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Metalmeccanici e non solo, cosa fare oltre il rinnovo dei contratti

metalmeccanici

L’editoriale di “Fabbrica società” il giornale della Uilm che sarà on line lunedì 15 maggio

Nel 2016 il sindacato ha fatto la sua parte per aiutare il sistema a crescere.

PINOTTI E I METALMECCANICI

Roberta Pinotti, ministro della Difesa nel governo in carica e in quello precedente non ha dubbi: “Credo – scrive Pinotti – che il nuovo contratto dei metalmeccanici abbia determinato un clima unitario particolarmente utile a rasserenare l’insieme delle relazioni industriali e a migliorare il contesto economico-sociale. Il risultato ha rappresentato un buon compromesso fra le parti e conferma che il contratto nazionale ha la funzione di tutelare insieme i lavoratori e la competitività. Mi sembra, quindi, molto positivo quanto è stato fatto in tale ambito dai metalmeccanici. Ma esiste ancora molto da fare in ambito industriale, affinché si realizzino utili ricadute nel settore manifatturiero”. Insomma, ci vogliono investimenti pubblici e privati a sostegno della ripresa”.

LE RISORSE NECESSARIE

Rinnovare i contratti è importante, ma non basta. Uno dei grandi problemi nazionali è quello di una produttività del lavoro stagnante e, a volte, calante che ha disperato bisogno di innovazione tecnologica, formazione del capitale umano, precise regole contrattuali e buone relazioni industriali. Il contratto dei metalmeccanici siglato lo scorso 26 novembre va in questa direzione. Ma ora ci vogliono risorse certe per allungare il passo di un Paese che procede ancora con lentezza rispetto agli altri. Per essere precisi, la produttività del lavoro in Italia è aumentata nei settori della manifattura, dell’agricoltura e dei servizi, ma è crollata nel settore pubblico ed in quello delle attività professionali. La difficoltà registrata negli ultimi due comparti dipende sia dal calo, registrato lo scorso anno, del 4,5% degli investimenti nella pubblica amministrazione, e sia dalle economie di riferimento, assai poco concorrenziali.

CERCASI PRODUTTIVITÀ

Alberto Orioli è esplicito: “La produttività – sottolinea l’editorialista del Sole 24 Ore – è anche il nuovo orizzonte delle relazioni industriali che hanno creato gli spazi contrattuali per la gestione di aumenti ancorati a questa variabile. Le parti sociali hanno già fatto molto per rendere il più accoglienti possibili i contratti di secondo livello per la distribuzione proprio degli aumenti di produttività. Ora tocca al governo ridurre il cuneo fiscale; a liberare le risorse disponibili per lavoratori ed imprese, incentivando il salario di secondo livello”.

URGONO LE INFRASTRUTTURE

Le altre cose da fare? Occorre sostenere il piano delle infrastrutture da 47,5 miliardi di euro dal 2017 al 2032; rafforzare il programma Industria 4.0 basato su iper e superammortamento rivolti allo sviluppo tecnologico delle imprese; superare l’impasse del Ddl sulla concorrenza che da due anni naviga da un ramo all’altro di Camera e Senato. Bisogna fare presto e bene. Ed anche in questo frangente il sindacato è disponibile a dare una mano.

COSA DICE BARBAGALLO

“Stiamo lavorando – rassicura Carmelo Barbagallo, leader della Uil – sul tema della riforma delle relazioni industriali e del modello contrattuale. Noi siamo pronti ad accettare la sfida della produttività, che deve essere fondata sul benessere dei lavoratori e sugli investimenti in processi e prodotti”.

Un sindacato è forte e cresce quando lotta per difendere i diritti dei lavoratori, ma soprattutto quando fa buone intese che tutelano il lavoro e le imprese dove questo valore si afferma. E’ anche questa la bellezza del riformismo.

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