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Perché l’Italia deve temere le idee di Schaeuble sull’Europa

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Charles de Gaulle definì l’Europa un cavallo tedesco montato da un fantino francese. Intendeva che senza la forza teutonica di rialzarsi dopo due guerre disastrose non sarebbe nata un’alleanza di pace ma che questo impeto sarebbe stato sterile senza la capacità transalpina di guidare le rivoluzioni. Questa immagine ha fatto epoca ed è stata declinata in diversi modi, non ultimo dal duo Merkozy, incarnazione perfetta di un accordo blindato sull’austerity. Adesso è invece un tedesco, il rigoroso Wolfgang Schaeuble (in foto), a cambiare pilota e trazione. Il ministro delle Finanze di Angela Merkel, in un’intervista a Repubblica, ha infatti lanciato una nuova immagine dell’Europa 2.0, usando la metafora sportiva: una macchina italiana, come la Ferrari, con un pilota tedesco, Sebastian Vettel, oggi è garanzia di successo. Il neo presidente francese, Emmanuel Macron, non dovrà però restarci male. A Berlino hanno imparato a essere molto diplomatici con gli alleati, l’automobile comunitaria sarà sempre targata Berlino-Parigi. A meno che l’Italia del premier Paolo Gentiloni non riesca a introdursi nel dibattito su come riformare l’Unione Europea, promosso da tempo proprio da Schaeuble.

Sono tre i punti fondamentali su cui si poggia la strategia del leader Cdu: rafforzamento dei poteri decisionali in seno alla Ue, ulteriore cessione di sovranità, ministro unico delle Finanze. A leggere i titoli sembra una bellissima tesi per arrivare a un’Europa federale ma così non è. Il nostro Paese dovrà stare in guardia, avendo il terzo debito pubblico del mondo.

Innanzitutto, stabilito che l’euro è irreversibile, si deve tener conto che il governo tedesco quando parla di ministro unico del conti pubblici pensa proprio a quello e non a un ministro unico del Tesoro, che emetta debito comune. Insomma, la Germania, per cedere ulteriore potere, vuole un arcigno controllore delle manovre di ciascun Paese, che detti limiti di spesa e riforme, quando invece servirebbe anche e soprattutto un titolare di un ministero comune che emetta titoli di debito pubblico europei, i famosi Eurobond. Schaeuble dice che prima bisogna tagliare il debito, come dargli torto. Ma il suo ministro è ben altra cosa da quell’Alexander Hamilton che come primo titolare del Tesoro americano stabilì la condivisione del debito tra Paesi del Nord e del Sud degli Stati Uniti. Era il 1795.

Il secondo tassello del fine ragionamento di Schauble, che con l’età sembra essersi addolcito e aver dimenticato le pressioni su Italia, Grecia e Spagna affinché stringessero i cordoni della borsa in piena crisi del debito sovrano, è quello di trasformare il fondo salva-Stati, l’Esm, in un vero Fondo monetario europeo. Anche qui l’Italia non può essere d’accordo. L’Fme sembra qualcosa di molto simile al braccio armato del suddetto ministro dei Conti pubblici europei e non un successore della politica monetaria svolta oggi in beata solitudine dalla Bce. Anzi, per dirla tutta, ha tutta l’aria di un piano per togliere potere all’Eurotower di Mario Draghi.

Infine, il rafforzamento dei poteri decisionali in seno all’Unione, che è senz’altro un tema imprescindibile. Invece però di by-passare l’invero complessa riscrittura dei Trattati con accordi a livello governativo, come vogliono i tedeschi e forse anche i francesi, occorrerebbe arrivare a un rafforzamento dei poteri del Parlamento Europeo e all’elezione diretta del Presidente della Commissione. La strada indicata dal ministro delle Finanze tedesco è ben diversa. Per Berlino alla condivisione degli obiettivi ci si deve arrivare riducendo prima i rischi da condividere, eliminando proprio quel il risk free sui titoli di Stato che ha trasformato gli italiani in Bot-people e varando solo dopo la tutela comune dei depositi di tutti i cittadini, che completa l’Unione bancaria e che oggi è garantita dagli Stati nazionali.

È evidente che questo percorso sarebbe impossibile da imboccare per l’Italia anche se ci fosse Nuvolari alla guida di un’auto tedesca. Il bolide andrebbe a sbattere, insieme a banche e risparmiatori, che hanno fatto della sicurezza dei titoli di Bot e Btp più che un’occasione di investimento letteralmente una delle poche certezze nella vita e nei bilanci.

(Articolo pubblicato su MF, Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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