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Siria, attacco chimico contro Idlib. Fatti, commenti e analisi

Nella mattinata di martedì quello che dagli effetti provocati sembra un attacco chimico ha colpito la città di Khan Sheikhun, che si trova vicino a Idlib, l’area del nord della Siria rimasta in mano ai ribelli e su cui si sono concentrati gli sforzi delle forze governative (che sono composte essenzialmente dagli aerei russi, i combattenti sciiti mobilitati dall’Iran e qualche unità dell’esercito siriano).

GLI EFFETTI DI UN RAID AEREO

Testimoni soccorsi e medici intervenuti sul posto raccontano che ci sarebbero una sessantina di morti, più diversi intossicati in varie condizioni. I sintomi – vomito, convulsioni, sangue dal naso, schiuma alla bocca, soffocamento – sembrano quelli tipici dell’avvelenamento mortale da gas sarin. Sempre i testimoni raccontano che l’area è stata bersagliata da un attacco aereo, e poco dopo si sono registrati i primi effetti sulle persone presenti nelle are colpite. Molti sarebbero civili: nelle immagini che stanno circolando si vedono diversi bambini, alcuni feriti e altri morti. Molte persone sono state trasportate sui cassoni dei pick-up verso l’unico ospedale rimasto operativo nella zona, che sta lavorando in condizioni critiche, sovraffollato e senza risorse e medicinali. Anche l’ospedale, l’unico che serve un’area abitata da centocinquanta mila persone è stato bombardato.

LE REAZIONI FORTI DI TURCHIA E EUROPA

Se si è trattato di un bombardamento, come pare dalle prime evidenze (andrà capito se è stato qualcosa di diverso), è ovvio pensare che sia stato eseguito dal regime (perché le opposizioni armate non possiedono una forza aerea), e dunque sia stato operato o da aerei russi o da aerei e elicotteri siriani, comunque con il placet di Mosca, che ha il controllo dei cieli in Siria. Damasco smentisce di aver colpito la zona la mattina di martedì, lo stesso fanno i russi, mentre la Turchia – che è parte insieme alla Russia e all’Iran di una triade che sta cercando di mediare un processo di pace con incontri diplomatici in Kazakistan – ha condannato le azioni del governo di Bashar el Assad: il presidente Recep Tayyp Erdogan ha telefonato all’omologo russo Vladimir Putin per avere spiegazioni, mentre il ministro degli Esteri turco ha dichiarato che il processo di Astana rischia di saltare (la Turchia fa da garante per le opposizioni). Anche l’Unione Europea, tramite l’Alto commissario Federica Mogherini, ha condannato l’esercito di Assad per il “terribile” attacco. La Francia ha chiesto una riunione di urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

LE CONDANNE DELL’ONU

Non è la prima volta che il governo siriano utilizza attacchi chimici per flettere le resistenze dei ribelli – che a Idlib sono rappresentati solo in parte dalle fazioni moderate, obliterati armi in pugno dai gruppi estremisti riuniti sotto la sigla Hay’at Tahrir al-Sham, di cui l’ex qaedista Fateh al Sham è azionista di maggioranza. Le Nazioni Unite a gennaio hanno concluso un’inchiesta su alcuni attacchi avvenuti negli scorsi anni e individuato che, oltre allo Stato islamico che ha usato razzi di mortaio arricchiti all’iprite, il governo di Damasco è responsabile di almeno due attacchi effettuati utilizzando barili esplosivi al cloro. La Russia, insieme alla Cina, ha impedito che quegli individui venissero sanzionati ponendo il veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

IL CLORO E IL SARIN DEL 2013

L’Onu ha sanzionato diversi elementi del regime colpevoli di quegli attacchi, che per chi segue il conflitto siriano rappresentano non una circostanza straordinaria ma una drammatica procedura standard per le attività militari lealiste. Però non ha ancora concluso nulla sulle responsabilità definitive per il grande attacco chimico che nel 2013 colpì un quartiere di Damasco controllato dai ribelli, procurando la morte di centinaia di persone. In quell’occasione Assad superò una delle red lines poste da Barack Obama – usare armi chimiche, appunto – e la Casa Bianca era pronta a sferrare bombardamenti di ritorsione quando l’intervento diplomatico di Mosca bloccò tutto. La Russia propose una programma di disarmò chimici, Assad accettò di svuotare i suoi ricchi arsenali, le armi partirono lentamente (e tra gli inganni) su carichi speciali smaltiti in mare su navi ultra-tecnologiche.

IL SEGNALE DI FORZA DI ASSAD

Evidentemente qualcosa di quei veleni deve essere rimasto nei depositi: e dunque, non solo Assad ha ingannato la Comunità internazionale, ma l’attacco di Idlib dimostra che il regime ha preso fiducia, probabilmente rinfrancato dalle vittorie sul campo che la Russia gli ha regalato e da una riqualificazione diplomatica passata per Mosca e permessa da chi vede il governo despota di Damasco come un attendibile partner contro il terrorismo. Il 31 marzo, per esempio, il portavoce dell’amministrazione Trump ha detto che Washington accetta la “realtà politica” attuale in Siria perché nell’area ha un impegno principale che è la lotta allo Stato islamico – replica del falco repubblicano anti-Trump John McCain: come pensiamo di combattere l’Isis senza occuparci della guerra civile siriana? Lunedì Tulsi Gabbard, una deputata democratica leftist delle Hawaii, ha smentito che il suo viaggio a Damasco (a gennaio) aveva come obiettivo quello di portare una richiesta di contatto del presidente americano Donald Trump ad Assad, come invece rivelato dal quotidiano libanese vicino al regime siriano Al Akhbar.

Questa sorta di impunità vittoriosa ha fatto sì probabilmente che Assad si sentisse al sicuro nel passare dai non mortali attacchi al cloro a quelli tragici al sarin; un’arma più tecnologica dei barili esplosivi, e dunque un messaggio politico?

 

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