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Dov’è finito il Califfo?

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Dov’è finito il Califfo? La domanda è legittima, considerato che il territorio che al-Baghdadi governava fino a poco tempo fa è sotto assedio da più fronti, con il caposaldo iracheno di Mosul – dove avvenne la famosa proclamazione di Baghdadi a califfo di tutti i musulmani – prossimo ormai alla definitiva liberazione e la capitale siriana di Raqqa accerchiata dalla coalizione curdo-araba sostenuta dagli americani.

Ha fatto molto scalpore sabato la notizia secondo cui il califfo sarebbe morto sotto un bombardamento della coalizione alleata a Raqqa, ma si trattava di un rumor che non ha trovato conferme in nessun medium ufficiale, nemmeno la tv di stato siriana a cui era stata attribuita la notizia. Qualcuno ha anche parlato di bombe al fosforo bianco, e di foto che illustrano il cadavere del capo dell’ISIS, ma anche qui siamo più nel campo delle fake news che della realtà.

È più probabile invece che al Baghdadi si nasconda da qualche parte nelle migliaia di chilometri quadrati di deserto a cavallo tra Siria ed Iraq dove operano le forze residue del califfato, appena ottomila uomini sebbene determinati a morire fino all’ultimo uomo per la causa. Sebbene circondato dalle tribù che gli sono rimaste fedeli, Baghdadi si muove con estrema circospezione, ben sapendo quanto possano fare gola i 25 milioni di dollari di taglia sulla sua testa. Per questo motivo, Baghdadi ha ridotto di molto il circolo di persone che ha il privilegio di parlare con lui, sembra avere una scorta di non più di due uomini, più l’autista, e spostarsi su auto ordinarie come quelle usate dai contadini della zona. Naturalmente non usa telefoni, e ha a propria disposizione un numero limitato di corrieri con cui comunicare con i suoi principali aiutanti, Iyad al-Obaidi, ministro della difesa, e Ayad al-Jumaili, capo della sicurezza.

Difficile dire se il cerchio intorno a Baghdadi si stia chiudendo davvero. Nonostante i successi delle forze che contrastano il califfato, ISIS controlla ancora una porzione rilevante di territorio e gode della fiducia di parte della popolazione che considera i liberatori più pericolosi di chi li ha governati sino ad oggi. La caccia a Baghdadi in queste condizioni potrebbe durare anni (bin Laden insegna), anche se gli americani hanno messo in campo gli strumenti più avanzati a loro disposizione: un’intera task force composta da forze speciali, dalla CIA, altre agenzie di intelligence più un certo numero di satelliti spia.

L’ultimo resoconto su Baghdadi risale al 13 febbraio, quando l’esercito iracheno sostenne di averlo ucciso in un raid aereo in una cittadina dell’Iraq occidentale, nei pressi della Siria, dove si stava tenendo una riunione di alti comandanti del califfato. Notizia presto smentita dai media internazionali. L’ultima volta in cui invece Baghdadi si è fatto vivo è stato a novembre, all’inizio delle operazioni alleate per liberare Mosul, quando il califfo esortò i seguaci a combattere gli “infedeli” e a “far scorrere il loro sangue come fiumi”.

Anche se fosse destinato a rimanere alla macchia per anni, è probabile che il califfo tornerà presto a farsi sentire, con un messaggio video o audio, anche per mantenere alto il morale delle sue truppe e per non indebolire l’immagine del gruppo. A quel punto, potremo dire con certezza che l’uomo più ricercato del mondo è ancora vivo.

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