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Tutti i miei dubbi sulla rinnovata jattanza di Matteo Renzi

Poiché ormai la #maratonamentana è divenuta genere televisivo-narrativo di un Paese che ha deciso di fallire ma dibattendo, se non proprio divertendosi (senza che questa suoni come una critica a Mitraglia, che giganteggia tra le rovine), qualche riflessione del tutto inutile sulle primarie del Pd di ieri, che hanno ulteriormente compattato il partito in quella versione “proprietaria” che abbiamo intravisto in questi quattro anni.

Partiamo dal pre-4 dicembre: Renzi scrive una riforma costituzionale, si dice convinto di ottenere il voto della maggioranza degli italiani perché lui partiva dal 41%, come ricorderete, e quindi poteva anche farcela (secondo lui) a sfondare al centro e a destra. Perde quel referendum per polarizzazione viscerale e per l’avanzata del momento ricreativo collettivo chiamato “populismo”, quello in cui la ‘ggente viene titillata da esperte nullità a sbattere i piedini per terra invocando burro, cannoni e cannoli.

Decide quindi di farsi da parte per dedicarsi a chiudere i conti con una minoranza interna che da molto tempo era pronta a trasferirsi armi e bagagli in una riserva indiana. Quelle dove i nativi americani si estinguono soprattutto per complicazioni dell’alcolismo, malgrado imponenti flussi turistici giungano a pagar tributo alla “civiltà sconfitta”. Domenica scorsa il nuovo voto, e la conferma: il Pd è oggettivamente divenuto il PdR, partito di Renzi. Certo, forse non interamente. Qualche scoria ancora persiste, come il mite Andrea Orlando o il tonitruante Michele Emiliano, l’uomo che ha immolato il suo tendine d’Achille esibendosi in una danza gentista con movenze da irresistibile plantigrado per poter oggi dichiarare la nascita della sua corrente, Fronte Democratico. che sarà la scissione della prossima stagione teatrale.

Il discorso di Renzi, due sere fa, è stato more of the same: “Europa sì ma non così”, un claim che riecheggia una famosa salsa di pomodoro, ed ha la stessa utilità strategica. Fateci fare deficit o facciamo casino facendoci esplodere in una stanza di cemento armato, è la summa del pensiero renziano rivolto all’Europa. Tre anni di soldi pubblici gettati nel water non hanno insegnato nulla, evidentemente. Viva i 700 mila nuovi posti di lavoro, disse Renzi, scordandosi di ringraziare la demografia ed Elsa Fornero, ma son dettagli.

La sintesi renziana: è stata una lunga traversata nel deserto (ben quattro mesi), ho capito la lezione ma (e) continuo ad aver ragione. Niente alleanze con Silvio Berlusconi, manda a dire il ri-segretario, per tranquillizzare non è chiaro chi. Ma la legge elettorale ancora non c’è, e continuerà a non esserci, spingendo verso esiti proporzionalistici che accontenteranno tanta gente, dai parassiti da strapuntino ministeriale a quelli che sono atterriti all’idea di andare al governo. Era una profezia sin troppo facile, mesi addietro. Renzi ha aperto (si fa per dire) al nuovo Messia di Sinistra, al secolo Giuliano Pisapia. Perché lui è fiorentino, e da quelle parti vengono astutissimi Principi, come noto.

Gli americani direbbero che queste sono purissime bullshit: Renzi è intimamente convinto di poter arrivare al 40% da solo facendo del neo-grillismo laurino (in senso di Achille Lauro), a colpi di bonus, pacchi di pasta e scarpe spaiate prima delle elezioni. Se non riuscirà a sfondare al centro e tra la destra all’amatriciana che abbiamo, non andrà da nessuna parte e si finirà in qualche Grande Coalizione proporzionalista che potrebbe avere il merito di rendere il Paese commissariabile in modo soft dall’esterno, oltre a rendere felice anche tutto il compost che raglia di uscita dall’euro stando confortevolmente all’opposizione, inclusa la fabbrica di hashtag dell’Ajatollah Garante di Genova e del suo sodale imprenditore, quelli che vanno a (dis)turbare il sonno eterno di Adriano Olivetti con il loro marketing blasfemo.

Di una cosa possiamo comunque essere orgogliosi: quanto a capacità di creare diversivi per non guardare nell’abisso della nostra condizione di paese anomico in declino irreversibile, nessuno ci batte. Un giorno qualcuno si prenderà la briga di indagare se era natura o cultura.

(Estratto di un articolo più ampio pubblicato su Phastidio.net)

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