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Ecco le ultime novità in casa Juventus

La Juventus ritorna al passato. Da un lato i bianconeri tornano a collaborare con Riccardo Agricola, per 24 anni medico sociale della Juve. Dall’altro Massimiliano Allegri diventa socio al 50% della Malpaso, una società che si occupa di gestire l’immagine di personaggi del mondo dello sport, quindi calciatori e allenatori, ma anche di artisti dello spettacolo.

I PUNTI DI CONTATTO TRA MALPASO E GEA WORLD

Le attività della società con sede a Cecina ricordano da vicino quelle della nuova Gea World. Nel 2006 la Gea, impresa che si occupava di curare gli interessi di diversi calciatori della Serie A, venne coinvolta nello scandalo Calciopoli. La società nella quale lavoravano Davide Lippi, figlio dell’allora ct della nazionale Marcello Lippi, e Alessandro Moggi, figlio di Luciano Moggi, venne assolta dall’accusa di aver commesso irregolarità nella gestione di calciatori. Nel 2013 la Gea World ha deciso di cambiare business e di dedicarsi solo al managing dei diritti di immagine e al mentoring. La Malpaso di Allegri è, dunque, una società di agenti per sportivi e artisti. In questa avventura lo accompagna Paolo Sodi, socio al 50% che ricopre anche l’incarico di amministratore unico della società.

IL RITORNO DI RICCARDO AGRICOLA

Riccardo Agricola nel 2009 lasciò l’incarico di medico sociale della Juventus sostenendo di voler “rallentare”. Oggi torna ad orbitare nel mondo bianconero con un nuovo incarico. Il suo ruolo sarà esterno alla società, sarà infatti direttore sanitario dello Juventus Medical Center, un centro medico di eccellenza nato da una partnership tra la Juventus e la Santa Clara Group, un’azienda sanitaria con sedi in Piemonte, la Lombardia e l’Emilia Romagna. La struttura sanitaria, pur non essendo di proprietà della Juventus, effettua le visite e le cure mediche ai suoi tesserati bianconeri. Inoltre la localizzazione geografica, giusto accanto al Museo della Juventus, e lo stile grafico che colora di bianconero i 3500mq sui quali si estende l’impianto rende bene l’idea della prossimità tra il centro e la squadra piemontese.
La notizia ha fatto un certo rumore perché nei primi anni 2000  Agricola, insieme ad Antonio Giraudo, all’epoca amministratore delegato della Juventus, furono coinvolti in un processo per doping uscendone assolti. Proviamo a ricostruire le tappe di quella vicenda conclusasi prima con un’assoluzione e una prescrizione che lascia qualche domanda.

DALLE ACCUSE DI ZEMAN ALLA PRIMA SENTENZA DI CONDANNA

Nel 2002 iniziò un processo che aveva come imputati Giraudo e Agricola. L’accusa, portata avanti dal pubblico ministero Raffaele Guariniello, era di frode sportiva mediante “somministrazione sistematica di eritropoietina” (altrimenti detta Epo) e mediante l’abuso di farmaci su atleti sani. Il Tribunale di Torino sostenne la tesi che la Juventus, dal 1994 al 1998, aveva “dopato” i suoi giocatori con l’Epo e altri farmaci, in parte vietati, in parte leciti ma solo per curare alcune patologie. L’indagine era partita da alcune dichiarazioni di Zdenek Zeman che nel 1998 affermò che il mondo del calcio era funestato dall’uso e l’abuso di farmaci illeciti. Il processo vide sfilare davanti ai giudici, in qualità di testimoni, calciatori del calibro di Antonio Conte, Zinedine Zidane, Ciro Ferrara, Fabrizio Ravanelli, Gianluca Vialli e Angelo Peruzzi. Nessuno di questi, però, ricordava che gli fossero state somministrate sostanze vietate. Nel 2004 la sentenza di primo grado assolse Antonio Giraudo perché le prove emerse in dibattimento erano “contraddittorie o insufficienti”, dunque non erano emersi inconfutabili elementi che dimostrassero che l’Amministratore delegato della Juventus fosse a conoscenza di ciò che faceva il medico sociale. Riccardo Agricola, invece, venne condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione per “aver sottoposto i giocatori a metodi doping proibiti e in particolare la somministrazione di specialità medicinali atte a stimolare l’eritropoiesi quali l’eritropoietina umana ricombinata a pratiche di tipo trasfusionali, ricorrendone il divieto dal luglio 1994 all’ottobre 1998”.

IL PROCESSO DI APPELLO, LA CASSAZIONE E LA PRESCRIZIONE

Nel 2005 il secondo grado di giudizio ribaltò le sentenze precedenti assolvendo sia Giraudo che Agricola. I magistrati non riuscirono a provare l’acquisto e la somministrazione di Epo in quanto i valori ematologici dei calciatori bianconeri erano simili a quelli della media nazionale. Inoltre l’uso di farmaci off label, ovvero l’assunzione di medicine anche in assenza di patologie da curare, non costituiva reato. La Corte di Cassazione nel 2007 annullò le assoluzioni dell’Appello ritenendo che la possibile somministrazione di farmaci potesse essere una violazione della Legge 401 del 1998, quella che tutela la “correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive”. La Suprema Corte, pur valutando la necessità di svolgere un nuovo processo, non poté procedere in quanto nel mentre era scattata la prescrizione per le ipotesi di reato in esame. Nel 2000 il vuoto normativo sarà colmato con l’introduzione della legge anti-doping anche nell’ordinamento italiano. “La nostra impostazione è stata confermata e convalidata dalla Suprema Corte, la richiesta accolta: i fatti contestati, pur prescitti, erano da considerare reato e sono stati commessi”, disse all’epoca dei fatti Guariniello. Lo stesso Agricola ammise che somministrare farmaci off label, che non costituiva reato, era pratica comune non solo alla Juventus ma anche in altre squadre. “L’utilizzo di tali farmaci era unicamente volto al reintegro di quelle che sono state eventuali riserve energetiche depauperate dall’insieme dell’attività sportiva del singolo giocatore”, disse Agricola commentando la sentenza: “Gli altri farmaci rispetto a una bomba come l’Epo sono pagliuzze, e ritengo di non aver commesso nulla d’illecito perché all’epoca erano tutte sostanze consentite oltre che innocue, tanto è vero che le somministravano i medici di qualsiasi società. Mi dispiace che analoghi comportamenti non siano stati perseguiti anche altrove o, se era una questione di territorialità, nella stessa città. Secondo me perché siamo la Juve: l’accanimento che ho subito si spiega col fatto che sono il medico di questo grande club”.

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