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Chi accelera e chi frena sul gasdotto EastMead

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EastMedil gasdotto che potrà collegare il Mediterraneo orientale all’Europa, è un progetto essenziale per dare sicurezza sui rifornimenti di energia all’Italia e all’Europa e altrettanto essenziale per fornire uno sbocco alle enormi quantità di gas naturale rinvenute da Israele e da altri partner del Mare Nostrum. La sua fattibilità economica non sembra essere in dubbio ma quella tecnica e, soprattutto, quella politica sono un’altra questione. Se ne è discusso al seminario organizzato a Roma dall’Istituto Affari Internazionali con gli interventi di Amit Mor, Professore dell’Herzliya Interdisciplinary Center (IDC) di Israele, e Marco Margheri (nella foto), Executive Vice President Affari Istituzionali di Edison.

ISRAELE, DAL CARBONE ALL’ESPORTAZIONE DI GAS

Israele – 22.500 km quadrati di superficie con una popolazione di 8,3 milioni – è un paese con un consumo di 25 Mtoe (milioni di tonnellate di petrolio equivalente) di energia l’anno. Fino a una decina di anni fa il fabbisogno era coperto all’80% dal carbone; le ingenti scoperte offshore compiute dalla statunitense Noble Energy con i suoi partner dalla fine degli Anni ’90 hanno reso il gas naturale la fonte primaria ribaltando oggi le quote rispetto al carbone. “E’ la più veloce transizione al gas naturale mai avvenuta”, ha dichiarato Amit Mor.

Non c’è ovviamente solo questo. Le scoperte offshore, che ammontano complessivamente a 35.000 miliardi di piedi cubi e comprendono una serie di giacimenti tra cui Tamar e il gigantesco Leviathan, hanno creato per Israele l’opportunità di diventare un esportatore: basti considerare che Tamar da solo “è in grado di soddisfare la domanda di gas naturale di Israele per oltre 15 anni”, ha svelato Mor, garantendo sicurezza dei rifornimenti e prezzi dell’energia più bassi.

ITALIA E EUROPA, UN RUOLO NON SCONTATO

Esportare non è stata una scelta scontata per Isreale. La scoperta di tante riserve ha richiesto laboriose modifiche legislative e solo ad agosto 2015 il Parlamento ha dato il consenso all’esportazione del gas, facendo salvo l’uso per il consumo futuro interno (l’indicazione è che fino al 40% del gas prodotto si può esportare). Il Parlamento ha anche votato modifiche alla fiscalità, indicato che le infrastrutture di sviluppo siano tutte offshore e ha aperto il mercato a più fornitori per preservare la sicurezza dell’approvvigionamento, visto che la domanda interna è coperta da un solo giacimento.

Non era scontato nemmeno che l’Europa e l’Italia avessero un ruolo in questo processo: come ricordato già da un’analisi di Formiche.net, Israele ha tenuto aperta per lungo tempo l’opzione dell’esportazione verso il Pacifico, da privilegiare poiché il differenziale di prezzo significativo con l’Europa (7 $/mmBtu in Europa a fronte di 11 $/mmBtu in Giappone, 2015 fonte BP) rendeva più conveniente la vendita del gas a questa regione.

È prevalsa infine la strategia di dirigere il gas anche in Europa, data l’entità delle riserve disponibili e l’arco temporale di lungo periodo coinvolto. Amit Mor a Roma lo ha confermato – anzi, con l’obiettivo di giocare un ruolo centrale sul mercato dell’energia mediorientale, le esportazioni verso la Giordania sono già iniziate, grazie agli accordi siglati a settembre 2016, e ora si guarda oltre: Egitto, Turchia, Ue.

EGITTO E CIPRO NELL’HUB MEDITERRANEO

In Egitto Israele potrebbe usare due impianti per la liquefazione del gas naturale (Lng) in disuso da alcuni anni. C’è anche l’opzione Turchia, una delle prime considerate da Israele. A febbraio il gruppo Delek, partner di Noble Energy, si è detto fiducioso nella capacità di Israele di chiudere un accordo per l’esportazione del gas naturale di Leviathan verso questi due paesi e ha escluso che il giacimento egiziano di Zohr scoperto da Eni possa precludere le esportazioni israeliane verso l’Egitto.

L’ad di Eni Claudio Descalzi ugualmente è convinto che ci siano opportunità per entrambi i paesi per sviluppare i loro giacimenti e guadagnare. Nella visione di Descalzi, Israele e Egitto possono collaborare esportando il gas verso l’Europa e altre parti del mondo sotto forma di Lng. La vicina Cipro, nelle cui acque pure sono state di recente rinvenute importanti riserve di gas naturale, potrebbe unirsi a questa alleanza regionale sull’energia: “Possiamo creare un grande hub del Mediterraneo orientale”.

