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Cosa ho capito del caso Federico Ghizzoni-Maria Elena Boschi innescato da Ferruccio de Bortoli

Maria Elena Boschi, Federico Ghizzoni e Giuseppe Vita

Sicuri, perentori, apodittici come al solito, i colleghi del Fatto Quotidiano hanno informato i lettori, fra i quali m’intrufolo ogni tanto anch’io per curiosità, che l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, ospite di Lilli Gruber a la 7, ha “confermato e rilanciato” il contenuto del suo libro sull’esperienza fatta con i “poteri forti, o quasi”. Un libro che è stato immediatamente cavalcato dai grillini per rimettere sotto processo politico l’ex ministra e ora sottosegretaria Maria Elena Boschi sulla vicenda della Banca Etruria vicepresieduta dal papà. Pertanto, la conferma e il rilancio da parte di de Bortoli, secondo il giornale diretto da Marco Travaglio, andrebbero o potrebbe essere riferiti anche alla campagna grillina.

Sempre al Fatto Quotidiano, hanno annunciato una notizia, credo esclusiva, perché non l’ho vista da nessun’altra parte, evidentemente appresa in ambienti collinari, visto che c’è di mezzo il Quirinale: il capo dello Stato, sfortunatamente impegnato all’estero mentre fra Milano e Roma accadeva di tutto nelle librerie e dintorni, non vede l’ora di tornare nel suo ufficio per riprendere in mano la pratica, o qualcosa di simile, aggiornata dai collaboratori rimasti a Roma, della Banca Etruria e del ruolo svolto dalla Boschi per le pressioni che, secondo la lettura grillina del racconto di de Bortoli, l’allora ministra avrebbe esercitato sull’Unicredit per salvare gli affari bancari. Affari, a quel punto, anche di famiglia, visto il ruolo già ricordato del padre della Boschi, ma anche del fratello, per un po’ dipendente dell’istituto, e dei suoi pur modesti investimenti personali.

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Ebbene, a parte lo scoop sui propositi, sentimenti e quant’altro del presidente della Repubblica, che provvederà per conto suo, se lo riterrà opportuno, a confermarlo, smentirlo o ignorarlo, debbo confessarvi di avere seguito anch’io la trasmissione de la 7 ricavandone però un’impressione opposta a quella della postazione d’ascolto del giornale di Travaglio.

Con lo scrupolo che lo distingue, e coerentemente con quanto aveva già detto il giorno prima presentando il suo libro a Milano con l’amico Paolo Mieli, l’ex direttore del Corriere della Sera ha letto di persona il passaggio del capitolo impugnato come una clava dai grillini. L’ha letto per smentire di avere mai attribuito all’allora ministra “pressioni” nell’incontro o nella conversazione avuta col capo di Unicredit per togliere dai guai la Banca Etruria. Ne propose, suggerì, consigliò, come preferite, l’acquisto ma in modo così poco pressante, evidentemente, che l’operazione non fu compiuta.

Debbo aggiungervi, cari lettori, dopo avere consultato un po’ di carte e navigato nel mio piccolo per internet, che Federico Ghizzoni, allora amministratore delegato di Unicredit, è felicemente in vita. Piacentino, 62 anni appena da compiere in ottobre, presidente dal 2011 della Filarmonica della Scala di Milano, si dimise il 24 maggio del 2016 dal vertice della banca dopo ma non a causa dell’incontro o del colloquio dell’anno prima con la Boschi attribuitogli, a torto o a ragione da de Bortoli. Si dimise per vicende tutte interne all’assetto proprietario della banca, sostituito il 30 giugno dello stesso anno da Jean Pierre Mustier. Che è un francese di 56 anni, connazionale quindi – beato lui – dell’appena eletto presidente della Repubblica Emmanuel Macron, di cui gli auguro sinceramente di essere amico, essendo ragionevolmente certo che lo abbia conosciuto per avere lavorato a lungo nell’ambiente finanziario.

Per avere notizie ancora più dettagliate del successore di Ghizzoni alla guida di Unicredit vi rimando, fra l’altro, ad un articolo del collega Pietro Di Michele su Formiche.net del 30 giugno 2016, giorno della sua nomina: un articolo tanto bene informato, come al solito, da essere stato scelto da Google tra le fonti di consultazione sull’amministratore delegato dell’importante istituto bancario.

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Capisco l’imbarazzo in cui si può trovare la Boschi nell’ammettere di avere parlato o potuto parlare di Banca Etruria con un banchiere da lei sicuramente conosciuto pure per il suo ruolo di governo, e di cui esistono anche fotografie insieme in pubbliche e lecitissime circostanze, una delle quali pubblicata anche qui, su Formiche.net. E’ un imbarazzo, il suo, forse dovuto al fatto di avere lei in altre circostanze negato di essersi mai occupata della banca vicepresieduta dal padre: circostanze, anche parlamentari, che i grillini impietosamente le hanno già rinfacciate nei loro improvvisati processi, in cui svolgono contemporaneamente le funzioni di pubblico ministero e giudice.

Ma, Dio mio, in questo fantomatico processo la Boschi è già stata soccorsa dallo stesso teste d’accusa dei grillini, cioè de Bortoli in persona. Che nel salotto televisivo della Gruber le ha riconosciuto il sacrosanto, legittimo interesse di governante e di parlamentare toscana di occuparsi e preoccuparsi di un problema del proprio “territorio”, come sicuramente era quello della Banca Etruria. Che con tutti i suoi depositanti non cessava certo di essere parte della Toscana, e dell’Aretino in particolare, solo per il fatto che il padre della Boschi fosse vice presidente dell’istituto, o il fratello dipendente.

Anziché denunciarlo o querelarlo, come ha già annunciato o minacciato, la sottosegretaria Boschi dovrebbe quindi indicare come teste a difesa il teste d’accusa dei grillini, cioè il pur curioso ex direttore del Corriere della Sera. Che ora si mostra stupito della strumentalizzazione che i parlamentari delle 5 stelle stanno facendo del suo libro.

Torno a sostenere che, se avesse voluto evitare strumentalizzazioni di questo tipo, de Bortoli – che è uomo di mestiere, come si dice – avrebbe dovuto scegliere per l’uscita del suo libro un periodo diverso dalla campagna elettorale in corso. Gli debbo tuttavia riconoscere un’attenuante: in Italia si è sempre, per un verso o per un altro, in campagna elettorale, per cui a quel libro de Bortoli in teoria avrebbe dovuto paradossalmente rinunciare.

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