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Tutti i consigli di Ignazio Visco su debito, lavoro e scuola

Visco

Pubblichiamo alcuni brani delle Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco tenute nel corso dell’assemblea annuale della Banca d’Italia.

IL DEBITO

L’alto livello del debito costituisce, tuttavia, un elemento di vulnerabilità e di freno per l’economia. Accresce i costi di finanziamento degli investimenti produttivi del settore privato; induce un più ampio ricorso a forme di tassazione distorsiva, con effetti negativi sulla capacità di produrre reddito, risparmiare e investire; alimenta l’incertezza e anche per questa via scoraggia gli investimenti; riduce i margini disponibili per politiche di stabilizzazione macroeconomica. Il debito elevato espone inoltre il Paese alla sfiducia dei mercati e a fenomeni di contagio. Lo ha dimostrato, nel pieno della crisi, l’aumento eccezionale e repentino del differenziale di rendimento tra i titoli pubblici italiani e tedeschi; ce lo rammenta l’incremento osservato negli ultimi otto mesi. Ogni anno lo Stato italiano si rivolge ai mercati per collocare titoli per circa 400 miliardi. L’avvio di una diminuzione continua e tangibile dell’incidenza del debito sul PIL non deve essere ritardato. Non vanno ripetuti gli errori del passato: l’insufficiente riduzione del rapporto tra debito e prodotto realizzata nelle fasi economiche favorevoli ci ha costretto a correzioni pro-cicliche durante la crisi.

IL LAVORO

Sono primi passi su un sentiero ancora lungo, che è indispensabile percorrere con continuità e coerenza, controllando lo stato di attuazione degli interventi effettuati. L’azione di riforma va estesa nella direzione di facilitare le nuove iniziative imprenditoriali e la concorrenza in importanti comparti dei servizi, semplificare ulteriormente le procedure di gestione delle crisi aziendali, ridurre i tempi della giustizia su livelli comparabili con quelli degli altri paesi avanzati, eliminare i disincentivi regolamentari e fiscali allo sviluppo dimensionale delle imprese.

GLI INVESTIMENTI

Restano ampi spazi di razionalizzazione nell’allocazione delle risorse pubbliche che vanno indirizzate verso obiettivi di medio-lungo periodo. Deve tornare a crescere la spesa per gli investimenti pubblici: in calo dal 2010, la sua incidenza sul prodotto era appena superiore al 2 per cento nel 2016, circa un punto in meno che negli anni precedenti la crisi e tra i valori più bassi nell’area dell’euro. Un aumento delle risorse dedicate alla ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente, non solo pubblico, e alla prevenzione dei rischi idrogeologici, oltre che al contenimento delle conseguenze di quelli sismici, avrebbe effetti importanti sull’occupazione e sull’attività economica, in misura più accentuata nel Centro Sud. Non è un compito che lo Stato può svolgere da solo, va coinvolto anche il settore privato.

LA SCUOLA

Sia i livelli di istruzione formale sia le competenze di lettura e comprensione, logiche e analitiche, sono in Italia distanti da quelli degli altri paesi avanzati, anche tra i giovani. Vi sono carenze diffuse nel sistema scolastico e di istruzione superiore, restano tra i più bassi nel confronto internazionale i finanziamenti pubblici e privati alla ricerca e alla formazione terziaria.

LE RIFORME

Gli effetti delle riforme richiedono tempo per concretizzarsi, passano attraverso i comportamenti dei cittadini. Le riforme non bastano se rimane diffusa la presenza di imprese che ottengono margini di profitto con comportamenti illegali, con l’evasione fiscale e con la corruzione. Tali pratiche distorcono la concorrenza e limitano le risorse da investire in infrastrutture e servizi utili alla collettività e progetti a maggior valore aggiunto. L’illegalità, in tutte le sue forme, è fonte di ingiustizia, è causa di minor benessere economico.

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