Amit Mor ha confermato un cauto ottimismo, vista la riapertura delle relazioni diplomatiche con la Turchia, ma è l’Europa l’obiettivo ultimo a cui guardare, perché, ha detto, “la domanda turca è stata sopravvalutata”.

PERCHE’ L’EUROPA VUOLE PIU’ FORNITORI

L’Europa è il maggior mercato del gas naturale del mondo ed è possibile che lo resti per i prossimi venti anni, ha confermato Marco Margheri di Edison: “I mercati europei integrati sono il più grande spazio di opportunità per chi esporta gas: se anche la domanda rimanesse piatta, siccome le risorse interne sono in diminuzione, l’Europa si ritroverà con un deficit di 70 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Bene dunque i rapporti con gli esistenti fornitori, anzi, li rafforzeremo, ma saranno fondamentali anche nuove relazioni. EastMed non è alternativo ma complementare ad altri corridoi, è parte di un energy mix”. Il gas è un’industria in cui relazioni e negoziati giocano un ruolo fondamentale, ha proseguito Margheri: “Avere opzioni diverse è importante per l’Europa e l’Italia. Collegare il mercato del gas europeo con quelli mondiali sarebbe un vantaggio anche sul prezzo”.

Edison, che ha partecipato allo studio di fattibilità, conferma le opportunità di mercato di EastMed; tecnicamente il progetto è “fattibile”, pur con numerose sfide – infatti nel 2018 ci sarà una nuova survey geologica. In termini politici, il progetto ha senso, ha sottolineato Margheri, perché è “multi-paese e multi-destinatario”. Per i produttori regionali garantisce l’export e per l’Europa garantisce la crescita economica e la sicurezza energetica: non a caso EastMed è stato incluso nel 2015 tra i Progetti di Comune Interesse (PCI) della Commissione europea; è stato compreso nel Piano decennale di investimenti per rafforzare il mercato unico dell’energia; ha beneficiato del fondo Connecting Europe Facility (CEF), con due milioni di euro che hanno co-finanziato lo studio di fattibilità di IGI-Poseidon, società ad oggi 50% Edison e 50% Depa.

QUANTO E’ FATTIBILE EASTMED

Basta però guardare la carta geografica per capire quanti sono gli ostacoli (interessi economici e geopolitici) che hanno portato a paragonare EastMed a una fantasia (pipedream): in acque non molto distanti si trovano il giacimento di gas naturale Zohr di Eni (scoperto nel 2015, in territorio egiziano), Aphrodite, in acque cipriote (90 km da Zohr) e poi gli israeliani Tamar e Leviathan (a 7 km da Aphrodite). Occorre mettere d’accordo paesi diversi e tra questi rientra la Turchia, visto che Cipro è politicamente divisa tra greci e turchi (senza dimentica che la Turchia ha un ruolo centrale nei corridoi Tanap- Tap che dovranno trasportare gas dall’Azerbaijan verso l’Europa).

“La fattibilità finanziaria viene sempre prima e questa per EastMed esiste. Dopo però ci deve essere la volontà politica”, ha affermato Mor. “Vladimir Putin non cederà facilmente il suo market share nella regione; tuttavia, Benjamin Netanyahu e il presidente russo ne stanno discutendo e un accordo si troverà perché la questione è di business, non di politica”.

L’ostacolo Russia e la questione politica aperta a Cipro, con la Turchia di Erdogan oggi più aggressiva (anche se il gasdotto EastMed non passa per zone contese) sono i principali nodi. Ma non gli unici: i concorrenti sul mercato del gas naturale sono diversi e tra questi non va trascurato il ruolo dell’Iran che nel 2030 “sarà un fornitore non trascurabile per l’Europa”, secondo Mor.

Alla fine, però, anche se il supporto dei governi è fondamentale, “chi decide è il mercato, ovvero le aziende private che investono e i consumatori privati che comprano”, ha concluso l’esperto israeliano. E anche per Margheri il valore del progetto è il maggior ventaglio di opzioni per produttori e consumatori.

EastMed dunque si farà. Non ora – più nel 2030 che nel 2025 – ma il lavoro tecnico e diplomatico che verrà condotto nel 2017 sarà essenziale per gettare le fondamenta di questo complesso edificio, come scrivono gli analisi di Wood Mackenzie: “Questo sarà un anno molto interessante per definire questioni ancora aperte sulla commercializzazione del gas naturale del Mediterraneo orientale e chiarire un complicato un mix di fattori geopolitici, regolatori e di prezzo”.

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