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Perché l’educazione finanziaria accresce la fiducia

Maastricht, popolari

I due terzi, o quasi, degli italiani non raggiungono un livello sufficientemente elevato dell’indicatore di conoscenza, a fronte di circa un terzo nella media degli altri Paesi dell’Ocse. Parliamo di competenze finanziarie, dell’insieme, in altre parole, delle conoscenze, delle motivazioni e dei comportamenti che rendono possibile scelte oculate nella gestione del bilancio familiare. Il dato è il frutto di un’indagine promossa a livello di G20 e svolta, ad inizio 2017, dalla Banca d’Italia. La metodologia di indagine usata è quella dell’International Network on Financial Education dell’Ocse che si basa sulla valutazione di tre componenti essenziali: la conoscenza di concetti economici di base, la capacità di adozione di comportamenti finanziari adeguati e l’attitudine a decisioni orientate al lungo periodo.

Le conclusioni di questa indagine sono contenute nella recente relazione annuale presentata dal governatore della Banca d’Italia, relativa al 2016. L’indagine scende anche nei dettagli e mostra come il livello così basso dell’indicatore sui comportamenti finanziari risenta di una ridotta presenza nel portafoglio delle famiglie italiane di strumenti finanziari e della minore abitudine a pianificare la gestione delle proprie risorse attraverso un budget familiare. La negatività del dato è temperata dal basso ricorso all’indebitamento e dalla conseguente maggiore capacità di coprire le spese direttamente con le entrate e dunque, soprattutto in periodi di crisi, di ridurle. Elementi, questi ultimi, che se mettono al riparo le famiglie da scelte che possono facilmente rivelarsi pericolose, non aiutano certo la ripresa economica.

Dunque, secondo l’analisi, gli italiani possiedono conoscenza e comportamenti adeguati molto contenuti e sono, in maggioranza, consapevoli dei propri limiti (oltre la metà considera il proprio livello di educazione finanziaria inferiore a quello medio) anche se quasi un quarto ritiene di avere una cultura finanziaria superiore alla media esponendosi al rischio di accettare consigli che possono poi rivelarsi sbagliati o pericolosi relativamente agli investimenti dei propri risparmi. I dati variano, come è naturale e immaginabile, in base a età, titolo di studio e sesso. Il problema dell’educazione, o alfabetizzazione, finanziaria esiste ed è strettamente connesso ad un altro e altrettanto delicato che il governatore, nel suo discorso di illustrazione della relazione annuale, coglie pienamente: quello della fiducia, del rapporto fiduciario tra clienti e sistema bancario: “il rapporto di fiducia con la clientela deve essere ripristinato in quanto è stato messo in discussione sia dall’introduzione del nuovo regime di risoluzione delle banche in crisi sia da una comunicazione deficitaria verso una clientela ineducata alla comprensione dei meccanismi sottesi all’acquisto di strumenti finanziari”.

Educazione finanziaria, dunque, con lo scopo prioritario di ricostruire un rapporto fiduciario che la crisi, ma non solo la crisi, ha profondamente messo in discussione. La crisi economica ha, infatti, fatto la sua parte, ma anche la modalità con la quale si è realizzato il processo di integrazione europea non è stato indolore. Il passaggio alla vigilanza europea e soprattutto il recepimento delle norme europee sulle modalità di risoluzione delle banche ha rivoluzionato l’intero sistema. Si riconosce, esplicitamente, che sarebbe stato necessario da una parte una maggiore gradualità e dall’altra la non retroattività dell’applicazione di alcune tra le norme più delicate. Oggi, a prescindere dalle responsabilità, soprattutto politiche, che pure ci sono state, tutti gli operatori del sistema devono essere parte attiva nel contribuire alla non semplice opera di ricostruzione di quel rapporto fiduciario. L’educazione finanziaria che gioca un ruolo fondamentale è un processo lungo e che non si improvvisa ma al contrario richiede competenze, esperienza, energie ed investimenti. Il credito popolare e con esso l’Associazione nazionale fra le Banche Popolari che hanno da sempre considerato prioritario questo ambito, continueranno ad essere parte attiva nella definizione della “Strategia nazionale” richiesta dalla Banca centrale italiana e che “potrà favorire un piano organico e coordinato di interventi per raggiungere una più ampia platea, anche con il coinvolgimento dei mass media”.

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