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Come evolve il pensiero di Donald Trump sulla Siria di Assad

Mercoledì, durante una conferenza stampa dalla Casa Bianca, organizzata a margine di un incontro con re Abduallah di Giordania, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato di aver cambiato idea sulla Siria e sul suo rais Bashar el Assad, scioccato dalle immagini del bombardamento con armi chimiche avvenuto a Idlib martedì 4 aprile. È una notizia importante, perché finora Trump ha tenuto una linea piuttosto disinteressata e spesso contraddittoria sulla guerra civile siriana, considerandola sostanzialmente una questione di importanza laterale – e minore – rispetto all’interesse principale che Washington coltiva nell’area: combattere lo Stato islamico (è solo che è impensabile scindere completamente i due argomenti, perché, per esempio il caos legato guerra civile siriana, e le strategie di Assad per costruire la narrativa dei ribelli terroristi, hanno permesso l’attecchimento delle istanze radicali, o ancora: una volta sottratti i territori dal controllo dell’IS, chi sarà a governarli? Come?).

LE PAROLE DI TRUMP

Trump ha detto: “Quando uccidi bambini innocenti, neonati, con una sostanza chimica così letale – la gente era sconvolta dal sapere quando ha saputo che sostanza era. […] Mi piace considerarmi una persona flessibile. Se il mondo cambia, io non resto dove sono: io cambio. Sono orgoglioso di essere flessibile. E ve lo dico: l’attacco contro i bambini ha avuto un grande impatto su di me. Un grande impatto. È stato orribile. Non c’è molto di peggio. È altamente possibile, anzi sta già succedendo, che il mio atteggiamento verso la Siria e verso Assad cambi molto. Quello che è successo ieri è inaccettabile per me. Siamo su tutto un altro livello. […] Non dico che farò questo o quello, certo non lo direi a voi: dal punto di vista militare non mi piace dire cosa farò”.

INTANTO ALL’ONU

Mentre dalla sua bocca uscivano quelle parole, a New York, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la rappresentante americana Nikki Haley mostrava le foto dei bambini uccisi dal gas sarin agli altri delegati. Tra questi quelli di Mosca, che invece hanno rapidamente fornito varie versioni alternative per scagionare almeno in parte Damasco. Tra queste, l’ultima è: un attacco aereo siriano avrebbe colpito un deposito di sarin in mano ai ribelli, dicono i russi, da lì sarebbe uscito il veleno che ha ucciso quasi cento civili, e non dalle armi chimiche sparate dal governo. Questione che apre due aspetti. Il primo sulla veridicità di queste ricostruzioni: come avrebbero fatto i ribelli a fabbricare il sarin (che secondo Medici Senza Frontiere è l’agente che ha provocato le intossicazioni), dato che è un composto molto instabile – come ha spiegato Daniele Raineri sul Foglio – e che viene realizzato poco prima dell’uso in centri tecnologici e da tecnici esperti? E secondo, fosse anche vera la ricostruzione russa (ma non pare), e ammesso che quelle sostanze siano state rubate dai ribelli dagli arsenali del governo per poi essere mandate in Iraq (come dicono i russi), allora significa che Damasco ha mentito a proposito del disarmo firmato con Stati Uniti e Russia dopo l’attacco di Ghouta nel 2013. Su questo, al di là dell’autenticità delle affermazioni russe che sembrano già vacillare su un’incompatibilità degli orari forniti con le immagini circolate sui social network: le intelligence israeliane sostengono da un po’ che Assad ci abbia mentito sullo smaltimento delle sue armi chimiche (tra l’altro, fonti di Tel Aviv che hanno parlato con Haaretz hanno confermato che l’attacco è stato ordinato da alti funzionari del regime, e su questi aspetti c’è da fidarsi degli israeliani, perché hanno sempre occhi e orecchie puntati sulla Siria, temendo che quelle armi possano rivolgersi contro di loro, via Hezbollah).

UNA POSIZIONE CONTRO MOSCA

Haley dal CdS dell’Onu ha detto che se non sarà presa una decisione collegiale l’America interverrà da sola. Ma questo pone Washington in scontro aperto con la Russia, perché è proprio da Mosca che sono arrivati, e arriveranno con ogni probabilità, i veti su qualsiasi risoluzione punitiva nei confronti di Assad. All’argomento potrebbe essere data anche una declinazione sociologica: come reagiranno a questo corto circuito cognitivo i milioni di fan putiniani e allo stesso tempo trumpiani che difendono ciecamente anche Assad seguendo la linea di Mosca “è un partner per la lotta al terrorismo” sostenuta fino a inizio settimana anche da Washington?

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