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Vi svelo come sarà la (cangiante) scheda elettorale con il Rosatellum

Provo a descrivervi la scheda che vi verrebbe consegnata al seggio per votare se Matteo Renzi ruscisse a fare approvare a giugno alla Camera la legge che ha fatto proporre dal suo partito nella competente commissione di Montecitorio. Ma soprattutto se riuscisse poi a farla passare anche al Senato, dove i numeri sono quelli che sono e nessuno può scommettere che una proposta arrivata dalla Camera ne esca indenne.

Questa legge ha già il suo brano nome in latino maccheronico, con la manìa che si ha di imitare l’inimitabile buonanima di Giovanni Sartori, Vanni per gli amici. Ma con una differenza che vedremo.

Sartori adottava il latino maccheronico per scherzo, diciamo pure per sfottere. E il primo ad essere sfottuto fu l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che nel 1993 fu relatore della legge elettorale prodotta dal referendum di quello stesso anno contro il vecchio sistema proporzionale, per cui quel toscanaccio irriverente di Vanni le appioppò il nome di Mattarellum. Questa volta invece si fa davvero, per cui ho visto serissimo in volto il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato, rispondere ai giornalisti che gli chiedevano di spiegare il suo Rosatellum.

Già questo dovrebbe metterci in difesa e dubitare della sorte, oltre che del contenuto di questa ennesima riforma elettorale che viene tentata mentre la legislatura muore un po’ di vecchiaia, mancando meno di un anno alla sua scadenza ordinaria, e un po’ di ictus, o no so di quale altra malattia o complicazione sopraggiunta all’ictus della bocciatura referendaria di quella riforma costituzionale immaginata dall’allora governo Renzi per cercare di snellire e modernizzare il sistema. Ma, ripeto, proviamo a immaginare che il Rosatellum arrivi veramente in porto e a come potremmo votare la prossima volta per il rinnovo delle Camere, sempre che la Corte Costituzionale ad elezioni avvenute non riceva un reclamo, non l’accolga e non modifichi anche questa legge, producendone di fatto un’altra formalmente e obbligatoriamente applicabile subito, ma che poi il capo dello Stato cerca di non applicare, ritenendola poco omogenea al sistema, chiedendo al Parlamento di farne ancora un’altra per poter mandare gli italiani davvero alle urne. E già, perché potrebbe accadere anche questo, cioè potrebbe tornare ad accadere anche questo, perché le condizioni in cui ci troviamo adesso sono esattamente queste.

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La scheda elettorale del Rosatellum, probabilmente rosa per omogeneizzare il colore e il nome della legge, avrebbe le dimensioni di un lenzuolo, o lenzuolino, se al Ministero dell’Interno si troverà qualche buon’anima che riesca a ridurne le dimensioni senza compromettere la possibilità di leggere quello che vi è stampato.

La scheda, almeno quella della Camera, perché per il Senato non ne ho idea, e temo non ce l’abbia neppure Rosato per via dell’obbligo costituzionale di eleggere l’assemblea di Palazzo Madama su base regionale, si dividerà in due parti uguali per lunghezza e ampiezza. Da una parte, diciamo a destra, troveremo i simboli dei vari partiti in competizione elettorale, accanto a ciascuno dei quali forse anche l’elenco dei candidati alla quota proporzionale dei seggi parlamentari in palio. E’ stato promesso un elenco corto perché i collegi dovranno essere più piccoli delle attuali circoscrizioni, in modo che minori saranno i seggi in palio e minori i candidati, la lettura dei cui nomi darebbe forse un po’ di soddisfazione a loro e agli elettori A ridisegnare concretamente i collegi provvederà poi il governo, in tempo -si spera- per le elezioni, ordinarie o anticipate che potranno essere.

Su questa parte, immaginiamo, di destra della scheda mettendo una croce sul simbolo del partito ne votiamo contemporaneamente i candidati. E liquidiamo così la quota proporzionale.

Sull’altra parte, immaginiamo, di sinistra troveremo tanti riquadri quanti saranno i candidati della parte maggioritaria dei seggi parlamentari in palio. Candidati di cui dovremmo trovare ben stampato in ogni riquadro il nome, un solo nome, non so se anche la foto, che non sarebbe male per vedere anche in faccia il signore o la signora in corsa. E tutt’intorno a questo nome dovremmo trovare il o i simboli dei partiti che insieme lo propongono. E che chiamiamo comunemente coalizione.

Ci siete sino a qui? Diciamo di sì e proseguiamo nella contemplazione della scheda, ma anche nella descrizione del sistema.

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Le coalizioni che l’elettore di un collegio trova nella parte sinistra della scheda e riconoscerà nei simboli dei partiti attorno al nome e/o alla foto del candidato della parte maggioritaria saranno tutte, diciamo così, una tantum. Che cosa significa una tantum? Che saranno uniche per quel collegio. In un altro collegio un vostro amico che abita in una città diversa della stessa regione, o in un quartiere diverso della stessa grande città, potrà trovare una combinazione nuova di partiti attorno al candidato del sistema maggioritario.

Sì, lo so. A questo punto potreste avere qualche dubbio e chiedervi che cosa vi stia raccontando. E avreste ragione perché la faccenda non è semplice né da capire né purtroppo da spiegare. Ma proverò lo stesso a farlo dicendovi che, per esempio. il Pd potrebbe sostenere ad Agrigento il candidato Angelino Alfano, che è del posto ma non è piddino ma leader di un partito che si chiama, se nel frattempo non ha cambiato nome di nuovo, Alternativa Popolare. Ma il candidato di Alternativa Popolare in un’altra parte della Sicilia, o a Milano, o a Torino, o a Roma potrebbe non essere sostenuto dal Pd, ma da un partito diverso, se non addirittura opposto al Pd. E’ più chiaro il sistema raccontato così? Lo spero.

Le coalizioni per il concorso e l’aggiudicazione dei seggi della parte maggioritaria, che saranno pari ai seggi della quota proporzionale, saranno insomma variabili, a seconda delle situazioni, dei personaggi, dei rapporti personali e/o politici, delle simpatie, degli interessi locali.

Si vedrà solo dopo il voto, quando saranno costituiti i gruppi parlamentari, con la distribuzione fra questi gruppi degli eletti nei collegi uninominali del maggioritario, la consistenza reale dei vari partiti. Che dovranno, sempre dopo, decidere come combinarsi o allearsi per fare una maggioranza di governo o restare all’opposizione.

Non so francamente se sarà più divertente o drammatico seguire quella scomposizione e ricomposizione di persone e di forze. Sarà un po’ una maionese. I vini rosati mi pare che siano normalmente di bassa gradazione. Ma questo del Pd mi sembra di gradazione altissima per la vertigine che ti procura solo ad assaggiarlo o a sentirne l’aroma.

Scusate se vi ho fatto un po’ girare la testa ma temo che la colpa non sia mia. Se poi la colpa è mia per non avere capito bene il congegno che mi hanno spiegato persone, diciamo così, del mestiere, in azione in questi giorni nelle competenti sedi parlamentari, vi chiedo anticipatamente scusa.

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