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Ecco cosa chiedono gli Emirati Arabi Uniti a Donald Trump contro il Qatar

Gli Stati Uniti dovrebbero prendere in considerazione lo spostamento della grande base aerea di Al Udeid dal Qatar, ha detto l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti a Washington, Yousef al-Otaiba, chiedendo all’amministrazione Trump di usare la propria influenza per ulteriori pressioni Qatar sul presunto supporto a gruppi terroristici islamici. Gli emiratini sono in prima fila, insieme ai sauditi, nella campagna di isolamento diplomatico decisa da diversi Paesi del Golfo contro il Qatar, accusato di finanziare l’estremismo islamico. La mossa di Riad e Abu Dhabi contro Doha ha avuto l’incoraggiamento diretto del presidente americano Donald Trump, ed è stata probabilmente favorita da un sostegno informale emerso durante la visita dell’americano di due settimane fa. L’accusa sul terrorismo, è considerata una copertura formale a malumori covati dai sauditi nei confronti del Qatar, diventato ormai una potenza con postura indipendente (e anche dialogante con l’Iran).

L’invito di Otaiba è arrivato il giorno prima dell’annuncio del contratto miliardario per la fornitura di jet da combattimento F-15 americani al Qatar, siglato ufficialmente dal capo del Pentagono mentre ricordava l’importanza della collaborazione tra Washington e Doha dal punto di vista militare. Ad Al Udeid c’è l’hub del CentCom, il comando della Difesa che si occupa di Medio Oriente e Asia Centrale, che coordina quindi tutte le campagne militari contro l’Isis, dall’Iraq alla Siria, e quelle complesse contro i talebani in Afghanistan. La base ospita i bombardieri strategici B-52 della storica 379th Air Expeditionary Wing, i super tecnologici F-22 quando vengono spinti in missione, e ospita 10 mila soldati americani in continua attività operativa.

Tecnicamente, spiegano gli esperti militari, è quasi impossibile spostarla: per questo Otaiba suggerisce di alleggerire la presenza spostando soltanto alcuni reparti, e offre le disponibilità emiratina a farsi ospite di nuove unità da aggiungere a quelle già presenti, ricordando i nuovi accordi di collaborazione con gli americani siglati lo scorso mese. “Se voglio essere onesto, penso che un’azione regionale non è stata presa contro il Qatar è a causa della base aerea”, ha detto Otaiba: “La base aerea è una polizza di assicurazione [per il Qatar] contro qualsiasi ulteriore pressione”. Per Doha l’imponente presenza americana all’interno del proprio territorio è un asset strategico di primo piano.

Otaiba è noto per avere ottime entrature nella cerchia di potere dell’amministrazione Trump. Il link è rappresentato, come per gli altri emiratini a cominciare dal principe ereditario Mohammed bin Zayed (uno dei mossieri dell’isolamento del Qatar), da Jared Kushner, il genero-in-chief, fidato consigliere del presidente. Due settimane fa, però, l’Huffington Post americano ha ottenuto delle email private in cui l’ambasciatore mediorientale commentava live i risultati delle elezioni di novembre scorso con Rob Malley, che con l’amministrazione Obama ricopriva il desk Medio Oriente nel Consiglio di Sicurezza nazionale. “In che pianeta Trump può fare il presidente?”, scriveva Otaiba in una mail.

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