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Pietro Grasso, le regionali in Sicilia e la resurrezione del Nazareno

“È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”. Scritta nel 1817, questa frase di Goethe viene da allora citata almeno tre volte l’anno da prefetti, politici ed opinionisti per spiegare fatti e retroscena riguardanti elezioni, nomine di vertici istituzionali, cambi di maggioranze, inchieste antimafia o il contesto del Mediterraneo e dintorni.

Ereditata da Federico II°, la metafora della Sicilia laboratorio politico ha in effetti determinato tutte le svolte della Repubblica: nel 1958 il governo Milazzo e l’inedita maggioranza destra-sinistra che escludeva la Dc; nel 1961 il primo centro sinistra; nel 1976 l’anteprima del compromesso storico Dc-Pci; fra il 2013 e il 2015 l’elezione dei palermitani Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica e Pietro Grasso alla presidenza del Senato, le prime due cariche dello Stato; nel 2017 la conferma del metodo Orlando, ovvero dell’effetto Macron anticipato di ben 32 anni.

L’elezione per la quinta volta a sindaco di Palermo di Leoluca Orlando amplifica la centralità del laboratorio politico siciliano e offre una via d’uscita per scongiurare il rischio di uno tsunami grillino alle politiche.

La scelta, ormai data per scontata, di Grasso a candidato per la presidenza della Regione Siciliana nelle elezioni del 5 novembre, consente infatti di aggregare una maggioranza formata non soltanto dai partiti di centro sinistra, il cui ruolo viene anzi ridimensionato, ma di dar vita ad una maggioranza spontanea che si riconosce in un esponente della società civile cooptato dalla politica, ma che è rimasto al di sopra delle parti.

La clamorosa esclusione da tutti i ballottaggi, la resa dei conti al veleno del dopo amministrative e il disastroso bilancio di un anno di Virginia Raggi al Comune di Roma, hanno incrinato le chance del M5S per la conquista di Palazzo d’Orleans, la sede del Governo siciliano. Conquista che avrebbe aperto ai grillini anche le porte di Palazzo Chigi.

Nel complesso sistema simile a quello delle scatole cinesi in cui si è in gran parte adagiata la politica italiana, la candidatura simbolo di Pietro Grasso in Sicilia potrebbe così ribaltare, per il Pd di Matteo Renzi e per i moderati, una situazione resa oltremodo difficile dall’esito del referendum e dal convulso epilogo delle legge elettorale.

Purché ovviamente a Roma il numero degli autogol del Nazareno sia inferiore alle reti messe a segno nella partita di Palermo dalla squadra di Grasso…

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