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Tutte le idee del ministro degli Esteri austriaco Kurz per bloccare i migranti dall’Africa

kurz

L’Italia pare piuttosto distratta riguardo a quel che accade oltralpe. E invece dovrebbe seguire con particolare attenzione gli sviluppi politici in Austria. Il ministro degli Esteri Sebastian Kurz (nella foto), a margine del Consiglio affari esteri dell’Ue (Cae) nel Lussemburgo ha ribadito la sua strategia riguardo ai profughi. Dopo essere stato all’inizio dell’anno scorso uno dei massimi artefici della chiusura della rotta balcanica (organizzò a tal proposito un vertice con i Paesi dell’area, escludendo però la Grecia) ora intende mettersi al lavoro per chiudere quella mediterranea. E intende farlo incurante delle critiche che gli ha mosso il capo del governo, il socialdemocratico Christian Kern.

All’estero in molti lo guardano ancora con una certa sufficienza, soprattutto per la giovane età. In agosto compirà 31 anni. Ma non va sottovalutato. Kurz non è un peso piuma, tutt’altro. Perlomeno all’interno del panorama politico austriaco. Ha, infatti, ottime chance di essere tra quattro mesi il nuovo capo del governo austriaco. Il più giovane che l’Austria abbia mai avuto. E se i voti lo permetteranno il suo partner ideale di coalizione saranno i nazionalpopulisti dell’Fpö.

Giusto un mese fa ha vinto un rischioso braccio di ferro con i vecchi del suo partito, quello popolare dell’Övp. L’avvicendamento tra Reinhold Mitterlehner e lui era da tempo nell’aria. Ma Kurz ha voluto giocare la sua partita. Si è fatto pregare a lungo e molto, accettando infine di guidarlo, a patto che i potenti governatori e capi regionali si sottomettessero alla sua strategia di rinnovamento. Non solo l’ha spuntata con i suoi, è riuscito a mettere con le spalle al muro anche Kern, che nolente o volente ha dovuto piegarsi e acconsentire alla fine della grande coalizione. E così, dopo le elezioni presidenziali (che hanno costretto gli elettori a recarsi alle urne una terza volta, perché l’esito del ballottaggio era stato dichiarato nullo) gli austriaci torneranno a votare di nuovo il prossimo 24 ottobre.

Uno dei cavalli di battaglia di Kurz sono da sempre i profughi. D’altro canto lui non è solo ministro degli Esteri, ma anche titolare dell’integrazione. Ed è da tempo che batte e ribatte sull’idea che i profughi che cercano di raggiungere le coste europee, dicasi quelle italiane, via Mediterraneo, vadano fermati in mare e rimandati indietro. Riportati nei campi allestiti lungo la costa nordafricana, in Tunisia ed Egitto. E Kurz è così convinto della bontà della propria soluzione, che sempre ieri dichiarava “non c’è altra soluzione, e alla fine anche l’Ue se ne renderà conto”. A sua avviso, infatti, ogni altra strategia non farebbe che incentivare l’arrivo di ancora più persone “oltre a causare un numero crescente di morti”.

Gli accordi di Dublino sono stati superati dai fatti soprattutto “perché la maggioranza di chi arriva non fa certo domanda d’asilo in Grecia o in Italia”, per quanto proprio lì dovrebbe farla, visto che sono i primi Paesi di approdo in Europa.

Kurz sa bene che attaccare senza fornire al tempo stesso una possibile soluzione lo renderebbe vulnerabile. Motivo per cui già qualche giorno fa, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa austriaca, l’Apa, illustrava la sua strategia. Va assolutamente cambiata la normativa che accorda o meno il diritto d’asilo. Il che non vuole solo dire chiudere ancora più strettamente le maglie per la concessione dello stesso o del riconoscimento del diritto di sussidiarietà. I profughi vanno fermati in mare e rimandati nei campi tunisini o egiziani. Dove però vengono accolti ma non possono fare richiesta d’asilo. “Perché se così fosse, ciò creerebbe un fattore di attrazione. Gente di tutta l’Africa si metterebbe in cammino verso la Tunisia e l’Egitto”.

Secondo lui l’unico modo legale per i profughi di guerra di giungere in Europa dovrebbe avvenire attraverso un programma di “resettlement”. Il che concretamente significa: organizzazioni internazionali presenti in loco scelgono loro i profughi di guerra da ricollocare in Europa. Un sistema che peraltro verrebbe in soccorso soprattutto ai più deboli e bisognosi, che nemmeno si potrebbero permettere di pagare il passaggio illegale. “Perché nessuno mi venga a dire che il sistema attuale sia una soluzione particolarmente umana”, sottolineava il ministro.

Una osservazione, quest’ultima, certo non sbagliata, non fosse che la disponibilità di gran parte dei Paesi europei ad accogliere queste persone è pressoché scomparsa dopo gli arrivi in massa via Balcani dell’estate del 2015. Ma a Kurz quello che interessa è rendersi appetibile (in cabina elettorale) a più elettori possibili. Lavorare di conserva con i suoi omologhi, invece, pare essere per lui meno importante. Se così non fosse, non ci si spiegherebbe come abbia potuto un mese fa in un’intervista al quotidiano austriaco Kurier, avanzare la seguente proposta: se non si riuscisse a fermare i barconi in mare allora sarebbe il caso di bloccare tutti i profughi a Lampedusa. Insomma l’isola, estremo avamposto delle frontiere europee, dovrebbe trasformarsi in un enorme campo di detenzione, da dove poi rispedirli in Africa. “E anche se non riuscissimo a riportarli tutti indietro, il fatto stesso di essere bloccati a Lampedusa, funzionerebbe da deterrente per gli altri”.

Queste sono le idee di Kurz.  Se dovesse farcela, dopo le elezioni ad allearsi con i nazionalpopulisti dell’Övp, soprattutto per l’Italia sarà utile seguire attentamente quel che accade a Vienna.

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