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Ecco cosa succede tra Avvenire e Osservatore Romano su Ong, migranti e non solo

Giovanni Maria Vian

Mentre Osservatore Romano e Avvenire in Italia si prendevano a testate sul ruolo delle ong nel salvataggio dei migranti in mare, volando sopra il Mediterraneo Papa Francesco è tornato a paragonare le condizioni di certi campi profughi ai lager.

LA CONFERMA SUI LAGER CHE IMBARAZZA

Di ritorno dall’Egitto, nella consueta conferenza stampa, un giornalista tedesco ha domandato a Bergoglio se la sua espressione di qualche giorno fa non fosse forse un lapsus, facendogli notare che in Germania è un “termine molto grave”. Francesco ha confermato le parole usate alla veglia di preghiera per i “Nuovi Martiri” del 22 aprile. “Non si è trattato di un lapsus, ci sono certi campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. Qualcuno forse in Italia, e in altre parti. In Germania no”, ha detto il Pontefice: “Il solo fatto di essere chiusi senza fare niente è come un lager. Ma niente a che vedere con la Germania”. Il parallelismo aveva già provocato proteste. L’American Jewish Committee aveva esortato il Papa “a riconsiderare il linguaggio”. “Le condizioni in cui i migranti vivono attualmente in alcuni paesi europei sono difficili e meritano ancora maggiore attenzione internazionale, ma certamente non sono campi di concentramento allestiti durante la seconda guerra mondiale per lo sterminio di milioni di persone”, aveva notato David Harris, capo del Jewish Committee. Bergoglio ha ribadito il concetto. Difficile che la precisazione sulla Germania possa aiutare a chiarirsi con il mondo ebraico. Le parole sul popolo tedesco più che al contesto storico dei lager nazisti erano infatti mirate ancora al discorso migranti: “Quando io studiavo lì, c’erano tanti turchi integrati a Francoforte che facevano una vita normale”.

SCARAMUCCE DI CARTA E DI SOSTANZA

Intanto non è passata inosservata l’uscita dell’Osservatore Romano di due giorni fa. Sotto il titolo in prima pagina “Sulla pelle dei migranti”, il quotidiano della Santa Sede scrive: “Non bastano gli orrori della guerra, gli stenti di fughe interminabili, i rischi del mare aperto, lo sfruttamento economico e sessuale. Sulla pelle dei migranti sta emergendo un ennesimo scandalo: il sospetto, che purtroppo non sembra totalmente privo di fondamento, di una manipolazione a fini economici e politici anche delle operazioni di salvataggio”. Riferendosi alle dichiarazioni del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, su presunti contatti tra alcune ong presenti nel Mediterraneo con proprie imbarcazioni e gruppi di scafisti, il giornale vaticano aggiunge: “Il sospetto è che le navi delle organizzazioni non governative vengano utilizzate come una sorta di taxi dai trafficanti di esseri umani per fini tutt’altro che umanitari. Un atto doveroso e irrinunciabile, come quello di salvare vite umane, verrebbe così stravolto, infangato da interessi e giochi di potere. Così come è già accaduto per l’accoglienza diventata occasione di speculazione da parte di organizzazioni criminali”. Una denuncia che non sposa nessuna tesi preventiva, ma invita a prendere sul serio quel sospetto e a fare luce: “Le polemiche di questi giorni non aiutano a chiarire la questione. E la paura che venga meno lo sforzo generoso di molti per il salvataggio dei migranti non può portare a semplificare il problema negandone l’esistenza. È necessario liberare il campo da posizioni preconcette o utilitaristiche, così come è indispensabile tenere costantemente presente il dovere di salvare i migranti anche dallo sfruttamento che può essere fatto del loro dramma. Uno degli obiettivi delle indagini della procura di Catania è quello di accertare la provenienza dei fondi con i quali le ong sostengono le ingenti spese per il mantenimento delle navi in mare”. Toni ben diversi da quelli squillati nei giorni scorsi negli ambienti della Conferenza episcopale italiana e dal suo quotidiano, Avvenire.

