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Cosa penso delle ipotesi Marchionne e Draghi covate da Berlusconi. Parla il prof. Orsina

Una ridda di voci più o meno fondate – fino all’ultima ipotesi di Sergio Marchionne candidato premier – e una sola certezza: il buono di stato di salute di cui al momento gode dal punto di vista elettorale il centrodestra, come hanno confermato pure i risultati delle ultime elezioni amministrative. “Lo spazio politico potenziale di cui quest’area può disporre oggi, a mio avviso, è enorme“, dice il politologo e ordinario di Storia contemporanea della Luiss Giovanni Orsina. Che, in questa conversazione con Formiche.net, ha anche espresso i suoi dubbi sulla possibilità che l’amministratore delegato di Fiat Chrysler decida di spendersi direttamente in politica – almeno nell’ambito di una campagna elettorale -, pur condividendo l’idea di Silvio Berlusconi di trovare una personalità esterna alla politica per cercare di far crescere i consensi su cui il suo partito può già fare affidamento.

Professore, perché è così ottimista sui risultati che il centrodestra potrebbe ottenere alle prossime politiche?

Le ultime amministrative hanno dimostrato che è già maggioranza potenziale nel nostro Paese. E i margini di crescita sono innegabili, anche in considerazione del clima di crisi che si respira da altre parti.

Allude al centrosinistra e al Pd?

E pure a Matteo Renzi. Procedendo per cerchi concentrici ci troviamo di fronte tre crisi, la prima delle quali colpisce la sinistra non solo italiana nella sua proposta ideologica di risoluzione dei problemi. La seconda, invece, il Partito democratico che paga l’inevitabile logoramento dovuto a questi anni di governo e che mostra anche un problema di natura organizzativa e di personale politico. L’ultima crisi, infine, riguarda la leadership renziana, fortemente e visibilmente appannata. Ciò a tutto vantaggio del centrodestra, che potrà beneficiare in termini di voti anche di quanto sta avvenendo sul fronte dell’emergenza migranti su cui il Pd e il governo rischiano moltissimo.

Per provare a vincere sembra che Berlusconi voglia affidarsi a qualche figura esterna ai partiti. Che ne pensa?

Al netto dei problemi di convivenza tra Forza Italia e Lega, sono convinto che non sia sbagliato lo sforzo del Cavaliere di cercare al di fuori dei confini della politica la punta di diamante dello schieramento: un volto nuovo o semi-nuovo, fresco e credibile. Questo terreno potenziale, infatti, non lo potrebbero arare né Salvini né lo stesso Berlusconi

Perché no? 

Berlusconi perché ha più di 80 anni e ha già ricoperto a lungo il ruolo di premier, oltre al fatto che con ogni probabilità alle prossime elezioni non sarà neppure candidabile. Salvini soprattutto perché non è abbastanza radicato al Sud: il partito che guida si chiama pur sempre Lega Nord, nonostante pian piano quella connotazione vada sfumando. Ma ci vorranno ancora anni in tal senso.

Non crede dunque alla teoria che escluderebbe Salvini dalla leadership perché troppo radicale?

Parzialmente, nel senso che secondo me sui singoli temi – emergenza migranti su tutti – l’opinione pubblica si sta spostando rapidamente sulle posizioni leghiste. Ciò detto, la figura di Salvini rimane per ora troppo estremista. Come direbbero i francesi, ha un profilo poco “presidenziabile”.

Ma un papa straniero per chi? 

Esatto, per il centrodestra unito o per Forza Italia? E’ chiaro che, a seconda delle scelte – soprattutto in materia elettorale – lo scenario cambierà radicalmente.

L’argomento legge elettorale viene prima rispetto alla scelta del possibile leader?

Sì, però qualcosa possiamo già dirla: che difficilmente ci sarà il maggioritario. Con conseguente addio alle coalizioni.

E ciò come impatterà sulla decisione in merito alle leadership?

Un conto è fare il candidato premier di una coalizione che ha chance di vittoria e tutt’altro conto, invece, fare il front-man di un partito che bene che vada otterrà il 20% dei consensi. In questo secondo caso l’eventuale candidato deve essere perfettamente consapevole che da quel momento in poi non sarà più spendibile come possibile presidente del Consiglio di un’eventuale governo di larghe intese.

Perché?

Perché in questi casi a spuntarla è sempre il terzo incomodo. E, cioè, il candidato che non abbia corso come leader di nessuna delle forze politiche chiamate alla formazione del governo. Per una ragione in fondo semplice: la capacità di unire, l’essere meno divisivi.

In pratica chi non si candida a premier con il proporzionale ha più possibilità di fare il presidente del Consiglio?

Chi non si schiera, dopo le elezioni ha più possibilità di essere chiamato a guidare il governo o quantomeno a farne parte.

