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Vi spiego come si muove la Francia di Macron sulla Difesa. Parla Darnis (Iai)

“La Francia è un Paese che lo strumento militare lo usa con costanza, e quindi servono fondi per mantenerlo”, dice Jean-Pierre Darnis (direttore del Programma Sicurezza, Difesa, Spazio dell’Istituto Affari internazionali, e professore associato all’Università di Nizza) commentando l’annuncio di Emmanuel Macron di alzare la spesa militare dal 2018 con l’obiettivo di raggiungere il tetto Nato del 2 per cento del Pil entro il 2025. “Pensiamo all’usura a cui sono sottoposti gli elicotteri francesi in missione in Nordafrica”, aggiunge Darnis: “È una politica di assoluta continuità (storica), alla quale va aggiunta la situazione attuale: l’instabilità del Fronte Sud è una questione su cui anche il Libro Bianco della Difesa italiana converge, e poi non dimentichiamo che la Francia è un Paese in lotta col terrorismo e attivo nelle nella guerra in Siria e Iraq”.

Insieme con gli americani.

Certo, la visita di Donald Trump per la festa della presa della Bastiglia non fa altro che sottolineare una cooperazione strettissima: per esempio, la portaerei francese Charles de Gaulle è integrata nelle rotazioni di quelle americane.

Poi c’è il lato europeo: nello stesso giorno in cui Trump è arrivato a Parigi, e Macron ha annunciato l’intenzione del 2 per cento iniziando già dal prossimo anno, in Francia c’era anche la Cancelliere tedesca Angela Merkel.

Il 13 luglio c’è stato una ministeriale franco-tedesco, è una formula classica, storica, che rientra negli accordi bilaterali del ’61, però stavolta Macron l’ha usata per lanciare un’importante partnership con la Germania.

Anche in questo caso c’è continuità?

Macron ha pianificato la sua strategia europea cercando di creare un rapporto di grande dialogo con Berlino, nel suo governo ci sono persone che parlano il tedesco, germanisti, il consigliere diplomatico è l’ex ambasciatore francese in Germania. Sa che i tedeschi sono un attore dialogante, con cui costruite una partnership per essere il motore dell’Europa. C’è proprio una volontà di essere più uniti: la riforma del mercato del lavoro francese dovrebbe arrivare con le elezioni tedesche.

Nell’ambito di questo dialogo c’è anche il dossier militare?

Dalla ministeriale di giovedì è uscita una cosa molto interessante: Parigi con Macron sta spingendo il progetto della difesa comune europea, e lo sta facendo con la Germania. I francesi ritengono i tedeschi buoni alleati, e questa partnership è consolidata dalla fiducia con cui Parigi guarda a Berlino dopo l’aiuto ricevuto in Mali.

Ma quanto è concreta questa difesa comune?

Finora tutto gli esperti concordavano su una cosa: l’idea c’è, ma mancano i grandi programmi, un progetto federatore che si potesse mettere sopra a tutto. Ora Francia e Germania con quella ministeriale hanno lanciato il protocollo di intesa per costruire un caccia europeo di Quinta generazione.

Che è uno di quei grandi programmi?

Certamente. Un programma europeo per un caccia d’ultima tecnologia era in discussione già nei centri decisionali, ma questa spinta è prima di tutto una questione politica (perché le esigenze tedesche e francesi sono un po’ diverse).

Una spinta per tutta l’Europa, non solo per due Paesi capofila? 

Programmi del genere potrebbero anche essere finanziati da fondi comunitari, per esempio. Diciamo che è una decisione di investimento in politica pubblica, che si porterà dietro consensi dal settore industriale, al di là del bisogno. Anche se va ricordato che un programma così per certi versi è una necessità per l’indipendenza strategica.

E per l’Italia?

È bene che l’Italia guardi questo con sano pragmatismo, ma senza paranoie. Ci sono finestre di opportunità, che possono essere sfruttate: è una cosa di chi è dentro il programma Eurofighter, e l’Italia c’è con Leonardo. La strategia francese è europea, ha nell’Ue il suo centro.

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