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Ecco come e perché Uber sbanda

Di Greg Bensinger

La crisi ai piani alti di Uber Technologies si è aggravata domenica, quando il board si è riunito per esaminare diverse problematiche tra cui un possibile periodo di aspettativa del ceo Travis Kalanick e il potenziale allontanamento del suo braccio destro. L’appuntamento ha ufficialmente inaugurato un periodo difficile per la società, che sta tentando di gestire un’indagine sulla propria cultura dell’ambiente di lavoro, un procedimento legale voluto da Alphabet, la società di controllo di Google, per presunto furto di segreti sui progetti per l’auto senza conducente, un’investigazione federale in materia di prassi commerciali e l’uscita di alcune figure di spicco. Fino a lunedì il chief business officer Emil Michael stava progettando di dimettersi, secondo persone vicine alla questione, decisione legata a un rapporto sulla cultura del posto di lavoro firmato dall’ex procuratore generale degli Stati Uniti Eric Holder, che è stato presentato alla riunione del consiglio. Infatti, a quanto pare, l’assise avrebbe dovuto discutere del futuro di Michael in Uber in occasione del meeting di domenica.

La sua partenza potrebbe complicare la proposta di Kalanick, che recentemente sta accusando traumi personali oltre a una serie di scandali subiti dall’azienda, di farsi temporaneamente da parte. Stando a indiscrezioni, il consiglio di domenica non avrebbe preso alcuna misura in merito, lasciando al ceo la decisione. Resta da capire se opterà effettivamente per un periodo di aspettativa. In entrambi i casi la rimozione di Michael accentuerebbe tensioni decisamente straordinarie per una società di tali dimensioni e valore. Secondo una fonte a diretto contatto con i fatti, fino a domenica Michael non aveva rassegnato le dimissioni. Il portavoce ha reso noto che il board ha votato all’unanimità l’adozione di tutte le raccomandazioni proposte da Holder e la sua società, Covington & Burling. Le indicazioni, che saranno trasmesse ai dipendenti oggi, dovrebbero includere l’introduzione di nuovi processi sul piano delle risorse umane, la formazione e il futuro dei principali dirigenti, tra cui Michael. Uber ha rifiutato di esprimersi in merito, e Kalanick e Michael non hanno risposto alle richieste di commento.

Nonostante le critiche talvolta violente, con una valutazione di 68 miliardi di dollari Uber è un gioiellino tecnologico con la capacità di raccogliere fondi a palate nei nuovi mercati. La garanzia di prenotare una corsa in pochi minuti ha messo sottosopra l’industria dei taxi e gli ingegneri del software sono accorsi in massa, attratti dalla promessa di ricchi compensi in vista dell’ipo.

Una serie di scandali minaccia di mettere i bastoni tra le ruote agli obiettivi più ambiziosi, incluso l’eventuale sbarco in borsa e il progetto di lanciare una flotta di veicoli a guida autonoma per sostituire il milione e mezzo di conducenti a contratto. La startup si sta dando da fare per ricostruirsi una reputazione infangata dalle accuse di un’ex dipendente, Susan Fowler Rigetti, ingegnere che in un post di febbraio ha denunciato l’azienda in quanto posto di lavoro in cui sono tollerate le molestie sessuali e il sessismo. Kalanick ha condannato queste prassi, di cui ha detto di non essere a conoscenza, e ha immediatamente richiesto un’indagine ingaggiando la società di Holder e Perkins Coie per andare a fondo alle accuse mosse da Fowler Rigetti.

Alle redini dal 2010, Kalanick è stato il volto di Uber nell’ascesa al podio di società privata di maggior valore al mondo. Peraltro è protetto nella sua posizione grazie al potere di voto vincolato alle partecipazioni che, insieme al co-fondatore Garrett Camp e al primo dipendente Ryan Graves, gli conferiscono un’ampia maggioranza. Tuttavia sta anche affrontando una crisi personale che potrebbe portare a un periodo di riposo. Alla fine del mese scorso sua madre ha perso la vita in un incidente in barca, in cui il padre è rimasto gravemente ferito. Camp sarebbe una scelta logica per la copertura temporanea della carica di ceo.

Il più stretto collaboratore di Kalanick era il 44enne Michael, molto stimato internamente per le operazioni di intermediazione finanziaria. In qualità di chief business officer ha contribuito alla sovrintendenza di ampie iniziative strategiche, tra cui fusioni, acquisizioni e raccolta di fondi. Ha scatenato la tempesta su Uber dopo aver apparentemente fatto sapere a un redattore di BuzzFeed nel novembre 2014 a una festa che la società avrebbe dovuto spendere milioni di dollari per indagare sui giornalisti che erano critici. I suoi commenti sono stati condannati da Kalanick, che all’epoca li ha definiti «terribili» e «lontani dai nostri valori e ideali». Michael ha dichiarato che non rappresentavano le sue opinioni. Inoltre era consapevole del fatto che il responsabile del business in Asia, Eric Alexander, aveva ottenuto le cartelle mediche di una vittima di stupro avvenuto in un’auto Uber in India convinto che il concorrente locale Ola avesse cavalcato la storia per danneggiare la reputazione di Uber. In seguito a un reportage giornalistico, questa settimana Alexander è stato licenziato.

In aggiunta, la potenziale marginalizzazione di Kalanick potrebbe compromettere gli sforzi nel reclutamento di un chief operating officer, che avrebbe lavorato a stretto contatto con l’ad. Uber sta anche cercando un chief financial officer, posizione fondamentale viste le pesanti perdite. L’anno scorso ha registrato almeno 2,8 miliardi di dollari di rosso e nel primo trimestre di quest’anno 708 milioni di dollari, in presenza di un miglioramento del 18% nelle vendite. Fino a marzo aveva oltre 7 miliardi di dollari di liquidità disponibile.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

Traduzione di Giorgia Crespi

Please click here to read this article in English on The Wall Street Journal

 

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