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Un consiglio non richiesto a Matteo Renzi

ballottaggi, MATTEO RENZI, Prometeia

A questo punto, se fossi in Matteo Renzi una capatina a Lourdes la farei.

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Non ricordo chi ha detto (forse Moliére) che le nostre azioni cambiano nome a seconda di quello che noi siamo socialmente. Comunque, è vero. Se un lavoratore autonomo paga le tasse si chiama contribuente onesto. Se le paga un lavoratore dipendente, si chiama contribuente e basta.

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Secondo Roland Barthes un caso giudiziario, al di sotto di un certo reddito, è un semplice fatto di cronaca. Perché ci sia scandalo. è necessaria una quantità minima di ricchezza (Mythologies, 1957). Nel caso Liliane Bettencourt, ereditiera dell’Oréal, che fu accusata dalla figlia di non essere nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali per aver donato al fotografo Fracois Bernier circa un miliardo di euro, quella ricchezza proviene da una fonte favolosa: i prodotti di bellezza. Tutta la loro pubblicità, osserva Barthes, è fondata su una sorta di rappresentazione epica dell’intimo. Suoi imperativi categorici sono: pulire in profondità, eliminare in profondità, nutrire in profondità, insomma infilarsi nella pelle a qualunque costo. Lo sporco così non è più strappato dalla superficie, ma espulso dai nidi più segreti La Francia è oggi in gran fregola di pulizia.  Passando dalla cosmesi del corpo alla cosmesi della politica, le strategie di marketing di Emmanuel Macron, in fondo, sono le stesse.

 

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Un mio amico imprenditore che la conosce bene mi ha raccontato la storia di Seagram, su cui vale la pena riflettere. Un tempo Seagram era la più grande compagnia di distillazione al mondo. Fondata nel 1857 a Waterloo, nell’Ontario, viene comprata nel 1928 dalla famiglia Bronfman. Grazie a una politica commerciale spregiudicata e approfittando della propria origine canadese, durante il periodo del proibizionismo la società conquista un terzo del mercato americano. Febbraio 1933: il diciottesimo emendamento, che vietava produzione, vendita e trasporto di liquori, viene abrogato. Il consumo di alcool ridiventa legale e i profitti di Seagram salgono vertiginosamente. I mezzi finanziari giganteschi di cui dispongono consentono ai Bronfman di diventare azionisti di riferimento del colosso chimico Du Pont de Nemours. La fama di Edgard M. Bronfman, dal 1971 patron della famiglia, sale alle stelle.  Presidente del World Jewish Congress, è lui a concludere la trattativa che portò allo storico accordo con le banche svizzere per la restituzione (parziale) dei beni sottratti agli ebrei durante il nazismo. Il destino gli sarà però avverso.

 

Suo figlio Edgard jr, dopo qualche fallimentare esperienza come compositore e produttore musicale, viene misteriosamente nominato Ceo del gruppo. Siamo a metà degli anni Novanta. Dopo qualche anno, il giovane rampollo rivende a Du Pont de Nemours le azioni dell’azienda in suo possesso (si calcola che oggi varrebbero oltre trenta miliardi di dollari) per realizzare il suo sogno: acquistare Universal Studios. Certo, il cinema è divertente mentre la chimica è noiosa. Solo che di solito è un pessimo businnes. Non pago, compra anche Polygram, leader mondiale della musica, esattamente un minuto prima che la rivoluzione digitale ne azzerasse i ricavi. Si mette allora in affari con un socio ancora più stravagante: Jean Marie Messier, Pdg (presidente e direttore generale) di Vivendi, quella stessa Vivendi che ora sta scalando Telecom Italia e Mediaset, che poi altro non è che la vecchia Générale des Eaux.

 

I due decidono di convolare a nozze in una fusione che imploderà in pochi mesi, con una perdita del 90 per cento circa del valore delle azioni. Un disastro che richiederà un salvataggio organizzato dall’amministratore delegato di Axa Jean Claude Bébéar, esponente di spicco dell’establishment francese. Messier viene licenziato in tronco e gli spirit di Seagram (marchi come Chivas Regal, Crown Royal, Captain Morgan, Martell, The Glenlivet e molti altri) vengono venduti a prezzi stracciati a due multinazionali del settore, Diageo e Pernod Ricard. La memoria di quella che è stata una delle etichette più celebri su scala planetaria è ora affidata solo al Seagram Building, che resta uno dei grattacieli più belli di New York. Si conclude così la storia di un clamoroso fallimento del family business made in Usa. Da meditare, anche pensando a quelli made in Italy.

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