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Le verità taciute sulle sofferenze bancarie

Del Monte dei Paschi di Siena, la cui ricapitalizzazione durante la scorsa estate era talmente urgente da non consentire un rinvio brevissimo, sappiamo poco e niente: il Tesoro dovrebbe partecipare per 8 miliardi, ma tutto è fermo perché a livello europeo si chiede di procedere subito alla dismissione dei crediti deteriorati, un macigno da circa 30 miliardi di euro in cui si celano operazioni andate a male che vanno messe in una tomba inviolabile per l’eternità, come se si trattasse di scorie nucleari. Ma c’è anche un problema di valutazione di prezzo e di garanzie pubbliche: è roba da far saltare in aria mezza Italia.

C’è ancora di peggio, perché siamo di fronte al collasso del credito bancario, che ha retto l’Italia dal 1930. Nessuno osa dichiarare che siamo di fronte ad un colossale crollo degli impieghi, che ha già portato al tracollo un quarto della produzione industriale ed interi comparti, come quello edilizio ed immobiliare.

Quando ci sono oltre 200 miliardi di sofferenze lorde ed almeno altri 100 miliardi di crediti incagliati, e li si riportano in bilancio come se fossero crediti ancora attivi per l’economia, si compie una pericolosa operazione di rimozione: sono perdite, già svalutate per circa la metà del valore iniziale, che andrebbero cedute a terzi o gestite al meglio. Si tratta di debitori da escutere, di proprietà immobiliari da mettere all’asta su un mercato ormai ingolfato.

E’ una paranoia di cui nessuno si vuole occupare. Nessuno vuole fare i conti con la realtà: il sistema bancario italiano sta crollando sotto il peso della crisi economica.

Le parrocchie familiste, le relazioni amicali, le conventicole del credito, in Italia come in tutto il mondo, si reggono su un tessuto di piccole e medie imprese che vanno a compensare gli sprechi ed i favoritismi: se l’economia non regge, casca tutto. E questa è stata la presunzione del sistema di potere italiano: quello di potersi salvare mentre il resto dell’Italia andava a picco, nascondendo le perdite, rinviando al domani la resa dei conti.

(Articolo pubblicato sul sito www.teleborsa.it)

(2.continua; la prima è consultabile qui)

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