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Popolare di Vicenza e Veneto Banca, cosa chiedono azionisti e obbligazionisti

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan non ha dubbi: rimessa in carreggiata la quarta banca del Paese, Mps, rilevate le due banche venete da Intesa Sanpaolo che non ha problemi di credibilità “non ci sono altri focolai di crisi”, ha dichiarato, il 5 luglio, a dieci giorni dalla pubblicazione del decreto con cui vengono salvate Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

Salvate le banche, ma non azionisti e obbligazionisti subordinati (specie quelli che hanno comprato i bond delle due venete non da Popolare di Vicenza e Veneto Banca, come rimarcato da alcune lettere di bondisti pubblicate da Formiche.net). Se ne è parlato due giorni fa nel corso della puntata di Cuore e Denari su Radio24, che potere ascoltare qui, dal minuto 30. E se ne è parlato senza fare sconti, rilevando sia nel caso Mps – le cui procedure di ristoro e indennizzo degli obbligazionisti sono state rese noto il 5 luglio – che in quello delle venete, “situazioni paradossali – ha detto Nicola Borzi, giornalista di Plus24, il settimanale del Sole 24 Ore – come quella degli azionisti che hanno sottoscritto gli aumenti di capitale di Mps tra il 2012 e il 2015, tre per 10 miliardi, aumenti di capitale su cui secondo la Procura di Milano e la Consob ci sono state discrepanze tra quanto scritto a bilancio civilistico e quindi a prospetto, rispetto alla rappresentazione dei derivati Alexandria e Santorini, che erano presentati come Btp e Btp non erano. Mi domando perché allora chi ha sottoscritto quegli aumenti di capitale non possa essere ristorato”. Domanda legittima visto il tratto ingannevole del collocamento.

Domanda che rimarrà senza risposta come quelle relative alle misure per la liquidazione delle venete, che presentano, sempre secondo Borzi, alcune pecche: “Sarebbe bastato introdurre il rimborso degli obbligazionisti senior al prezzo di acquisto e non a 100 per evitare la speculazione anche ingente visto che i corsi dei titoli senior erano scesi anche a 65. Pagando il prezzo di acquisto si sarebbe evitato che lo Stato rimborsasse questa speculazione e nessuno avrebbe perso nulla. Inoltre, il decreto ha vietato il ricorso alle procedure concorsuali che, se ci fossero state, avrebbero comportato la bancarotta preferenziale a carico di Intesa che sta acquistando tutto il buono delle venete lasciando tutto il marcio alle bad bank. Ora qualcuno avrà buon gioco in sede processuale a dire che non ci sono i reati connessi a quelle procedure concorsuali: tradotto, non c’è la bancarotta fraudolenta verso chi ha portato questa situazione e quindi Zonin e Consoli la sfangheranno”.

Invece azionisti e obbligazionisti di Pop Vicenza e Veneto banca dovranno passare, per recuperare ciò che a loro spetta di diritto, attraverso procedure simili a quelle seguite dai danneggiati delle quattro banche risolte a fine 2015, Banca Etruria, Banca Marche, Chieti e Cari Ferrara. “Potranno rivolgersi al Fondo interbancario di tutela dei depositi e ricorrere all’indennizzo forfettario per recuperare l’80% delle obbligazioni i bond holder con certe caratteristiche – ha spiegato l’avvocato Letizia Vescovini – ovvero, patrimonio inferiore a 100mila euro e reddito sotto i 35mila euro. Per questo primo passaggio il termine di presentazione delle domande è il 30 di settembre”. Una manciata di settimane, mentre i tempi di indennizzo sono decisamente più lunghi: “Per le quattro banche siamo oggi alla domanda 12mila e ce ne sono moltissime da esaminare”, continua Vescovini, che mette in guardia sulla procedura alternativa, quella per chi non ha le caratteristiche appena descritte: “Per chi non ha i requisiti è previsto l’arbitrato: perché si avvii si sta attendendo il comunicato che arriverà entro il 30 luglio e attraverso cui si proporrà agli azionisti questa misura per cui si avrà un termine di 4 mesi. L’arbitrato è una procedura complessa in cui è necessario articolare le violazioni del Testo unico della finanza e dei regolamenti Consob, per dimostrare che è mancata la necessaria la trasparenza. Ma in questo caso il Fondo si costituisce con una sua memoria ed è possibile l’intervento della vecchia e della nuova banca. Quindi l’investitore è accerchiato e inoltre la prova è documentale, il che richiede che ci si attivi e per tempo ed è assolutamente consigliata l’assistenza di un legale. Infine, la procedura di liquidazione coatta prevede per azionisti e obbligazionisti esclusi dalle misure di ristoro di dichiarare il proprio credito entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto, quindi il 24 agosto. Consiglio di produrla, anche in questo caso facendosi assistere anche se non è detto che porti a un risultato”. E, a monte, il decreto prevede che venga rimborsato solo chi ha comprato in contropartita diretta con l’istituto emittente entro giugno 2014. Molte condizioni, troppe, in casi in cui sono stati accertati e sanzionati migliaia di casi di riprofilature opportunistiche della Mifid di piccoli azionisti alla vigilia della sottoscrizione di aumenti di capitale e casi in cui i risparmiatori sono stati obbligati a comprare azioni in cambio della concessione di mutui, le cosiddette operazioni “baciate”.

Per quanto riguarda i piccoli azionisti, il modo in cui vengono bypassati dal decreto è stato contestato anche dal Movimento Consumatori che sostiene attraverso le parole di Paolo Fiorio, avvocato del direttivo, che “il decreto non tutela la maggior parte dei piccoli azionisti che non sono speculatori ma danneggiati, vittime di illeciti gravissime per una vendita di azioni fuori dalle regole come accertato da Consob. Questo decreto consente che le attività delle due venete vadano a Intesa escludendo il passaggio dei debiti relativi alla vendita fraudolenta delle azioni. Parliamo della posizione delle vittime che rimarrebbero con il cerino in mano o con tempi di liquidazione lunghissimi. Chiediamo che gli azionisti danneggiati possano far valere le loro azioni nei confronti di Intesa e auspichiamo che il parlamento modifichi il decreto su questo punto e individui soluzioni per garantire ristoro in tempi rapidi agli azionisti”.

Ciò detto, il richiamo a una maggiore attenzione da parte di chi investe, è necessario: “Non si può investire e poi disinteressarsi e non si deve seguire pedissequamente i consigli di chi è in conflitto di interessi – ha precisato Borzi – Poi c’è un tema generale di informativa non corretta di chi per esempio a livello istituzionale politico aveva detto che Mps era risanata e investire ai prezzi a cui era arrivata l’azione fosse un affare perché c’era del valore nella banca. E a monte c’è il tema della Vigilanza. Prendiamo il caso dell’aumento di capitale del 2014 di Vicenza congegnato in raccolta di tre obbligazioni, una subordinata convertibile, una convertibile e un titolo non negoziabile più 300 milioni in azioni finanziabili anche attraverso prestiti della banca ai soci che volevano aderire. Bene, sono stati stati prodotti 16 documenti, per migliaia e migliaia di pagine più le integrazione periodiche continue. Documenti su cui Consob scriveva che non rispondeva della validità delle cifre. Una sentenza della Cassazione a fine 2016 ha riconosciuto responsabilità di Consob per omessa vigilanza”.

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