Ciò detto, che ne pensa del nome di Marchionne rilanciato con forza ieri dalla stampa?

Innanzitutto mi pongo questa domanda: al diretto interessato potrebbe convenire una scelta del genere? E poi un’altra: possiede questa vocazione? Per fare politica occorrono talenti specifici che comprendono necessariamente la capacità di comunicare. Tanto più se la scelta viene fatta a monte di una campagna elettorale: serve qualcuno che la sappia fare, che sia in grado di parlare alle persone e farsi ben comprendere da loro.

Mi pare di capire che non sia così convinto. Giusto?

Non nascondo di avere numerosissimi dubbi. Per come lo vedo io, Marchionne è un manager eccellente ma è pur sempre colui che ha internazionalizzato la Fiat e che nell’immaginario collettivo le ha fatto lasciare, almeno in parte, l’Italia. Non lo associo alla politica nazionale bensì a fenomeni di natura sovranazionale. Là dove il centrodestra, anche a prescindere dall’alleanza con la Lega, non potrà non fare leva sul tema della sovranità nazionale. E poi dubito che accetterebbe una proposta di questo tipo.

E Mario Draghi invece? Ieri Repubblica ha fatto anche il suo nome come possibile asso nella manica di Berlusconi.

A parte il fatto che da italiano mi auguro che rimanga a Francoforte il più lungo possibile, penso che lo stesso discorso valga anche per lui. Già è dubbio che Draghi voglia fare il primo ministro in Italia, figuriamoci se possa decidere di scendere in campagna elettorale. Lo escludo.

Sono eventualmente nomi che potrebbero essere spesi in un secondo momento, nel caso in cui si concretizzasse il tanto discusso governo tra Pd e Forza Italia?

Eventualmente, al massimo. Ma più ci ragiono e più sono convinto che nella fase in cui ci troviamo questi nomi non abbiano alcuna prospettiva politica.

Ma condivide l’impressione che sia soprattutto Berlusconi a non volere l’accordo con Salvini? 

Certamente gode di una vantaggio tattico e di posizionamento che in un sistema proporzionale si cerca sempre di sfruttare: per com’è collocata nello spazio politico, infatti, Forza Italia potrebbe allearsi sia con il Pd che con la Lega. Ovviamente anche Salvini ha l’opzione cinquestelle ma è evidentemente molto più difficile da praticare.

Quindi Berlusconi non vuole l’alleanza con i leghisti?

Pare anche a me che Salvini abbia dato maggiori segnali di disponibilità, se non altro ad aprire un tavolo di confronto. Anche perché – è bene ricordarlo – rischia molto di più di rimanere isolato, salva sempre l’ipotesi assai complessa di un’alleanza con il MoVimento 5 Stelle.

Perché il Cavaliere a suo avviso nicchia? 

Perché si tratta della posizione che gli dà più potere politico e che gli consente pure di tutelare meglio le sue aziende. Ma mi faccia aggiungere un’altra riflessione.

Cioè?

Che in fondo la separazione tra Lega e Forza Italia rappresenta l’elemento di elasticità che potrebbe tenere in vita il sistema. Se dovessero al voto andare in un matrimonio indissolubile – in una lista unica o in un’alleanza inscindibile e per di più con una legge elettorale proporzionale – potremmo davvero trovarci nell’impossibilità di formare il governo: uno stallo alla spagnola con tre blocchi – il centrosinistra, il centrodestra e i cinquestelle – in alcun modo alleabili tra loro. Se la destra dovesse, invece, andare divisa, ci sarebbero molte più possibilità di arrivare a un governo: tra Forza Italia e Pd, oppure tra Lega e M5s per fare due ipotesi.

Se dovesse spendere una fiche, su cosa punterebbe? Cosa succederà? E quali saranno le scelte di Berlusconi?

Penso che lo scenario sarà proporzionale e che Forza Italia e Lega andranno al voto separate. Berlusconi cercherà di ottenere il pieno di voti e sono anche convinto che alla fine otterrà un buon risultato, tra il 15 e il 20%. Ciò anche grazie alla decisione di affidarsi a qualcuno di esterno al partito e alla politica. Ma si tratterà di una figura di livello più basso rispetto a quelle di cui abbiamo parlato.

Ma alla fine quel papa straniero non potrebbe essere Stefano Parisi?

Potrebbe essere, ma non ne sono pienamente convinto: il leader di Energie per l’Italia si è andato a chiudere in un vicolo cieco e a questo punto non è affatto scontato che Berlusconi possa decidere di tornare a puntare su di lui. Semmai potrebbe essere uno dei papi stranieri di Forza Italia: non sono sicuro che sarà uno solo. Potrebbero anche essere più d’uno, provenienti dal mondo dell’imprenditoria e della società civile.

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