Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Matteo Renzi, un leader (ancora per poco) senza partito

MATTEO RENZI, germanellum

Silvio Berlusconi è risorto, Matteo Salvini si sente già in paradiso, per i grillini la lunga marcia verso il cielo è inesorabile. A Matteo Renzi servirebbe un miracolo per rimettersi in pista. Saranno pure state elezioni locali, ma il Pd ne esce con le ossa rotte. Cosa ci riserva il futuro nemmeno il mago Otelma saprebbe predirlo, ma alcune cose sono chiare. Il centrosinistra non c’è più, e Renzi è diventato un interlocutore scomodo per qualunque alleanza a sinistra. Il centrodestra vince, ma non c’è ancora come alleanza, perché a livello nazionale Salvini rischia di essere troppo scomodo per Berlusconi, che guarda di nuovo ad Angela Merkel e al Ppe come riferimento europeo. Il travaso dei voti verso il centrodestra, e in particolare verso la Lega, viene visibilmente dal bacino elettorale grillino: un dato che riapre un grande interrogativo sulle sorti stesse della democrazia italiana. Fermerei l’attenzione su questo punto.

Pubblicato nel 1935 a Zurigo, “Eredità del nostro tempo” di Ernst Bloch è un magistrale saggio storico-sociologico sul crollo della Repubblica di Weimar e sull’avvento del nazismo. La sua introduzione si intitola non a caso “Polvere”. La metafora centrale del libro è infatti la polvere, che la piccola borghesia in rovina solleva nell’aria e che si diffonde rapidamente in tutto il Deutsches Reich. Potenze della polvere sono la distrazione e l’inebriamento di massa, le due categorie interpretative di cui si serve Bloch per esaminare l’ascesa di Hitler. Sotto la scura polvere che si alza in un’atmosfera cupa e minacciosa, non c’è una via d’uscita. Il finale, quindi, è già scritto. Mentre l’operaio senza lavoro non guardava più a Mosca, l’impiegato disoccupato si affidò al Führer. In Europa, nei primi decenni del Novecento, la rabbia e la paura dei ceti medi impoveriti furono catturati e addomesticati da regimi totalitari.

Oggi la situazione è ovviamente assai diversa, ma una domanda resta la stessa: quale può essere lo sbocco politico della ribellione di una classe media in declino, che si tinge per giunta di colori razzisti e xenofobi? Passando a noi, c’è allora da essere fortemente preoccupati per la crescente convergenza tra il populismo di Salvini e quello di Grillo, un mix di rivolta luddista e sovversivismo sociale. Nelle sacre rappresentazioni dei due leader, gli abiti di Satana sono identici. Possono essere, a seconda delle circostanze, lo stato dei padroni, la casta dei politicanti, la grande finanza, il complesso militare-industriale, i poteri forti, la massoneria, gli incontri annuali di Bildemberg e quelli della Trilaterale. Nulla di scandaloso, perché il populismo non è un’ideologia, ma una sindrome basata su due radicate convinzioni: che il popolo sia depositario della verità e che sia, insieme, vittima di raggiri, inganni, persecuzioni. In questo senso, si può ben dire che il populismo è una religione neopagana in cui il Popolo è Dio, un Dio che adora se stesso. Sul fuoco del populismo, poi, soffia la Rete, vale a dire il maggior simbolo della modernità. Grazie al web i Di Maio e i Sibilia lanciano le loro crociate contro i signori della Terra, che tessono incessantemente i loro complotti per meglio dominare il mondo degli umili, dei deboli, dei servi della gleba. Mancano le prove e i documenti, ma che importa? La loro assenza, per questi seguaci a loro insaputa dell’esoterismo di Madame Blavatskij, è la migliore conferma che il Male agisce di nascosto.

Tuttavia, guardando agli ultimi risultati elettorali nei principali paesi dell’Unione europea, è innegabile che le spinte populiste siano state arginate e, in qualche misura, assorbite. Mancano ancora all’appello delle urne la Germania e l’Italia. Purtroppo, nella nostra penisola non c’è la Cdu d Merkel. Metà dell’elettorato italiano è ormai attestato su posizioni apertamente fascistizzanti (M5s, Lega e satelliti). Può darsi che il sistema proporzionale con cui andremo a votare liberi Silvio Berlusconi dall’abbraccio mortale con il suo scomodo alleato, e questa sarebbe una buona notizia. D’altro canto, però, il sistema proporzionale non rende solo difficile l’insediamento di un inquilino a Palazzo Chigi, ma costituisce un formidabile moltiplicatore delle pulsioni plebiscitarie che allignano nella società domestica.

Per ora dobbiamo registrare soltanto insulse prediche moraleggianti contro il qualunquismo da osteria e la violenza verbale (e talvolta fisica) che impazzano nella lotta politica, e soltanto fiacche censure dell’isteria collettiva che dilaga nei blog contro il sapere scientifico e la democrazia parlamentare. Inoltre, siamo costretti ad assistere -sconcertati e impotenti- alla marea montante degli appetiti clientelari e alla guerriglia, che si manifesta in forme sempre più aggressive, delle mille corporazioni in difesa dei propri privilegi e delle proprie rendite speculative. Il governo Gentiloni sta facendo ciò che può, ma ciò che può è poco. Per altro verso, il Pd balbetta. Il suo segretario si affida a Prodi Vinavil, ma per attaccare cosa ancora non è chiaro. La riforma della pubblica amministrazione è un fantasma (lo sanno bene gli sfollati delle regioni terremotate). La gestione delle crisi bancarie è stata disastrosa. La sacrosanta battaglia sullo jus soli è stata condotta con i piedi. L’europeismo riluttante di Renzi è ormai stucchevole. L’ex premier continua a perdere consensi (non solo tra i giovani), ma sembra non curarsene. Raramente gli ho sentito pronunciare la parola operaio o povero. Emanuele Macaluso ama ripetere che il Pd non è un partito, ma un agglomerato politico-elettorale. Forse ha ragione, ma non è solo questo il punto. La verità è che ancora non si capisce (almeno chi scrive non capisce) cosa voglia fare da grande: rilanciare la sua vocazione maggioritaria (ma con un progetto che sappia parlare a tutti gli italiani e un gruppo dirigente degno di questo nome), seguendo le orme di “République en marche” di Macron, o acconciarsi mestamente alla riedizione di un Ulivo in sedicesimo con Giuliano Pisapia?

×

Iscriviti alla newsletter