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Caro M5S, ecco le bufale di Cremaschi e Fiom. Firmato: Bentivogli (Fim-Cisl)

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Il leader della Fim-Cisl, Marco Bentivogli, dopo il post di Giorgio Cremaschi (ex Fiom) sul blog di Grillo per il programma Lavoro del Movimento 5 Stelle, ha inviato una lettera aperta ai parlamentari del Movimento. Ecco il testo completo

La democrazia sindacale è un tema serio. Proprio per questo bisogna fare chiarezza sulla storia e sulle responsabilità di ciascuno.

Lo Statuto dei Lavoratori, la legge 300 del 1970, prevedeva che le agibilità sindacali fossero conferite alle “organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative”, termine con cui si indicavano sostanzialmente Cgil Cisl Uil.

Prima del 1995 non era necessario che le organizzazioni sindacali fossero firmatarie di un contratto nazionale per aver diritto alla nomina della Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA).

Nel 1995 furono proposti due referendum di orientamento opposto, che abrogavano quella parte dell’art.19 della legge 300/70. Uno, sostenuto da Cobas ed elaborato da Pier Giovanni Alleva, prevedeva la cancellazione di qualsiasi requisito. L’altro, in epoca di concertazione, si proponeva proprio di limitare i Cobas, ed era elaborato dalla Cgil e sostenuto dalla Fiom-Cgil di allora, con la contrarietà della Cisl.

Il secondo fu l’unico referendum a passare; in questo modo fu stabilito il vincolo della firma dei contratti.

La stessa Fiom, che lo aveva sostenuto, ne rimase vittima quando, nel 2012, non avendo firmato il contratto nazionale dei metalmeccanici, cadde nella buca che essa stessa aveva scavato contro i Cobas. Da sempre le altre organizzazioni sindacali non firmatarie (ad es. Slai Cobas, Flmu Cub, Usb ecc.) non hanno diritto alla ripartizione della quota di 1/3 della Rsu (quota che dal 2014 non esiste più), a differenza di Ugl e Fismic, che i contratti nazionali li hanno sempre firmati. Tale quota fu introdotta nel 1993 per evitare una deriva aziendalista del sindacato.

Per quanto riguarda Fiat, oggi Fca, che non è più iscritta a Confindustria, il sistema elettorale che si applica è quello previsto dall’art. 19 della legge 300 “Statuto dei Lavoratori”, e fa riferimento alle Rappresentanza Sindacale Aziendale (RSA) e al Contratto FCA CCSL. La sentenza della Corte Costituzionale 231/2013 ha ripristinato sostanzialmente tale diritto di tutti i sindacati maggiormente rappresentativi, rinviando al legislatore la necessità di normare compiutamente il sistema attraverso una revisione dell’art.19 della L. 300/70.

L’accordo del 28 giugno 2011, firmato da Cgil-Cisl-Uil, non ha modificato le regole nei rinnovi Rsu. Ma ha definito le procedure di approvazione degli accordi e la certificazione degli iscritti e dei voti raccolti nella Rsu.

Dopo l’approvazione del testo unico del gennaio 2014, è possibile partecipare a qualsiasi elezione di rappresentanza aziendale se si sottoscrivono le regole elettorali (come in tutte le elezioni democratiche). Non a caso la Usb inizialmente fece causa perché voleva firmare solo una parte del Testo Unico, ma il tribunale di Torino, nello stesso anno, le diede torto in primo grado e in appello; così oggi anche la Usb ha riconosciuto tali regole.

La democrazia è un valore, è una cosa seria, per questo è definita da regole che non possono essere cambiate per i propri interessi!

Ci sono problemi seri attorno all’applicazione dell’articolo 39. Da tempo penso che per partiti e sindacati tesseramento e democrazia interna debbano avere una cornice legislativa che superi le autocertificazioni e vada verso una maggiore oggettività, che deve valere per tutti.

Bene fa il movimento 5stelle a partecipare al dibattito ma il valore dell’esempio è ancora più importante, e ci auguriamo che le uscite di Beppe Grillo e di altri sulla cancellazione dei sindacati siano da considerare solo scivolate estemporanee, poco consone ad una forza democratica.

Pensiamo che sia più “democratica” la democrazia rappresentativa, che seleziona e prevede un controllo costante e autentico sui rappresentanti; quella vera, insomma, così come ce l’ha spiegata Norberto Bobbio. Quando la “democrazia diretta” elabora proposte e sceglie candidati con pochissimi click, peraltro non vincolanti, perché alla fine decide “un garante” non eletto da nessuno, siamo su un terreno che con la democrazia ha poco a che fare.

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