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Che cosa cela il bisticcio fra Juncker e Tajani a Strasburgo

“Siete ridicoli!”. Così l’urlo del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker questa mattina ha squarciato il silenzio dell’aula del Parlamento Europeo, riunitosi nella plenaria mensile a Strasburgo. Anche se oggi quell’aula era tutto fuorché plenaria: solo una trentina di deputati si sono presentati al dibattito sull’immigrazione. “Se il signor Muscat fosse la signora Merkel o il signor Macron avremmo un’aula piena”, ha continuato ad inveire il presidente lussemburghese. Alle cui invettive ha cominciato a rispondere a tono il presidente del Parlamento, il forzista Antonio Tajani. Un botta e risposta mentre le coste e le isole meridionali italiane vivono ora per ora un dramma senza precedenti, quello di migliaia di vite che ogni giorno approdano in Sicilia, di centri di accoglienza che implodono, di divampanti tensioni sociali.

“Le chiedo di moderare i termini, è il Parlamento che controlla la Commissione e non la Commissione che controlla il Parlamento” ha tuonato Tajani, difendendo i parlamentari-fantasma in aula e un ruolo di watch-dog sull’esecutivo che l’europarlamento peraltro non è quasi mai riuscito ad esercitare. Poi il viso di Tajani si è fatto paonazzo dalla rabbia: “Noi non siamo ridicoli!”, mentre Juncker ha promesso che non parteciperà mai più “a questo genere di riunioni”. Lo stesso Juncker che troppo spesso negli ultimi tempi si è erto a paladino indignato degli sforzi italiani nel Mediterraneo, limitandosi a condire i suoi interventi pubblici di frasi retoriche. Lo aveva fatto nel vertice in preparazione del G20 qualche giorno fa, definendo Italia e Grecia nazioni “eroiche”, si è ripetuto questa mattina al termine della sua sfuriata, terminata con l’esclamazione in italiano: “Viva l’Italia!”. Ma se il compito della guida dell’esecutivo europeo è quello di mediare fra le diverse volontà politiche degli stati membri, il fallimento è reso cristallino dai risultati: Francia e Spagna hanno chiarito di non considerare i migranti economici un loro problema e di non voler aprire i loro porti agli sbarchi delle persone soccorse nel Mediterraneo. Il ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskovil ha recentemente annunciato di voler schierare l’esercito sul Brennero qualora il flusso migratorio dall’Italia non diminuisca.

Oggi il Parlamento a Strasburgo doveva discutere dei temi in parte anticipati nella riunione informale di domenica a Parigi dei ministri del’Interno d’Italia, Francia e Germania e che si affronteranno in quella a Tallin di giovedì, dove ci saranno tutti i ministri dell’Interno europei. Minniti aveva steso una lista di nuove regole da rispettare se non si vuole incorrere nella chiusura dei porti italiani, anche per le navi delle ong. Regole volte a porre paletti ad alcuni comportamenti poco chiari nei salvataggi in mare. Come spegnere i trasponder sparendo dai radar, o segnalare la propria posizione alle barche libiche, o ancora la trasparenza non sempre assoluta nei finanziamenti. Se queste regole non saranno rispettate, e se gli Stati membri non si faranno carico delle quote di migranti precedentemente concordate, l’Italia opterà per la reciprocità e la chiusura dei porti, come ha anticipato la scorsa settimana a Bruxelles l’ambasciatore Maurizio Massari al Commissario UE per la migrazione Dimitris Avramopoulos.

Oggi, infine, nell’aula deserta di Strasburgo si dovevano tirare le somme della presidenza maltese del Consiglio nell’ultimo semestre, a cui si sostituisce adesso quella dell’Estonia. Un bilancio per cui parlano i numeri: rispetto all’anno precedente, gli sbarchi sulle coste italiane sono aumentati del 18,7% tra l’indifferenza generale. Lo stesso presidente maltese Joseph Muscat oggi è costretto ad ammettere che “sulle migrazioni, quando si tratta di solidarietà effettiva, dovremmo vergognarci di tutto quello che abbiamo fatto”, per concludere che questa Europa “su questo argomento è un fallimento”.

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