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Vi spiego le riforme sfuggenti nel Def e nel Pnr

pnr, def, Giuseppe Pennisi, europa. unione europea

Non so quanti di coloro che si sono addentrati nello studiare la politica economica del governo abbiamo letto con attenzione i quattro volumi di Documenti approvati l’11 aprile e resi disponibili del 13. È un esecutivo di fine legislatura e, quindi, di breve respiro; ciò non incoraggia a studiare circa 400 pagine a stampa fitta con la consapevolezza che politiche economiche e riforme verranno, alla fin fine, molto verosimilmente attuate da altri, sempre che chi succede a questo governo sia d’accordo con l’impostazione data negli ultimi anni da chi è stato ‘nelle stanze dei bottoni’.

È un errore perché avendo tempo, le 400 pagine meritano di essere  lette. Sono ben scritte, frutto probabilmente dello stile di qualcuno di formazione americana poiché la stesura ricorda molto quella dei documenti dell’Amministrazione americana. Rappresentano un consuntivo di quanto si è cercato di fare negli ultimi anni; sarebbe stata utile una maggiore modestia perché, ad esempio, i risultati nei singoli settori del Programma nazionale di riforma, Pnr, (quali mercato del lavoro, scuola) sono sostanzialmente contraddetti nella seconda parte (dove si indicano cosa c’è da fare proprio nei campi dove si sarebbe fatto meglio e di più). Da un altro lato, sono un’indicazione ai successori – inutile dire che l’attuale governo si augura di succedere a sé stesso- di cosa fare nella prossima legislatura. Quindi, hanno pure il tono di un corposo programma elettorale.

Come in qualsiasi programma elettorale, hanno elementi tali da attrarre gli occhi, come l’Indicatore Sintetico delle Riforme che ricorda molto gli indicatori elaborati dal Centro Piani creato da Franco Archibugi ed elaborati nel 1962-65 a supporto dei primi tentativi di programmazione dei governi di cento sinistra. Quindi, insieme alla patina Yankee e Ivy League c’è una buona dose di vecchio. In fin dei conti, trattandosi dell’eredità che un governo di centro sinistra lascia a beneficiari ignoti ma che il ministero si augura siano anche essi di centro sinistra, è naturale che si riagganci alle prime esperienze di centro-sinistra.

Tuttavia, l’eleganza dello stile non deve distrarre dalle lacune dei documenti. In altra testata, ho sottolineato come il Def si regga su un’ipotesi molto fragile di logica matematica già contraddetta dai 20 migliori modelli previsionali econometrici. In questa nota, che riguarda il Pnr, credo sia utile ricordare titoli di vecchi film come Venere in Visone (primo oscar di Elisabeth Taylor) e Sotto il vestito niente. In breve due drammoni patinati.

In effetti, la prima parte elenca in “do” maggiore le riforme fatte dal governo Renzi, ma come si è detto, dopo un centinaio di pagine in “re” maggiore le stesse riforme vengono riconosciute come “incompiute” in cui c’è ancora tanto da fare. Nei capitoli successivi si indicano riforme da fare per rovesciare il Paese come un calzino – forse è anche appropriato – ma non c’è alcuna specificità in materia di quelle che ‘mordono’: privatizzazioni, liberalizzazioni, sistema bancario, ruolo della Cdp. In breve, ci sono vaghe indicazioni, ma nulla di specifico.

Tornando al cinema, il viscontiano Vaghe stelle dell’Orsa termina molto male.

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