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Usa e India, cosa divide e cosa unisce Trump e Modi

Domenica 25 giugno è iniziato un viaggio di due giorni per il premier indiano Nerendra Modi, che lo porterà anche a cena alla Casa Bianca per il suo primo incontro personale con il presidente Donald Trump. Senza abbandonare il suo amore per Twitter – ormai definitivamente la via preferenziale per conoscere gli umori della Casa Bianca – Trump ha commentato l’incontro dall’account ufficiale della presidenza (@Potus), che riserva per comunicazioni più istituzionali (quelle che forse un uomo incline all’efficienza rapida e alle posizioni di rottura considera più noiose).

AMICI VERI

“True friend”, definisce l’indiano, un vero amico, ma a leggere le analisi che sui quotidiani di Nuova Dehli hanno accompagnato il vertice le ambizioni sono piuttosto basse. Il meeting dovrebbe seguire un canovaccio classico, con questioni, diciamo così, solite: lotta al terrorismo, cooperazione economico-commerciale (già cresciuta di sei volte dal 2000 ad oggi), stretta sulla collaborazione militare (magari con qualche accordo di vendita da parte degli americani per rafforzare la sicurezza nell’Indiano: Dehli vuole i droni General Electrics per sorvegliare le sue rotte oceaniche), e poco altro ancora.

L’ELEFANTE NELLA STANZA

Il principale interesse indiano sarà avere qualche conferma sul cosiddetto regime H-1B, i visti di breve durata per i lavoratori di settori qualificati, come quelli dei software indiani, che sono un asset economico da 150 miliardi di dollari per Nuova Dehli e un vettore del suo soft power. Ogni anno 65 mila indiani vanno in America a beneficiare di questo programma, il massimo relativo per paese. Gli H-1B sono l’elefante nella stanza dell’incontro. Trump li considera ufficiosamente una sorta di furto al concetto molto America First “Buy American, Hire American”, vorrebbe modificarli (anche nell’ottica del programma di revisione dei rapporti con i paesi con cui gli USA sono in deficit commerciale; con l’India la bilancia conta 24 miliardi di dollari), ma per il momento la situazione è bloccata come lo sono i travel-ban (non riattivati da corti federali e finiti sulle cattedre della Corte Suprema per valutarne la costituzionalità). Sushma Swaraj, il ministro degli Esteri indiano, ha già detto che l’argomento sarà al centro dei colloqui, e che un dialogo è già aperto con i legislatori americani – un incontro tra Modi e 26 congressisti c’era già stato a marzo, con l’indiano che aveva sottolineato alla delegazione come i suoi connazionali sono “una spinta” per la crescita americana, e in quei giorni una specie di rassicurazione era arrivata anche dall’incontro con Satya Nadella, il Ceo di origine indiana di Microsoft, che aveva dichiarato che la sua carriera era frutto delle possibilità offerte dall’accoglienza americana. Una mano a Modi la sta dando anche l’azienda informatica Infosys, indiana operativa negli States, che ha già annunciato che per i prossimi anni (a questi ritmi) prevede almeno dieci mila assunzioni di lavoratori americani.

IL CLIMA

Il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi climatici di Parigi è un altro argomento caldo sul tavolo: l’India è un paese emergente (con un’economia che ancora corre al 7 per cento) e Modi sa che la posizione di Trump potrebbe creargli problemi in casa: innervosire chi vorrebbe altrettanto, quanto i produttori di pannelli di fotovoltaico. Fra i due paesi c’erano collaborazioni economiche in questo settore, chiuse dall’amministrazione Obama come parte dell’impegno americano per l’accordo. Ora che Trump ha fatto inversione a U, e che ha definito i paesi come l’India delle sanguisughe che hanno firmato a Parigi solo per ottenere “miliardi e miliardi di aiuti esterni”, il dossier collaborativo è formalmente congelato.

COS’HANNO IN COMUNE

Ma tra i due leader delle più grandi democrazie del mondo ci sono affinità di fondo. Il rapporto tra loro è un “bromance in developing” dicono i media americani, dove bromance è la parola usata per le relazioni omosociali, non sessuali, tra uomini: è in sviluppo perché ci sono miliardi di dollari che dipendono da questi rapporti in costruzione. Entrambi sono nazionalisti pro-business che hanno beneficiato anche di un’ondata populista di insoddisfazione tra i cittadini (i loro account Twitter segnano 30 milioni di follower: è un dato).

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