Nel cuore dell’Europa industrializzata due giorni dedicati al G20. Una leggenda metropolitana che riconosce ai potenti del mondo un dialogo e una speranza risolutiva nei confronti dei grandi temi del XXI secolo e che vede nel padrone di casa, Angela Merkel, una chiara, anche se incongruente, figura risolutrice di perplessità ormai consolidate: dai rapporti con gli Stati Uniti e la sua presidenza, alle nuove sfide economiche come il cosiddetto progetto Marshall targato “made in Germany” nei Paesi africani, la crisi migratoria e climatica e le nuove prospettive con l’estremo oriente con Cina e Giappone. Tanti temi che acuiscono lo scontro dialettico alla base di tutte le sfide, tra neoprotezionismo americano ed espansionismo “destabilizzatore” russo, tra fine del processo di globalizzazione euroamericano e rilancio di un nuovo globalismo a traino invece euroasiatico, la sfida etica nei confronti del sud del mondo tra migrazioni e sviluppo condiviso nelle zone più in difficoltà.
A beneficiare delle proposte dell’American First e della Brexit sono i mercati orientali che si candidano a costruire un nuovo modello economico, un nuovo fattore per arginare la politica trumpiana e i suoi derivati. Una mossa quindi che, secondo gli analisti, comporta, insieme al Ceta, di potenziare la competitività europea e le possibilità di sviluppo nella condivisione di un benessere che favorisca i cittadini, tuteli il libero scambio e avvicini nuovi attori al tavolo delle trattative non solo economiche ma anche valoriali in termini di diritti e visioni del mondo per mettere le basi per la costruzione di un nuovo paradigma.
Un’apparente boccata d’aria che insieme al nuovo progetto commerciale cinese, della nuova Via della Seta e il nuovo programma d’investimento della Cina 2025 aprirebbe la porta ad nuovo baricentro economico in cui l’Europa potrebbe giocarsi la carta di arbitrato strategico all’interno del nuovo assetto dei pesi e contrappesi mondiali. Un caso per tutti è l’accordo Huawei e Kuka: l’azienda leader nel mondo nel settore dell’automazione, ha firmato un protocollo d’intesa per confermare e approfondire la loro collaborazione a livello globale in ambito smart factory. Se infatti le battaglie delle superpotenze Usa e Russia si concentrano sulle aree d’influenza dei Paesi “scacco”, l’Europa si concentra sulla possibilità di ritrovare una via d’uscita dalla morsa e dalla stagnazione politica ed economica.
Tra le righe della cordialità c’è il serpeggiare della paura strutturale e il timore crescente di mancanza di risposte adeguate alla nuova crisi sociale, causata anche dalla forte migrazione, che i Paesi europei non intendono approcciare con lo sguardo piantato sui principi che ispirarono la Comunità europea; nuovi egoismi non giocano a favore di una ritrovata armonia che possa permetterci di ridiventare grandi: uno su tutti Macron e la non intellegibile politica contro l’Italia.
Le politiche della Merkel per questo G20 – sviluppo a “casa propria” – trova lodi dal fondatore della Microsoft Bill Gates che rileva la necessità di intervenire in maniera compatta e strategica giocando tra flussi di capitali mirati allo sviluppo e blocco dell’immaginario collettivo sub sahariano. A parlare infatti sono le cifre secondo il Die Welt: entro il 2050, la popolazione africana è destinata a raddoppiare arrivando a 2,5 miliardi di persone. Secondo i calcoli, quindi, dovrebbero essere creati 22,5 milioni di nuovi posti di lavoro ogni anno.
Una sfida per i prossimi anni, culturale e valoriale prima che economica, che pone il vecchio continente al primo posto come soggetto pilota nella salvaguardia del proprio status quo, da sempre riconosciuto uno dei più alti, e nell’investimento della sua sopravvivenza come paradigma di competitività e benessere.