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Cosa penso del RosaVerdinellum

dat, rosaverdinellum

Dopo il blitz “democratico” che, sulla legge elettorale, ha buttato all’aria quell’ampio accordo che era stato già raggiunto in prima commissione per un sistema proporzionale con premio alla lista sulla proposta Mazziotti, il disegno ormai noto come “RosaVerdinellum” è stato imposto nella commissione Affari Costituzionali ed è passato come test base a numeri risicati. Ma tutti dobbiamo combattere per mutarne profondamente la natura e i contenuti nel prossimo iter parlamentare. Vediamo perché.

UN SISTEMA SBAGLIATO PER LA SPECIFICA SITUAZIONE ITALIANA

Il sistema maggioritario implica una situazione generale bipartitica o bipolare e sufficientemente omogenea. Solo in tali condizioni esso diviene una dinamica elettorale in grado di dare luogo a maggioranze di governo stabili. Tuttavia, in Italia vi sono dai 3 ai 6 poli politici attuali e potenziali, nonché aree sensibilmente disomogenee, cosicché il risultato di un maggioritario per collegi sarebbe una grave frammentazione, che darebbe vita a un Parlamento almeno tripartito e lontano da maggioranze di governo omogenee.

Non solo. La natura del sistema maggioritario accentua la competizione delle parti l’una in alternativa all’altra, cosicché un eventuale successivo accordo di governo fra le stesse apparirebbe in netta contraddizione con le guerre l’uno contro l’altro armati della campagna elettorale.

Si può spingere il paese verso una evidente situazione di ingovernabilità? È utile impostare una competizione elettorale accentuando l’antagonismo fra le parti, perciò escludendo qualsiasi ipotesi di coalizione di governo successiva e rischiando di dover riportare il paese alle urne di nuovo?

MA IL MODELLO È SOLO FINTO-UNINOMINALE

Qualsiasi modello articolato su collegi uninominali impone una strettissima relazione fra il candidato e un territorio circoscritto, nel quale si concentra la campagna elettorale, visto che questo tipo di candidatura pretende di rappresentare una specifica porzione di territorio.

Il sistema proposto, invece, impedisce di votare per il candidato del collegio in modo autonomo o disgiuntamente dalle liste politiche che lo supportano. Insomma, se io volessi votare un candidato della mia terra che stimo personalmente dovrei necessariamente anche votare una lista che lo appoggia, cosicché prevarrebbe la caratura politica del voto, il che tradisce e frustra le attese tipiche delle candidature in collegi uninominali.

Non basta. Il candidato del collegio potrebbe essere impegnato anche in plurime (ben tre) candidature su liste proporzionali, che insistono su aree molto più estese del perimetro uninominale, cosicché dovrebbe “sdoppiarsi” fra il “suo” territorio e zone molto più ampie del collegio maggioritario, che così perde il suo significato.

E SOLO TEORICAMENTE MAGGIORITARIO, PERCHÉ CI SARANNO 100 COALIZIONI VARIABILI!

Il modello maggioritario viene sempre sostenuto in quanto  favorirebbe la governabilità e per questo una coalizione nazionale dovrebbe proporre congiuntamente candidature nei collegi. Nel Rosa-Verdinellum, invece, così non è, perché – incredibile ma vero! – l’art. 18 prevede la coalizione solo nell’ambito di ciascuno degli oltre cento collegi proporzionali, cosicché avremo centinaia di coalizioni diverse, variabili  nel territorio a seconda delle mille convenienze dei partiti e dei ras locali, e con buona pace della sbandierata governabilità.

MA ANCHE SOLO PSEUDO-PROPORZIONALE…

Si dice che il testo PD sia per il 50% proporzionale. Ma il sistema proposto pretende, innanzitutto, che il voto sulla parte proporzionale della scheda implichi anche la scelta imposta dei  candidati bloccati  su quella stessa lista, mancando del tutto – e ancora una volta ! – le preferenze. Inoltre, il voto sulla parte proporzionale a una certa lista trascina anche il voto per il candidato del collegio maggioritario, così inquinando una espressione squisitamente politica, che dovrebbe, invece, caratterizzare la dinamica elettorale di matrice proporzionale.

