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Ecco cosa farà Eni in Adriatico

claudio descalzi eni

Una settimana chiusi per 15 ore al giorno negli uffici di Marina di Ravenna dove ha sede il distretto centro settentrionale di Eni. Un team di 23 persone tra analisti e ingegneri a scrivere e riscrivere slide per tradurre in sintesi-video la nuova strategia dei vertici della compagnia petrolifera. Quella che l’ad Claudio Descalzi, (nella foto), aveva delineato incontrando, in un angolo sperduto dei saloni dell’Offshore Mediterranean Conference di fine marzo a Ravenna, il sindaco Michele De Pascale, l’assessore regionale Palma Costi con il consigliere regionale Bessi. Ovvero: Eni investirà laddove “troverà un terreno amico” e più il territorio la affiancherà nella richiesta di portare i tempi per le autorizzazioni nei limiti di legge (oggi servono 50 mesi, la legge parla di 15, ma ci si accontenterebbe di 30-35) più gli investimenti cresceranno, soprattutto oggi che il quadro normativo è più certo.

Dopo il lavoro del team, a Ravenna sono volati ieri mattina i vertici dell’Eni. Non c’era Descalzi, ma a presiedere la riunione con le istituzioni e tutti gli stakeholder c’era il capo delle operazioni mondiali upstream di Eni, Antonio Vella, manager che risponde direttamente all’ad; insieme a lui il capo Europa dell’upstream, Carlo Russo, il responsabile di Ricerca e Innovazione tecnologica, Giuseppe Tannoia, il capodistretto Paolo Carnevale, l’ingegnere Franco Magnani, esperto di decommissioning.

Sotto gli affreschi della sala Dantesca, Vella snocciola numeri e strategia spiegando che lui, avendo sempre lavorato all’estero, non aveva grande fiducia nell’Italia ma dopo aver parlato con il sindaco di Ravenna, De Pascale, “ho capito che qui si possono fare grandi cose, perché è naturale che Eni preferisca investire in Italia. Andiamo fuori solo quando non ci vogliono”.

Due miliardi di investimenti fino al 2020 (fino ad oggi si era parlato di 600 milioni) per assicurare una produzione di 8 milioni di metri cubi di gas al giorno fino al 2020: senza questi fondi la produzione sarebbe scesa del 25%. Attraverso nuove tecnologie si spremeranno i pozzi attuali alla ricerca di nicchie di gas che in passato non sarebbe mai stato estratto. Ma, e qui è la novità, i miliardi potrebbero salire fino a 5 se il ministero autorizzasse nei tempi di legge l’attività in altri progetti che Eni ha già presentato o presenterà con cadenza regolare. L’avvio di nuove attività consentirebbe di raddoppiare la produzione fino a 16 milioni di metri cubi al giorno. In ogni caso, nel 2020 entreranno in attività due nuove piattaforme, la Clara Sud e la Bianca Luisella, al largo di Ravenna e oltre le 12 miglia. Il decommissioning, che in un primo tempo sembrava avere un ruolo predominante, assorbirà solo 120 milioni di euro dei 2 miliardi stanziati “e se troveremo nuovo gas, interromperemo la demolizione degli impianti non più produttivi”.

Piovono applausi a scena aperta. E il sindaco, gli stakeholder? Nessuno chiede royalties. La parola d’ordine è collaborare per creare nuovo sviluppo. “Oggi abbiamo avuto risposte che vanno oltre le aspettative”, commenta il sindaco De Pascale. “Dopo il lavoro fatto da Ravenna a sostegno dell’offshore in occasione del referendum di un anno fa, adesso ci candidiamo ad essere laboratorio nazionale di nuovi rapporti tra istituzioni-Eni-imprese-territorio. Chiediamo sviluppo e posti di lavoro in un contesto dove da 60 anni convivono attività energetiche, turismo, agricoltura, ambiente”.

Per Lorenzo Zoli della Cisl “questo è un giorno di festa”. Gli imprenditori da Gianni Bambini a Franco Nanni, presidente del Roca, a Renzo Righini presidente di Omc, Marco Chimenti direttore generale di Confindustria Romagna, arriva “l’impegno a esprimere tutte le potenzialità dell’offshore ravennate per rilanciare il settore energetico in tutto il Paese”.

Chiosa il consigliere regionale Bessi: “Quanto si fa a Ravenna è un esempio per tante realtà. Perché il dialogo consente di lavorare in condizioni di sicurezza, tutela ambientale e crescita collettiva. Le chiusure porteranno sempre più lontano gli investimenti dall’Italia”. Qualche dirigente Eni: “Con due o tre sindaci così, l’Italia potrebbe ripartire”.

 

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