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L’Europa, l’Italia e la crisi che non passa

Mario Draghi ha per l’ennesima volta regalato una boccata di ossigeno raccontando nelle ultime ore che la crisi economica in Europa sta lentamente passando e l’Eurozona è più forte oggi di quanto non fosse sei anni fa, ma sicuramente è merito di Francia e Germania. Il Presidente della Bce ha benevolmente evitato di parlare d’Italia ben consapevole che oggi  il peso di piombo e acciaio del  nostro debito pubblico rappresenta l’incognita più grossa. E le riforme italiane  messe in campo non stanno dando i risultati sperati e se non provvediamo e subito, sarà proprio l’Italia a scatenare una nuova tempesta.

È ben chiaro che la Germania  incarna il punto di vista dei cosiddetti falchi in Europa ma temperati da Merkel che a gamba tesa si avvia al rinnovo del quarto mandato e a mitigare, come per i Paesi Bassi o la Finlandia che è il loro trait d’union proprio la scarsa fiducia verso il Sud dell’Europa, considerato molto poco incline al rispetto delle regole. La Francia a guida Macron oggi condivide l’integrazione dei mercati finanziari e dei capitali e i meccanismi per la stabilizzazione di bilancio, che di fatto implica anche scenari di mutualizzazione dei rischi.

I governi di Parigi e Berlino in questa fase rallenteranno l’integrazione al fine di tenere sotto controllo l’insoddisfazione dei cittadini verso Bruxelles, ma nello stesso tempo dettando le regole dello sviluppo ma è certo che sia Merkel che Macron non si sogneranno  di annunciare di essere pronti a fare maggiori concessioni di sovranità economica a Bruxelles,  governando loro stessi il processo. L’unione economica e monetaria somiglia oggi a una casa costruita nel corso dei decenni, ma solo parzialmente completata, di cui si sono dovuti stabilizzare in fretta e furia le pareti quando è scoppiata la tempesta.

La Commissione europea dovrebbe presentare il libro bianco sul completamento dell’Unione economica e monetaria e lì, in teoria, dovrebbero essere dettagliati i tempi e i passaggi di un piano. Le ragioni del migliore stato di salute dell’Eurozona sono da ritrovarsi proprio nelle decisioni prese velocemente in momenti in cui la fine della moneta unica non era poi così uno scenario del tutto impossibile e  successivamente poi l’effetto trascinamento della brexit non si è compiuto. Per ora l’Unione bancaria è uno degli elementi più importanti dell’attuale forza dell’Eurozona.

Nel 2010 il sistema bancario europeo non era pronto all’onda d’urto che è arrivata, per fortuna c’è il Meccanismo Europeo di Stabilità, che ha il grande potere di attenuare scosse inattese e poi c’è una Banca Centrale molto più attiva e reattiva che in passato e questo anche perché ha imparato dalla crisi passata. La situazione italiana è molto molto precaria. Il problema dell’Italia è legato ai conti pubblici e alla mal gestione delle proprie banche, ma la vera minaccia italiana è la bassissima produttività.

Il Paese è in crisi di produttività da almeno venticinque anni ed è anche per questa ragione che il debito è così alto. In Europa e nell’Eurozona si auguravano che le riforme italiane funzionassero ma i risultati  sono sotto gli occhi di tutti :l’elevato debito italiano è un fattore molto preoccupante e potrebbe un giorno, magari non troppo lontano, essere il detonatore di un’altra profonda crisi dell’Eurozona perché la mancanza di ripresa della produttività  e il mix di calo della demografia e bassa inflazione è altrettanto pericoloso. In caso di una crisi scatenata dall’Italia, poi, c’è anche da considerare che il Paese sarebbe troppo grande per essere salvato dall’intervento del Meccanismo Europeo di Stabilità perché tra i 19 paesi dell’area euro le politiche economiche e fiscali non possono rappresentare una zavorra per gli altri 18.

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