particolare a quelli italiani che si sono mostrati sempre molto diffidenti e a fatica avevano accettato di convertire i debiti in azioni. In particolare va superata l’ostilità di Unicredit e del suo Ceo Jean Pierre Mustier, che le cronache raccontano molto adirato con gli emiratini di Etihad per come non sia stato coinvolto nella gestione della compagnia nel periodo in cui è stato membro del cda. Maggior coinvolgimento Calenda e Gentiloni potrebbero chiedere anche ad un altro francese, Philippe Donnet, Ceo Generali, che ha in dote la sottoscrizione di un bond da 300 milioni e che fino ad ora si è dichiarato indisponibile a convertirlo in equity. Il terzo passo dell’esecutivo in questo primo scenario potrebbe essere l’ingresso nella compagine azionaria di un soggetto pubblico (o quasi), come già avvenuto nel 2013 con Poste italiane. Qui le ipotesi sono sempre Cassa Depositi e prestiti (superando l’ostacolo dello statuto che le vieta investimenti in aziende in perdita), Invitalia, Ferrovie, Leonardo. Proprio ieri Susanna Camusso, in forte difficoltà dopo la sconfessione dei lavoratori con il no al referendum, ha invocato un intervento diretto di Cdp. Lo scenario più plausibile al momento è quello di un prestito-ponte, di cui ha fatto cenno ieri Calenda.

Ipotesi 2 – Il commissario cerca sul mercato un acquirente disponibile a rilevare tutta o parte della compagnia. Qui tutti gli indizi porterebbero a Monaco, da Lufthansa. Innanzitutto la maggioranza di Alitalia deve rimanere in mano comunitaria (è il motivo che ha frenato al 49% Etihad) e in Europa le compagnie che si sono ormai affermate sono tre: Air France-Klm, IAG (il gruppo che comprende British Airways, Iberia, Aer Lingus e Vueling) e appunto il gruppo Lufthansa, che negli ultimi dieci anni ha già rilevato le principali compagnie in Svizzera, Austria e Belgio (Swiss, Austrian Airlines e Brussels Airlines), oltre a possedere Eurowings e Air Dolomiti e un 50 per cento di SunExpress. I tedeschi dovrebbero essere i partner preferiti per via dell’impraticabilità delle altre due strade. Troppo recente il divorzio dai francesi e molto distanti i rapporti con Londra. Lufthansa inoltre ha già concluso un importante deal con Etihad rilevando di fatto la sua controllata Air Berlin, compagnia che ha le dimensioni simili a quelle di Alitalia. Formalmente si tratta di un noleggio di aerei, ma in realtà di fatto è un acquisto. In passato Lufthansa aveva già mostrato attenzione verso Alitalia, ma la sua proposta di collaborazione era stata rifiutata, preferendole quella di Parigi. La domanda vera da porsi è: Lufthansa sarebbe interessata a rilevare tutta Alitalia o solo una parte? I tedeschi partirebbero da una posizione di forza per la consapevolezza che il commissario non potrebbe ignorare una proposta di acquisto di solo una parte della compagnia. Si ripercorrerebbe così lo schema della good company e della bad company messa a punto all’epoca del 2008 per favorire l’operazione dei capitani coraggiosi guidati da Roberto Colaninno.

Ipotesi 3 – Lo scenario peggiore, improbabile, ma non irrealistico. La compagnia non è in grado di rimettersi in piedi e non ci sono manifestazioni di interesse da parte di nuovi azionisti, si procede inevitabilmente verso il fallimento, con il licenziamento collettivo di tutti i dodicimila dipendenti. Lo scenario ideale per i liberisti puri che invocano la cura del mercato, secondo il teorema che ogni vuoto verrà inevitabilmente riempito da nuovi soggetti e che ad avvantaggiarsene saranno gli utenti con servizi migliori, offerti da compagnie in grado di rimanere sul mercato senza sussidi pubblici.

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