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Leonardo/Finmeccanica, come lo Stato può e deve andare all’attacco con la Difesa

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L’export nei settori di riferimento di Leonardo ha bisogno di un maggiore sostegno dello Stato nell’ultimo miglio. Le acquisizioni di contratti per 1,5 miliardi di euro potrebbero infatti essere facilitate da una normativa che preveda un rapporto diretto tra governi quando si tratta di chiudere gli accordi e che offra «in maniera stabile e strutturale» strumenti di credito all’esportazione. E questa cifra si riferisce soltanto al breve termine e alle opportunità a livello europeo. La necessità che il cosiddetto sistema Paese si muova all’unisono è stata sollevata dal direttore strategie, sviluppo dei mercati e business di Leonardo, Giovanni Soccodato (in foto), nel corso di un’audizione in commissione Difesa al Senato sull’export di sistemi d’arma.

Si tratta di una posizione che segna una continuità di richieste tra la Leonardo del prossimo amministratore delegato, Alessandro Profumo, e quella del predecessore Mauro Moretti, che soltanto alcune settimane fa sottolineava davanti ai senatori della commissione Industria come l’Italia sia lontana dall’asticella del 2% del pil in spesa per la difesa richiesto per partecipare a una sicurezza europea. Se l’Italia arrivasse a tale percentuale, (ora è allo 0,9%), «avremmo 22 miliardi in più disponibili per far lavorare la gente», aveva spiegato l’allora ad.

«Manca un mercato interno per alimentare una realtà come Leonardo», gli ha fatto eco Soccodato. I Paesi d’esportazione diventano quindi la via da percorrere, in un mercato dove si registra una «forte tensione competitiva». Ma i concorrenti sulla piazza, con gli Stati Uniti che fanno sentire tutto il loro peso, (attorno al 51%), sono «player più grandi, con volumi maggiori e che vengono da Paesi con un’influenza politica a volte più rilevante della nostra», ha aggiunto il manager. Negli ultimi anni il dialogo con tutte le istituzioni è stato «molto più attivo». Occorre però un ulteriore scatto. «Sempre più spesso», ha proseguito, «i governi esteri chiedono di avere come controparte contrattuale non l’industria, ma il loro omologo».

Diventa inoltre sempre più importante il coinvolgimento delle imprese locali. Usa, Gran Bretagna e Francia vantano già strumenti di sostegno del sistema Paese a un settore «estremamente importante», nella quale i governi entrano per favorire le proprie aziende e tessere rapporti con nazioni considerate strategiche. Si pensi ad esempio al Foreign Military Financing (FMF) program, il programma di contributi e crediti finanziari agli alleati per l’acquisto di armamenti e apparecchiature di difesa prodotti negli Stati Uniti. Oggi, ha ammesso Soccodato, «addirittura i Paesi arabi chiedono un pacchetto di sostegno per l’acquisto di forniture». Per questo serve stabilire «in maniera stabile e strutturale strumenti anche finanziari, di export-credit», con la «capacità di costruire un pacchetto di finanziamento articolato e complesso con tutti i Paesi», ha concluso Soccodato.

Intanto ieri Leonardo Drs ha annunciato che nel caso venga selezionata dalla Us Air Force, la produzione del sistema di addestramento integrato T-100 avverrà in un nuovo stabilimento industriale realizzato a Tuskegee, in Alabama.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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