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Per chi tifano i 5 stelle al ballottaggio in Francia? Le Pen o Macron?

macron

Sono gli unici – tra le forze politiche italiane – a non essersi schierati ufficialmente in vista del ballottaggio francese del prossimo 7 maggio. “Né con Emmanuel Macron, né con Marine Le Pen“, hanno commentato compatti i cinquestelle la sera del primo turno delle presidenziali. A differenza di quanto si sarebbe potuto immaginare, dunque, i pentastellati non hanno espresso alcuna preferenza per la leader del Front National. Anzi, sembra al contrario che di fronte a un ipotetico obbligo di schierarsi – che ovviamente non esiste – finirebbero, magari turandosi il naso, con il dare il loro endorsement al candidato di En Marche!. L’unico mantra da cui il MoVimento 5 Stelle non vuole prescindere è l’elogio del voto popolare e di protesta e la critica verso il sistema dei partiti. “Il mercato finanziario è democratico“, ha scritto provocatoriamente Beppe Grillo sul suo blog dove ha ricordato i ricorrenti allarmi – poi sempre caduti nel vuoto – lanciati in occasione di elezioni dall’esito incerto: “Siamo a livelli di guardia e il mercato razionalmente ha paura dello status quo ormai insostenibile. Accoglie quindi con entusiasmo le decisioni del voto popolare proprio perché sono l’unico strumento per abbattere il disastroso status quo. Viva il voto popolare se può finalmente cambiare questa situazione insostenibile e stagnante. Populista? E’ il mercato baby!“.

GLI ELEMENTI IN COMUNE CON MACRON

Tornando alla Francia, Macron ha saputo creare dal nulla – e in pochissimo tempo – un movimento che ha messo alle corde, per non di dire di più, i partiti tradizionali francesi. E, quindi, i socialisti del presidente uscente François Hollande e i gollisti ora capitanati da François Fillon Entrambi esclusi dal secondo turno, seppur con risultati diversi. Un’operazione che, con tutte le differenze del caso (Macron non mette in discussione impianto e prospettive dell’Unione economica e monetaria europea mentre i grillini contestano Ue ed euro), non può ritenersi così dissimile da quella compiuta da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio con lo storico e impronosticabile 25% ottenuto alle politiche del 2013. D’altro canto c’è anche un altro aspetto che potrebbe giustificare questo paragone, per molti versi invece ardito: la capacità di Macron – ma anche dei cinquestelle – di parlare a un elettorato variegato e trasversale, un po’ di destra e un po’ di sinistra, così da farne una macchina (quasi) perfetta in un ballottaggio. La controprova definitiva la si avrà solo il 7 maggio, ma in questo senso non è casuale che con Macron si siano già schierati Benoit Hamon e Fillon e i rispettivi partiti. Qualcosa di non molto diverso è accaduto, ad esempio, in Italia in occasione dei ballottaggi di Roma e Torino delle scorse amministrative quando il popolo di centrodestra scelse rispettivamente Virginia Raggi e Chiara Appendino contro i candidati del Pd.

LA DIFFERENZA DI FONDO CON LE PEN

Al pari di Le Pen, i pentastellati rappresentano oggi nell’immaginario collettivo una forza politica anti-sistema ma una differenza anche importante sembra rimanere. Il Front National è e si presenta come un partito estremista sulla maggior parte dei temi, con la conseguenza di far nascere un vero e proprio fronte contrapposto ogniqualvolta arrivi al ballottaggio contro un partito più moderato. E’ già accaduto, ad esempio, in occasione delle presidenziali del 2002 quando i socialisti di Lionel Jospin si schierarono apertamente con il centrodestra di Jacques Chirac pur di sbarrare la strada al papà di Marine, Jean-Marie. O ancora più recentemente alle regionali del 2015, quando Le Pen – forte di un grandissimo successo al primo turno – finì con il perdere in tutte le regioni al secondo. Discorso che, invece, non sembra attagliarsi al M5s – più trasversale nelle proposte e nell’elettorato – sempre in bilico tra posizioni a volte più radicali e altre, invece, più morbide.

