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Vi racconto il sogno di Marco Travaglio del Fatto Quotidiano sulle nozze Grillo-Bersani

Travaglio è la vera testa politica del grillismo. Aspira a fare del Fatto Quotidiano la nuova Repubblica del ventennio del nuovo secolo, al servizio di un’operazione strategica: lo sdoganamento dei 5 Stelle e la loro trasformazione in una forza che “può andare al governo”. Come Repubblica negli anni 90 del vecchio secolo, Travaglio costruisce il Nemico: per il giornale di Scalfari era il berlusconismo, per Travaglio è il renzismo.

Travaglio ha illustrato ieri su Il Fatto la strategia e la tattica, un lodo diremmo, il suo lodo per portare i 5 Stelle al governo: trasformarli in forza politica che fa alleanze. Farli diventare adulti. Per Travaglio il problema italiano è “parlamentarizzare l’ansia di cambiamento degli elettori dei 5 Stelle”. Che, malgrado attacchi ed errori, sono, secondo lui nei sondaggi, primo partito “ad un passo da Palazzo Chigi” e avranno, però, bisogno di voti in Parlamento per raggiungerlo.

Travaglio indica ai grillini la soluzione: fare appello alla sinistra per costruire una maggioranza. A parti rovesciate Grillo dovrebbe fare, dice Travaglio, come Bersani nel 2013: proporre un governo di “cambiamento” con l’appoggio della sinistra. Fare, dunque, nel 2018 quello che Grillo non consentì a Bersani nel 2013. Facendo un errore storico: aprì le porte al Nazareno e al renzismo, “con la regia di Napolitano”, il nemico.

Ora che al Quirinale Napolitano non c’è più l’operazione, secondo Travaglio, può ritornare realistica e possibile. Ma quale sinistra può consentire una tale operazione e fare una maggioranza con i 5 Stelle? Travaglio è chiaro: una sinistra che non può essere, ovviamente, Renzi, il nuovo Berlusconi. Ma nemmeno può essere quella unitaria di Prodi o Pisapia (un po’ baluba ai suoi occhi), che sognano il “campo di centrosinistra”. E allora? Ecco Bersani. E’ l’uomo giusto: propose questa stessa operazione nel 2013; è quello che ha sdoganato l’idea dei Stelle al governo definendoli il “nuovo centro”, una “forza arrabbiata di centro”; non è la sinistra antica e piccista di D’Alema che ancora straparla di “autosufficienza”.

Bersani, secondo Travaglio, è più moderno di D’Alema: non giudica più proponibile la versione riformista della sinistra di 20 anni fa, quella del blairismo e del clintonismo (era l’idea-forza di Veltroni e della nascita del Pd); parla il linguaggio della nuova sinistra populista e protezionista, quella dei Corbyn, dei Sanders, dei Mélenchon; propone una strategia “pragmatica”, non ideologica ma di “cose da fare”. Ecco il Bersani che Travaglio propone come traghettatore del M5S al governo.

Per me la costruzione di Travaglio è realistica ed, anche, inconfutabilmente fondata. E Bersani, indubbiamente, nella pletora dei blatanti e blateranti del mito dell’Ulivo, si distingue per incisività e consapevolezza dei limiti di quella mitologia di sinistra ulivista. Ecco il disegno di Travaglio. Ha un corollario: presuppone che a sinistra ci sia la definitiva sanzione della divisione in due liste, quella del Pd e quella di un MdP egemonizzato da Bersani. Ne prendano atto Prodi e Pisapia e Orlando. Io propongo di opporre al “lodo Travaglio” un lodo Renzi, anzi un lodo Pd: “dialoga con il Pd chi esclude, anche in linea di principio, qualunque intesa postelettorale con i 5 Stelle”. E’ quello che Orlando chiede verso la destra. Lo chieda anche verso il “nuovo centro arrabbiato” di Grillo e compagni. E vediamo cosa risponderà l’MdP di Bersani. Oppure Orlando non esclude, neppure lui, che si possano preferire Di Maio e Di Battista.

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