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La politica, il calcio e quella lezione che arriva dall’Argentina

Bessi, Ilva

Incontro l’amico di sempre. Attacco io con la solita politica, la solita deformazione professionale. Lui distratto, va dritto al sodo, con un classico: “Ma hai visto ieri sera Juve Barcellona?

Intanto sediamo per un cappuccino al bar della piazza centrale. La mattina è già calda grazie al sole di queste belle giornate di primavera.

L’amico non pago, insiste: “Ma hai visto Dybala? Ormai è meglio di Messi. Dai Gianni, tu da giovane conoscevi tutto del calcio argentino, ti chiamavamo Enciclopedia“. Sono toccato nell’orgoglio. Ma sono titubante: su questi argomenti si rompono le amicizie. Sento già l’eco della discussione e delle sentenze senza ritorno. Dybala è il futuro, Messi è vecchio (30 anni sigh), vediamo poi se Dybala vince quanto Messi, si ma Messi non ha mai vinto il mondiale. Giornali, giornalisti, televisioni, esperti commentatori, in tv o sui social, tifosi al bar  si sono sempre fatti questa domanda su chi è più bravo tra questo o quello. Sempre così, da Pelé a Maradona, da Cruyff a Van Basten, da Baggio a Del Piero. Sempre così, sarà sempre così.

Cosa penso? Lo guardo, sorrido. E parto, via senza fermarsi. Perché quando sento l’odore dell’erba, mi ritorna addosso l’infanzia. Intanto bisogna diffidare, avere il dubbio di fronte ai grandi campioni. Sono grandi campioni perché regalano prima emozioni, poi la tecnica, la tattica, la prestazione atletica. Di fronte a chi ha certezze su chi gioca meglio tra questo e quello, penso al grande Boskov quando sgridava i giornalisti più superficiali urlando “tua testa serve solo a tenere in testa cappello!“. Sì,usiamo la testa.

Allora come risolvere questo quesito, questa domanda che viene sempre fuori? Come definire chi può dar “una” risposta, anzi “la” risposta? Qui mi viene in aiuto nel mio ragionamento quel grande campione di sport ma sopratutto quel l’immenso irrazionale intuitivo campione che risponde al nome di Diego Armando Maradona. E mi viene in aiuto il grande maestro di calcio che risponde al nome di Jorge Valdano. L’episodio è del 1986 raccontato nel libro Il sogno di Futbolandia tra Valdano e Maradona.

Mondiali del Messico. Alla fine di un allenamento, un gruppo di giornalisti aspetta i calciatori dell’Argentina. Maradona dice a Valdano che molti di quelli non amano il calcio, e che glielo dimostrerà lanciando loro il pallone che gli verrà restituito con le mani, e non con i piedi. Maradona spara il pallone verso la trentina di giornalisti che erano radunati a bordo del campo. Vi risparmio la bellissima descrizione che l’arrivo del pallone provoca nel gruppo riunito. Il gruppo si apre come all’arrivo di una bomba. E cosa accade? Un giornalista restituisce a Diego il pallone, solo dopo averlo afferrato con le mani. Allora Jorge obietta il teorema di Diego, facendogli notare che forse la palla non gli è stata restituita coi piedi perché metterebbe soggezione farlo davanti a Maradona. Maradona, a sua volta, risponde a Valdano: “Se mi trovo a una festa, a casa del Presidente della Repubblica, con lo smoking, e mi lanciano un pallone sporco di fango, lo stoppo di petto e lo restituisco come Dio comanda”.

Arrivo alla conclusione: se vuoi rispondere alla domanda se è meglio questo o quel campione, se è meglio questa o quella squadra del passato, devi seguire l’intuizione di Maradona. Sei in grisaglia per lavoro o in spiaggia con i figli, devi andare ad una riunione con il tuo capo o con il papa, uscire con la moglie o gli amici e passi vicino ad un campetto bagnato dove giocano dei bambini e senti urlare da un bambino disperato “attento alla palla”. Hai solo una scelta da fare: stop di petto, palla a terra, testa alta e lanciare la palla con i piedi. Non sarai preciso come Pirlo ma potrai iscriverti al Senato Accademico per dare non “una” risposta, ma “la” risposta. E la risposta è: “Sono meglio tutte e due!“. Non sarà logica come risposta, ma il calcio non è logica.

Perché quando sento l’odore dell’erba, mi torna addosso l’infanzia. E ha sempre ragione Valdano.

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