È IL SOLITO MODELLO SUPERBLINDATO, PERSINO  AFFIDATO A ENNESIME ALCHIMIE DEI POCHI CAPIBASTONE

Il sistema elettorale renziano vuole che tutte le candidature siano imposte dalle segreterie dei partiti, e ciò sia nei collegi, sia nelle liste proporzionali. Non solo: la possibilità di candidature plurime tanto in collegi uninominali, quanto,  contemporaneamente, in ben tre liste proporzionali bloccate, crea una inedita possibilità  di centinaia di alchimie e intrighi, in mano esclusivamente alle segreterie dei partiti, cosicché il voto popolare diventa del tutto secondario …

UN MODELLO CHE IMPEDISCE LA PARTECIPAZIONE, CON DISPARITÀ PALESI

Per presentare una lista serviranno dalle 1500 alle 2000 firme per ogni collegio proporzionale, stimabili nell’ordine di un centinaio. Se si considera che alle scorse elezioni politiche del 2013 questo onere era richiesto per 26 circoscrizioni, si capisce che si tratta addirittura della quadruplicazione dello stesso, manifestando così la chiara intenzione di impedire la partecipazione stessa di molti alla competizione elettorale.

E I TRUCCHI NON MANCANO: A) I VOTI MIGRANO…

La possibilità di candidature plurime comporta che l’elezione (iperblindata) di tanti  pluricandidati nei collegi lascerà posti  vuoti nelle lista proporzionali, cosicché tali liste proporzionali spesso risulteranno insufficienti rispetto ai seggi ottenuti dai grandi partiti. E allora i seggi rimasti non assegnati nei collegi proporzionali  verranno ingiustamente  redistribuiti in altri collegi proporzionali, diversi e lontani da quelli in cui l’elettore ha votato.

E I COLLEGI SI CONFEZIONANO SU MISURA DI CHI COMANDA

Il governo potrà  disegnare i collegi, componendoli con tassi di discrezionalità inaccettabili. Ma non è tutto. L’art. 3, comma 1, lett. B), dice che i collegi proporzionali  bloccati (cd plurinominali) si formano sulla base di “tre ovvero quattro collegi uninominali contigui”. Ma, poi, si dice anche che i collegi uninominali possono oscillare del +/- 15% (dunque del 30%!)  rispetto alla media regionale E così il gioco per chi disegna i collegi è facile. Si immagini, ad esempio, una media regionale nel Veneto di un collegio per ogni 200.000 abitanti e due aree, ad esempio parti del veneziano e trevigiane, aventi una popolazione omogenea di 650/700.000 abitanti nella stessa regione, ma molto diverse per coloritura elettorale. Ebbene, facendo flettere i collegi del 15% (1/170.000) una di queste aree potrebbe avere 4 collegi uninominali e 4 seggi sul relativo collegio proporzionale, per un totale di 8 deputati, cui probabilmente farebbe anche seguito l’individuazione di due collegi senatoriali, per 10 parlamentari complessivamente espressione dell’area.  Facendo, invece, aumentare il rapporto del 15% (1/230.000) , la seconda di queste aree potrebbe ritrovarsi con 3  soli collegi uninominali e con un collegio proporzionale anch’esso di 3 deputati, per un totale di 6 deputati, mentre il Senato potrebbe avere un solo seggio, cosicché i parlamentari di differenza fra le due aree omogenee come popolazione, ma meno come sensibilità politica,  sarebbero ben 3.

Eh già! Moltiplicando queste possibilità sulle tante aree a diversa coloritura politica presenti nella penisola, chi fa i collegi potrà davvero divertirsi a cambiare i numeri parlamentari finali, con buona pace, però, degli italiani, che tanto uguali non saranno più …

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