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Cosa penso francamente delle dimissioni del ministro Costa

ENRICO COSTA NCD

Non mi entusiasmano queste dimissioni del ministro Enrico Costa. Lo dico serenamente, ben consapevole del fatto che in tutti i Parlamenti del mondo ci sono i cambi di casacca, la maggioranze variabili (al Senato americano sono prassi consolidata), le alleanze di governo diverse da quanto promesso agli elettori.

Non mi piacciono le dimissioni di Costa (anche se gli va riconosciuto che dimettersi da ministro è comunque un gesto di una qualche nobiltà), perché suonano troppo “calcolate”, con un tempismo che getta un’ombra un po’ malinconica sullo stato della politica nel nostro Paese. Costa infatti entra in Parlamento nel 2013 con Forza Italia ed è alla terza legislatura, sempre eletto da quella parte. Dopo pochi mesi sceglie di seguire Angelino Alfano nella creazione dell’Ncd: insomma va nella maggioranza di governo mentre restano all’opposizione, diciamo così, gli elettori che lo hanno portato in Parlamento.

Viene premiato (anche per la sua bravura, va detto) con il posto da Viceministro della Giustizia prima e con quello di Ministro per gli Affari Regionali dopo, nei governi Renzi e Gentiloni. Nel frattempo però cambia l’aria, il Cavaliere ritrova una centralità che molti davano per scomparsa e Renzi infila sconfitte al referendum e alle amministrative, lasciando per strada milioni di voti.

Ecco allora che Costa, a pochi mesi dalle nuove elezioni (primavera 2018), torna alla casella di partenza, dichiarando di voler lavorare alla costruzione di una rinnovata coalizione di centro-destra (attualmente indicata come vincente in tutti i sondaggi). È un po’ difficile vedere in tutto questo passioni politiche mutevoli quanto incontenibili, più facile vederci un calcolo semplice semplice: voler stare comunque nella maggioranza di governo, quale che sia.

D’altronde noi italiani siamo campioni del mondo nel giocare con le parole, visto che abbiamo avuto un partito (proprio quello di Costa) con nome “Nuovo Centro Destra” che nasce e in pochi mesi diventa pilastro essenziale di un governo di centro-sinistra. Diciamo che ci batte solo il PRI messicano, che sta per Partito Rivoluzionario Istituzionale, definizione che sfocia nella poesia pura.

Rimane il fatto che queste dimissioni sono un po’ così, un po’ roba da fuga “furbetta” dal Titanic prima del disastro annunciato. Peraltro vengono date con spirito “liberale”, antica tradizione politica nella famiglia Costa. Ecco allora sorgere spontanea una semplice domanda.

Cosa ne direbbe Luigi Einaudi, piemontese rigoroso come nessuno? Non lo sapremo mai, però un’idea ce l’abbiamo.

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