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Ecco perché il Germanellum era un affarone per Forza Italia

(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Ci sono scene o volti che a vederli riescono da soli a farti capire certe situazioni, al pari delle vignette che molte volte basterebbero e avanzerebbero a far capire ai lettori come stiano certe cose, senza infastidirli con editoriali più o meno austeri e saccenti, sempre più spesso affidati peraltro a professori in carriera. Ai quali i giornalisti, con tutto il professionismo che vantano con l’appartenenza ai loro Ordine, si affidano senza farsi prendere dal dubbio di confessare così i propri limiti. O a volte per vigliaccheria.

Non a caso Indro Montanelli teneva lontani i professori dalla prima pagina del suo Giornale, preferendone sistemare gli articoli nelle pagine interne della cultura. Dove si prendeva anche il gusto di correggerne parole e passaggi quando riteneva che non fossero chiari abbastanza per il famoso lattaio, ch’egli aveva promosso a emblema del lettore comune. I professori, intesi in senso largo, si vendicavano a loro modo declassando a discorsivi i libri di storia di Montanelli, che a loro volta si vendicavano battendoli sistematicamente alla cassa.

Il volto più espressivo del melodramma della legge elettorale accantonata alla Camera con un rinvio alla competente commissione, dopo l’incidente pur modesto occorso al cosiddetto Germanellum col passaggio dell’emendamento che lo applicherebbe anche al Trentino Alto Adige, dove il patito di lingua tedesca fa da padrone quasi a prescindere dai voti che prende, è quello di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. Che Massimo D’Alema una volta defini, all’incirca, un manganello tascabile per la sua abitudine di dirle e darle a tutti, sventolando le braccia, sbarrando gli occhi e gonfiando le vene del collo. Neppure il professore e senatore a vita Mario Monti, che da presidente del Consiglio veniva trattato da lui come uno scolaro ignorantello nell’aula di Montecitorio prima ancora che il suo partito passasse all’opposizione, alla vigilia delle elezioni del 2013, fu tenero col capogruppo forzista. Egli scherzò poco sobriamente una volta in televisione sulla sua “statura”. Come se il povero Brunetta si fosse scelto lui le dimensoni non molto armoniche della testa, del torace, delle gambe e dei piedi, nelle cui scarpe quel birbante di Maurizio Crozza si divertiva a infilarne, nei suoi spettacoli i tre quarti del corpo perché risultasse un nano.

A dispetto delle ironie usate nei suoi riguardi, la testa di Brunetta funzionava e funziona – credetemi – molto più di quelle dei suoi critici messe insieme. Egli è stato il primo l’altro giorno a rendersi conto della serietà dell’incidente occorso nell’aula di Montecitorio al cosiddetto Germanellum e a non gradire per niente né le risate compiaciute dei grillini né la fretta con la quale il suo omologo del Pd dichiarava morta la versione italiana del proporzionale tedesco, addossandone tutta la causa alla inaffidabilità del Movimento delle 5 stelle. Ed ha giustamente sentito puzza di bruciato sotto gli insulti che si scambiavano pentastellati e renziani, per non parlare del sollievo di Angelino Alfano e amici, che in Forza Italia non hanno mai smesso di considerare traditori selezionandone a dovere gli idonei al ritorno a casa, com’è accaduto nei casi di Nunzia De Girolamo e di Renato Schifani.

Il partito al quale il Germanellum avrebbe fatto più comodo, e tornerebbe a farlo se si riuscisse a recuperarlo dopo la pausa di riflessione imposta da Renzi in attesa dei risultati del primo e forse anche del secondo turno delle votazioni amministrative riguardanti in questo mese di giugno più di nove milioni di elettori, è Forza Italia. Che col 13 per cento assegnatogli dai sondaggi, e magari qualcosa in più procuratogli nelle prossime elezioni politiche, anticipate o ordinarie che siano, dalla mobilitazione personale di Berlusconi, potrebbe giocare nella prossima legislatura, grazie alla riedizione del sistema proporzionale, un ruolo ben superiore alla sua consistenza parlamentare. Com’era diventato nella cosiddetta prima Repubblica di conio proporzionalista, con le stesse dimensioni attuali del partito berlusconiano, il Psi prima di Pietro Nenni e poi di Bettino Craxi. Senza del quale la Dc, paragonabile in qualche modo al Pd di oggi, non sarebbe riuscita a fare maggioranze e governi senza doversi accordare col Pci, paragonabile -anch’esso in qualche modo – al movimento grillino di oggi. Un affarone, insomma, per Berlusconi e per il preoccupatissimo Brunetta, che ha improvvisamente smesso i panni del piromane per indossare la divisa di comandante in capo dei pompieri, anche se gli manca il fisico.

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