PEREGO, GALANTINO E IL DIRETTORE

Martedì, monsignor Giancarlo Perego, vescovo eletto di Ferrara e direttore della fondazione Migrantes della Cei, aveva detto: “Fermo restando che queste accuse debbano trovare dei riscontri che finora non ci sono stati, credo che abbiano dietro una visione ipocrita e vergognosa di chi non vuole salvare in mare persone in fuga”. Chiarissima la presa di posizione di Nunzio Galantino: “Le ong salvano vite, non bisogna confondere chi aiuta con chi sfrutta i migranti”. Il segretario generale della Cei invitava inoltre il procuratore Zuccaro: “Se si hanno nomi, e non ho nessun motivo per credere che il procuratore di Catania li abbia, bisogna farli subito, altrimenti si fa confusione e chi vuole pescare nel torbido lo farà”. Le parole dei due vescovi sono tese a smarcare la linea dai Cinque Stelle, forse anche per ridisegnare il campo dopo il recente, mezzo endorsement del direttore di Avvenire. Che sulla nuova vicenda attacca: “Basta fuoco sulle ong” è il titolo del suo editoriale del 25 aprile. “Qualche ong fasulla c’è stata, qualcun altra ci sarà, ma quello delle ong è un mondo esigente e buono – ha scritto – Non si può restare neutrali e indifferenti al tentativo di lordarne l’immagine”. Anche il mirino di Marco Tarquinio non è la procura di Catania ma la politica, con un riferimento alla “tenaglia della polemica, dalla Lega ai 5 Stelle, passando per pezzi dell’area di governo”. Ma sono toni certamente più dubitativi rispetto all’assertivo “sospetto non privo di fondamento” utilizzato dal quotidiano della Santa Sede.

OSSERVATORE E AVVENIRE, FARAWAY SO CLOSE

Non è la prima volta e non sarà probabilmente l’ultima che Osservatore e Avvenire sposano linee editoriali eterogenee. Nella Catholica c’è spazio per tutti. E come recita il motto del giornale d’Oltretevere, unicuique suum, a ciascuno il suo. Lettura quotidiana compresa. Gli esempi del questionare giornalistico si sprecano. Nel 2015, mentre infuriava il dibattito sul fine vita in Francia, il giornale della Cei votava contro, bocciando la legge come “eutanasia”; l’Osservatore invece la titolava come “risposta equilibrata”. Al contrario, recentemente, molto ha fatto discutere lo spazio offerto da Avvenire al professore Francesco D’Agostino, che ha bollato come non rispettosa della verità la lettura eutanasica del biotestamento italiano. Che però è la stessa lettura che ne aveva dato pochi giorni prima anche il giornale d’Oltretevere.

UN DERBY D’ANTAN

Non è questo un derby di punti di vista differenti giocati dalle attuali direzioni dei due quotidiani cattolici. Un esempio è il 2003. Soffiano venti di guerra sull’Iraq. L’Osservatore di Mario Agnes esce con un cubitale “mai” alla guerra in prima pagina, che riprende le parole di Giovanni Paolo II. Lo stesso giorno, l’allora direttore di Avvenire, Dino Boffo, rispondeva a un lettore: “Non c’è pace senza giustizia”. Sfumature? Sì, ma non irrilevantissime.

È TUTTO UN DIBATTITO 

Visti da fuori, Osservatore e Avvenire sarebbero stati l’un contro l’altro armati ai tempi del caso Boffo. Era il 2009. Il Giornale di Vittorio Feltri pubblica la nota velina – poi risultata un falso – che tira in ballo il direttore di Avvenire, che alla fine si dimette dalla direzione del quotidiano Cei. Il vaticanista Sandro Magister scrive che dietro lo pseudonimo Diana Alfieri che compare sul Giornale, a firma di un pezzo sul caso, si cela niente meno che il direttore dell’Osservatore, Giovanni Maria Vian (nella foto). Vian e Feltri smentiscono. Gossip redazionali a parte, la linea dei due quotidiani in quegli anni è spesso differente. L’Avvenire della ruiniana Cei e ormai presieduta da Angelo Bagnasco, è in trincea per una presenza battagliera nello spazio pubblico, a difesa dei “principi non negoziabili” cari a Benedetto XVI. L’Osservatore è meno guerrigliero e spesso ospita firme in comune con il laico Corriere della Sera, di ovvia sensibilità differente sui temi etici. Episodio simbolo nelle settimane del caso Englaro, quando Avvenire e Osservatore fanno quasi scintille, con il primo a capo della battaglia in difesa della ragazza e il secondo che invita a usare toni più pacati di fronte al dolore. Tra i pezzi dell’Osservatore che più hanno suscitato dibattito e a volte qualche disagio nel mondo cattolico, quelli della studiosa Lucetta Scaraffia. Columinst di punta dell’Osservatore e coordinatrice del suo inserto femminile, Scaraffia è moglie dell’editorialista del Corsera, Ernesto Galli della Loggia. I conservatori la vedono come il fumo negli occhi. Il finto Osservatore diffuso qualche settimana fa la motteggiava ironicamente.

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