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Chi gioisce per la bordata del Tar del Lazio ai direttori dei grandi musei?

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Il Tar del Lazio ha bocciato la nomina di cinque direttori di grandi musei nazionali che erano stati scelti secondo le nuove linee di indirizzo volute fortemente (e meritoriamente) dal ministro Dario Franceschini (in foto) il cui dicastero ora ricorrerà al Consiglio di Stato. Il ministro ha detto che “non ha parole” aggiungendo poi significativamente “ed è meglio”. Naturalmente l’auspicio è che il massimo organo della giustizia amministrativa ribalti la sentenza del Tar laziale.

Anche questa sentenza peraltro dimostra – ammesso che ve fosse ancora bisogno – che vi è un’Italia che non vuole assolutamente le riforme, un’Italia irriducibile ad ogni tentativo di cambiamento, un’Italia granitica nel difendere il passato, un’Italia, è bene ricordarlo, che si è unita nel bocciare il 4 dicembre del 2016 la riforma costituzionale e con essa tutta l’azione riformatrice del governo Renzi.

I buoni risultati che erano stati ottenuti dai nuovi direttori sono stati ricordati oggi sul Sole 24 Ore, ma per i giudici del Tar del Lazio non esistono, mentre sarebbero in vigore norme ritenute violate.

Su questa sentenza cosa hanno da dire gli scissionisti del Mdp che ogni giorno ci parlano di centro-sinistra largo, ampio, di nuovo Ulivo etc? Invece di parlare di schieramenti perché non approfondiscono (finalmente) i contenuti di un’azione riformatrice non pensando solo al Jobs act, ai voucher, ma allargando il loro sguardo a tutta l’azione riformatrice già compiuta dal Governo Renzi e i cui provvedimenti (in gran parte) quasi tutti i loro esponenti avevano votato in Parlamento?

All’Italia che si ostina a dire no ad ogni provvedimento di riforma, bisognerà rispondere con sempre maggiore determinazione sulla strada dell’azione riformatrice se si vorrà salvare questo Paese dal declino, sapendo tuttavia che lo scontro fra difesa dell’arretratezza e modernizzazione si farà di giorno in giorno sempre più duro. Ma se malauguratamente vincesse l’Italia dell’arretratezza, non ci si illuda: non vi sarà futuro per nessuno di noi, ma solo un inesorabile e inarrestabile scivolamento verso il baratro, con grande soddisfazione di tutti quegli Stati che da anni vorrebbero il declassamento dell’Italia in ogni campo.

 

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