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Vi racconto le affettuosità di Letta e Monti con Blankfein di Goldman Sachs

Le privatizzazioni, con le loro incerte conseguenze, hanno fatto sì che le porte del Paese si spalancassero alle grandi banche anglosassoni, per le quali il nostro mercato continua a essere un grande affare, dato l’elevato debito e la montagna di crediti in sofferenza. Ma non abbiamo mai lungamente riflettuto sul perché la nostra classe dirigente abbia abbracciato, con slancio provinciale, i grandi banchieri d’affari e sul perché molti, troppi, abbiano accettato di lavorare per Goldman Sachs, J. P. Morgan, Morgan Stanley, non appena smesso un ruolo pubblico: Prodi, Draghi, Siniscalco, Grilli e tanti altri. Non solo gli italiani, per carità. L’avrebbero fatto i Mattioli e i Cuccia?

(IL CIUFFO DI DE BORTOLI STRAPAZZA BOSCHI. LE FOTO DI PIZZI)

La scelta dell’ex presidente della Commissione europea José Manuel Barroso di accettare di essere presidente non esecutivo della filiale europea della Goldman Sachs ha suscitato molti commenti negativi. Quasi una sorta di abdicazione europea allo strapotere delle banche d’affari americane, ormai senza rivali nel Vecchio Continente. Lloyd Blankfein, gran capo di Goldman Sachs, venne una volta in Italia dopo aver inaugurato la sede della banca d’affari americana a San Pietroburgo. Eravamo all’apice della globalizzazione, ma c’era già qualche segnale dell’ormai imminente e lunga crisi finanziaria. All’epoca avevano un contratto con Goldman Sachs sia Mario Monti sia Gianni Letta.

(FEDERICO GHIZZONI E MARIA ELENA BOSCHI A UN EVENTO UNICREDIT. LE FOTO)

Io venni invitato a un lunch in un albergo romano, lo Splendide Royal. Era il 26 settembre 2007. Vederli al tavolo con Blankfein, quasi fossero suoi impiegati, mi fece un certo effetto. Una sensazione di disagio. Credo, conoscendoli e apprezzandoli, che qualche disagio l’abbiano avuto anche loro. I veri poteri forti erano gli altri. E lo sarebbero stati sempre di più.

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