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Vi racconto le novità sui piani energetici della Cina

xi jinping, trump dazi Xinjiang

Recentemente ho usato la stagione del ‘cherry blossom’, ovvero la fioritura dei Sakura, i mitici alberi di ciliegi del Giappone, per raccontare ‘l’alleanza del tubo fra Russia e Giappone’ per costruire il gasdotto fra i due Paesi. E avevo sottolineato come questa soluzione arrivasse solo ora, vista la distanza da Sakhalin: ma è perché sono cambiate le condizioni geopolitiche sociali. Ai sudditi del Sol levante i 25 miliardi di mc/anno di gas naturale servono come le alghe nori, visto che la pressione sociale rimane forte per un completo phase out dal nucleare.

Usando la curiosità come un cannocchiale mi accorgo che nel Pacifico c’è una vera corsa al gas naturale: non dimentichiamo che continua a essere la fonte fossile più pulita, quella su cui si sta puntando per la transizione energetica. Vedasi per conferme i risultati e gli accordi della tanto citata COP21.

Ma se i giapponesi devono puntare sul gas per differenziare l’approvvigionamento, il dragone cinese deve farlo per vincere le sfide sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico. Per questo il presidente cinese Xi Jinping (in foto) si è dichiarato a favore degli accordi di COP21: anche il Partito del popolo ha sposato il gas naturale e quando il partito decide, il dragone inesorabilmente lo segue snodando il suo coloratissimo corpo.

I piani energetici legati al gas della Cina per il resto del decennio sono già pronti. Basta leggere le relazioni di Jing Wang, direttore della National Energy Administration (NEA) e Yao Li, CEO di SIA Energy presentate ad Amsterdam recentemente dove sono state discusse le crescenti necessità di gas della Cina come risposta all’esigenza di riduzione dell’inquinamento atmosferico. Un solo dato, impressionante: da oggi al 2030 la Cina prevede che la sua domanda di gas raddoppierà. Questo e molto altro emerge nell’interessante articolo del 19 giugno ‘China’s shift to gas’ su Natural Gas World.

E proprio per appagare questa fame, il dragone si è già accordato con l’orso russo sull’utilizzo della mega pipeline Power of Siberia, che permette oltre 38 miliardi di m/c di gas di fornitura. Le migliorie alle condotte di collegamento stanno procedendo per collegare i giacimenti della Russia orientale: in base agli accordi l’invio del gas sarà operativo a partire dal 2018. Basterà?

I dati dicono che il dragone non placherà la sua fame con questa fornitura. E continuerà a operare facendosi guidare dalla propria lungimiranza. Forse qui è il momento in cui entra in gioco Donald il cow boy, che grazie alle riserve di shale gas ha deciso di diventare esportatore e adesso vuole piazzare le sue botti di GNL.

Non risuonano a caso le parole, in salsa agrodolce, “relazioni molto molto buone”, ma anche i grandi sorrisi, con cui Trump ha accolto il presidente cinese Xi Jinping durante la visita negli Stati Uniti e ha accettato di ricambiare recandosi a Pechino. Anche perché se la stagione del cherry blossom è passata, il cammino del dragone è millenario.

Spostandoci verso ovest – ma poi neanche di tanto – lanciamo un messaggio ai naviganti: passando da un oceano all’altro, anche quello indiano comincia a mandare segnali di interesse per partecipare alla corsa all’oro azzurro. Alcune rotte (del Power of Siberia) sono state sicuramente oggetto al recentissimo SPIEF, il Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, dei colloqui tra Putin e Modi.

Infine, non sarebbe meglio se chi in Europa l’oro azzurro ce l’ha già cominciasse a estrarlo e a farlo fruttare? Ogni riferimento all’Italia è puramente voluto… Non serve, noi abbiamo gli chef migliori del mondo. E i fornelli come li accendiamo? C’è sempre l’orso russo che di gas da fornirci continua ad averne tanto.

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