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Chi e come dichiara guerra agli establishment in tutto il mondo

Angelino Alfano

Cosa hanno a che vedere le guerre in Medio Oriente, il caos politico dilagante nell’Africa del Nord, Donald Trump che vince negli Usa, Grillo e Salvini che si scoprono in sintonia sullo ius soli? Apparentemente nulla. Maurizio Molinari invece, direttore de La Stampa, giornale per cui per tanti anni è stato inviato negli Stati Uniti, nel suo nuovo libro “Il ritorno delle tribù” (Rizzoli) trova un file rouge che lega tutti questi eventi, e restituisce al lettore un quadro più chiaro dei sommovimenti politici e sociali che scuotono il mondo contemporaneo. Stiamo assistendo alla dissoluzione delle entità statali e delle identità nazionali, al fallimento e al disgregamento delle vecchie elites per far spazio a realtà più piccole e dinamiche, per l’appunto le tribù. Lunedì alla Camera di Commercio di Roma Molinari ha presentato il suo libro assieme alla giornalista Lucia Annunziata e al ministro degli Esteri Angelino Alfano.

Doveva trattarsi di un evento tutto dedicato al contenuto del libro, e invece si è trasformato in un acceso dibattito che ha visto Alfano incalzato di continuo dall’Annunziata e dall’autore del volume, che ha confidato soddisfatto come non ci sia “nulla di meglio per uno scrittore di veder nascere un dibattito dal proprio libro”. Un libro che non vuole essere l’ennesimo tentativo di racchiudere la realtà geopolitica in ormai superate categorie sociologiche, ma mettere al servizio l’esperienza di reporter del giornalista per trovare una chiave di lettura degli sconvolgimenti geopolitici del nostro tempo. A partire dal Medio Oriente, dove l’Iran e l’Arabia Saudita, legati da un’inimicizia storica, si trovano ora in decadenza, l’uno perché, spiega l’Annunziata, “c’è ormai un elemento di democrazia nascente, una democrazia che il popolo iraniano richiede”, i sauditi invece per l’inesorabile declino del monopolio petrolifero. Ma il caso più lampante resta quello libico, dove raggiungere un governo di coalizione nazionale sembra sempre più un’impresa chimerica, a cui forse solo le numerose tribù del paese potranno far fronte dall’interno.

Il nuovo tribalismo, per Molinari, è sia causa che frutto dei cambiamenti radicali nelle società contemporanee. A Oriente come a Occidente, quel che accomuna le nuove tribù è la lotta senza compromessi all’establishment, allo Stato così come lo conosciamo e alle istituzioni che lo reggono in piedi. Così se la crisi economica e la disoccupazione sono alla base della nascita della grande tribù bianca americana dietro all’elezione di Trump, guidata da una classe media in rivolta contro l’America multiculturale di Barack Obama, la crisi migratoria è sia frutto della disgregazione statale in Africa e in Medio Oriente, sia causa degli sconvolgimenti politici nel vecchio continente.

E proprio sull’immigrazione si è soffermato il dibattito della presentazione, un tema inevitabilmente caldo mentre in aula a Montecitorio si discute dello ius soli, il diritto alla cittadinanza per gli stranieri che nascono in Italia. Sulla scia delle polemiche anti-immigrazione si sono ritrovati spalla a spalla i due partiti politici “populisti”, il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord. “C’è un collegamento tra lo jihadismo e il populismo, tra la decomposizione degli stati nazionali in Oriente e in Occidente” sostiene il direttore de La Stampa, “questo collegamento sono i migranti, che arrivando in massa alimentano la reazione dei populisti”.

Ma se l’immigrazione è frutto della dissoluzione delle entità statali africane e mediorientali in tribù, allora “lo ius soli è un riflesso tribale”? chiede Lucia Annunziata ad Alfano. “Lo ius soli risponde a una domanda esistenziale, il bambino che nasce in un territorio ha diritto alla cittadinanza. Io sono sempre stato a favore dello ius culturae, l’Italia non può essere una sala parto per chi viene, fa un figlio e se ne va”. Poi però il ministro rivela: “Se questo provvedimento arriverà ad una fase definitiva voteremo si”. “Per evitare la crisi?” incalza maliziosamente il direttore di Huffington Post Italia, “No, non è la prima lettura, alla Camera abbiamo già votato di si e voteremo di si al Senato con dei correttivi” la difesa di Alfano, che aggiunge: “Discutere dello ius soli nel bel mezzo delle amministrative e nel pieno degli sbarchi è stato il miglior modo per non affrontare una materia così delicata”.

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