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Enrico Rossi e la strumentalizzazione di Ventotene

Non è chiaro se Enrico Rossi, Governatore della Regione Toscana, “ci è o ci fa”, come si suol dire. Ma saremmo più propensi a credere che “ci faccia”. Cercheremo di spiegarvi il perché.

Quella che potete osservare qui in alto è la nuova immagine di copertina della sua pagina Facebook. Qual è il problema? Direi che ce ne sono almeno due. Il primo ha a che fare con la strumentalizzazione del testo scelto nella foto.

Ma facciamo un passo indietro. Che cos’è il Manifesto di Ventotene? È un documento scritto a mano, in gran segreto, su cartine da sigaretta, da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi quando erano confinati sull’isola di Ventotene per antifascismo. Il Manifesto è uno scritto molto più complesso di quanto possa a prima vista apparire. E deve essere contestualizzato al 1941, quando la speranza socialista sembrava essere, dal confino di Ventotene, l’unica opportunità di riscatto per le future generazioni. Ma, tra l’altro, solo per uno dei due autori del Manifesto, Ernesto Rossi. Perché per Spinelli, che aveva già da tempo consumato la rottura con l’ideologia comunista e l’economia marxista (e si era semmai avvicinato a testi liberali ed allo studio dell’economia marginalista), la priorità assoluta era unicamente lo smantellamento del monopolio nazionale sull’esercizio della sovranità. Non a caso Rossi, dopo la guerra, diventa l’Autore di Abolire la miseria; mentre Spinelli diventa il protagonista indiscusso della battaglia per la federazione europea. E comunque entrambi avevano ben in mente che senza una federazione europea non sarebbe esistito alcun socialismo per cui combattere in maniera efficace.

È la lealtà assoluta ed esclusiva pretesa dallo Stato-nazione nei confronti dei propri cittadini-sudditi che porta ai conflitti armati, che costringe individui simili a spararsi fra loro, trasformandoli in nemici. Per poter superare questa sciagura, esiste un solo strumento: l’adozione di una costituzione federale che, come già accaduto nel caso degli Stati Uniti d’America, tolga pezzi di sovranità agli Stati (soprattutto nella politica di difesa e nell’emissione di moneta, simboli per eccellenza della sovranità) per metterla in comune, sotto istituzioni rappresentative di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro nazionalità di appartenenza. Questo, se vogliamo cercare una sintesi estrema, dice il Manifesto di Ventotene. E questo è stato l’elemento ispiratore dei padri fondatori del processo d’integrazione europea negli anni Cinquanta.

Se voleva inneggiare al socialismo, Enrico Rossi avrebbe quindi fatto meglio ad utilizzare altre fonti e citazioni, visto che estrapolare quella frase dal contesto del Manifesto di Ventotene è assolutamente improprio.

Ma ultimamente, è qui veniamo al secondo elemento strumentale, inneggiare a Ventotene, farsi fotografare commossi sulla tomba di Spinelli, convocare incomprensibili e inconcludenti incontri tra Capi di Governo al largo delle sue coste è diventato di moda. Proprio perché richiama un’idea di Europa progressista, ancora nuova (purtroppo, dopo oltre settant’anni!).

Peccato che tutti coloro i quali inneggiano ai simboli di Ventotene e di Spinelli, soprattutto dopo che le loro storie sono finite in prima serata sulla RAI, mostrino quotidianamente nei fatti di essere solamente interessati al possibile ritorno elettorale, ai facili consensi. Certo non all’idea di Europa che Spinelli e Ventotene incarnano.

Se c’è un messaggio fondamentale che lancia il Manifesto è che la rivoluzione europea, per poter rispondere alle esigenze dei cittadini, dovrà essere federalista. Poi potrà anche essere socialista, se i socialisti vinceranno la battaglia politica. Ma per poter conquistare un potere politico prima occorre crearlo. Questo dicevano Spinelli e il Manifesto di Ventotene. E per questo si sono da allora battuti i volontari che militano nel Movimento Federalista Europeo e nella Gioventù Federalista Europea; soprattutto con un’opera di educazione alla cittadinanza europea che non ha uguali in Europa.

Per spiegare l’ipocrisia del Governatore Rossi, riporto qui di seguito la nota diffusa ieri dal Segretario del Movimento Federalista Europeo della Toscana, Francesco Pigozzo; lasciamo che sia lui a spiegare la faccenda. Io preferisco astenermi dal commentare oltre.

 

L’importanza di chiamarsi Enrico

Caro Presidente Rossi,

Le sono molto grato di averci finalmente offerto la possibilità di uscire dallo stato di indignazione ammutolita in cui il comportamento Suo e della Sua giunta ci hanno costretto nell’ultimo anno. Le scrivo infatti a nome del migliaio di studenti, studentesse e volontari toscani che per quindici anni hanno animato il seminario di formazione europeista e federalista “Luciano Bolis” – medaglia al valore della Resistenza – dedicato ai vincitori di un concorso regionale (“Cittadini Europei, Cittadini del Mondo”) per le scuole secondarie, che ha rappresentato l’unica vera occasione per i giovani della Toscana di imparare e vivere quel particolarissimo spirito di solidarietà verso un fine etico, di impegno civile nutrito da autentica e aggiornata sete di conoscenza, che è la grande eredità morale di Ventotene.

Lei porta, caro Presidente, la responsabilità personale e politica per la fine di questa esperienza, che la Regione Toscana ha sostenuto per un decennio assieme all’Associazione Italiana dei Comuni e delle Regioni d’Europa e alla passione competente dei volontari della Gioventù Federalista Europea e del Movimento Federalista Europeo – sì, proprio il movimento che nacque da Ventotene e che rappresenta ormai l’unica esperienza politica novecentesca che possa rivendicare esistenza ininterrotta e crescente attualità di programma nel XXI secolo.

Come Lei ben sa, il MFE non è un partito, non ha fini di lucro e non partecipa ad alcuna competizione elettorale. Il MFE lotta perché si realizzi l’obiettivo centrale del Manifesto di Ventotene: il superamento delle sovranità nazionali esclusive, l’unità politica dell’Europa (e in prospettiva del mondo) attraverso la democrazia a tutti i livelli e una distribuzione delle competenze dei vari livelli di governo basata su principi di efficacia nella risoluzione dei problemi collettivi e di massima vicinanza possibile al singolo cittadino.

Ma Lei, caro Presidente, queste cose dovrebbe saperle bene – talmente bene che la sua ultima “cover photo” pubblicata sul Suo profilo Facebook si fregia di citare proprio il Manifesto di Ventotene a fianco del suo volto sorridente. Mi chiedo: è sicuro che sia il caso di sorridere? Appartiene a un Movimento (Art. 1) le cui analisi e i cui programmi sono fermi a prima del Manifesto di Ventotene – anzi, almeno a parole incarnano esattamente quel corporativismo nazionale che è lo spirito opposto a Ventotene. Ci spieghi come conta di riuscire a tenere assieme queste contraddizioni, come può pretendersi epigono di Altiero Spinelli quando la Sua azione di governo regionale ne ha ucciso l’eredità senza troppo badarci. Ci spieghi se per caso tutto ciò è frutto di inavvertenza e ci consenta di ravvederci: Le richiederebbe davvero poco sforzo.

Perché altrimenti la tentazione è forte, Presidente, di leggere nel suo sorriso la presa in giro dei suoi elettori, che la crederanno erede di Ernesto Rossi – quando Lei sa bene di non chiamarsi Ernesto, anzi come direbbe Oscar Wilde di non essere Ernesto. Lei sa bene che questo gioco politico non è onesto.

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