LA CONFERMA (IMPLICITA) DI GIANNULI

Un quadro che sembrerebbe confermato, seppur in via solo implicita, dallo storico Aldo Giannuli, tradizionalmente vicino ai cinquestelle e oggi animatore del think tank che Davide Casaleggio ha creato in memoria di suo padre Gianroberto. Nel commentare l’esito del primo turno delle presidenziali d’Oltralpe Giannuli ha sottolineato come i pentastellati siano a favore dell’Europa pur nutrendo numerosi dubbi sulla moneta comune: “Ma l’attuale assetto monetario è un progetto chiaramente fallito. Non si può dire che se sei contrario all’euro sei d’accordo con la Le Pen“. Poi la chiosa finale che la dice lunga sull’orientamento di massima del movimento a proposito del ballottaggio francese: “Se mi mettessero la pistola alla tempia e mi obbligassero a scegliere, bestemmiando io voterei Macron e un minuto dopo passerei all’opposizione”.

IL COMMENTO DI MARTA GRANDE

In ossequio al principio secondo cui alle elezioni di Paesi stranieri il movimento non si schiera, neppure la deputata pentastellata e membro della Commissione Esteri Marta Grande ha preso posizione sulla prossima sfida al ballottaggio tra Macron e Le Pen. Però qualche elemento lo ha fornito, in particolare a proposito della leader del Front National: “Il suo è un partito estremista, mentre il MoVimento 5 Stelle no“. “Mi pare che la sua sia una linea politica molto aggressiva che spaventi anche un po’ l’elettorato francese“, ha poi aggiunto. E le presunte sintonie programmatiche? “In alcuni casi, possono esserci singole tematiche sulle quali non siamo così distanti, ma non sono così numerose come a volte afferma, invece, la stampa. Anche sull’Europa le differenze ci sono: noi pensiamo che vada rivista e rifondata sui suoi valori originari ma non vogliamo uscirne“.

IL POST DI DI STEFANO

Considerazioni abbastanza in linea con il commento di Manlio Di Stefano, l’uomo che secondo alcuni rumors sarebbe candidato ad assumere la guida del ministero della Farnesina in un ipotetico governo a cinquestelle. “Abbiamo veramente poco in comune con Emmanuel Macron e Marine Le Pen: la loro storia parla chiaro“, ha premesso il deputatato su Facebook. Salvo poi aggiungere “che, chiunque vinca, sarà un interlocutore del M5S per il futuro dell’Unione Europea sperando che desideri, come noi, cambiarla per renderla più umana e non voglia ripetere gli errori commessi dai suoi predecessori, Sarkozy e Hollande“. Una frase dagli evidenti connotati pro-Bruxelles che pare avvicinarlo al candidato di En Marche! più di quanto non faccia con la leader del Front National, difficile anche solo immaginarla intenta a chiedere un’Europa “più umana“.

LA VERSIONE DI DE MASI

Più chiaramente equidistante è apparsa, invece, la reazione di quello che potrebbe essere definito un post-grillino, il sociologo e professore universitario Domenico De Masi, autore della ricerca “Lavoro 2025” commissionata direttamente dal movimento e ospite di punta alla manifestazione d’Ivrea organizzata a inizio aprile da Casaleggio junior. De Masi ha speso parole durissime sia nei confronti di Macron – liquidato come un “neoliberista” – ma anche di Le Pen: “Ma per fortuna il M5S non è il Front National e può essere ancora recuperato alla costruzione di un’Europa socialdemocratica, capace garantire la pace sociale“. Il suo candidato al primo turno era un altro, il socialista Hamon: “Come ha sottolineato Thomas Piketty, è il solo che ha fatto proposte reali di democratizzazione e cambiamento parlando anche di autonomia e formazione dei giovani“. Una posizione, questa sì, impossibile da attribuire al MoVimento 5 Stelle. Che su un punto in particolare non ha lasciato spazio a dubbi e interpretazioni: la critica nei confronti dei partiti tradizionali,  come emerge nettamente anche dal post di Di Stefano: “I francesi hanno dato un messaggio chiaro che sembra far eco a tutto il resto del mondo: non ne possiamo più della politica di chi ha distrutto il nostro Paese, la nostra economia e il nostro benessere“.

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