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Terrorismo e metal detector: perché a Gerusalemme va in scena il teatro dell’assurdo?

La comunità internazionale dovrebbe imporre a Erdogan e Abu Mazen di non soffiare sul fuoco, anziché criticare un legittimo strumento di prevenzione

Ha ragione Papa Francesco a chiedere sui fatti di Gerusalemme moderazione e dialogo, ma sarebbe utile anche fare un appello contro il sangue e il terrorismo, partita in cui l’equilibrismo dell’Ue non giova di certo.

Gli scontri in quel fazzoletto di terra martoriato da anni di guerra, sono detonati a seguito alla decisione israeliana di installare all’entrata della porta dei leoni i metal detector, poi smussata con lo stop. Non un colpo di testa, ma un provvedimento scaturito dall’attacco da parte di tre arabi-israeliani alla spianata Moschee in cui sono stati uccisi due soldati israeliani.

La protesta delle autorità religiose musulmane si è materializzata con l’adunata dei fedeli, che sono stati invitati a boicottare l’ingresso alla moschea di al-Aqsa. Nessuna doglianza, però, sul grave episodio accaduto venerdì scorso quando sono state chiuse tutte le moschee di Israele e della Cisgiordania. Il motivo? Consentire ad ogni musulmano di andar fisicamente a Gerusalemme per protestare.

L’ennesimo pasticcio è servito. Fisiologico che un attimo dopo Israele abbia isolato la città, sigillando i check-point, con annesso blocco per 29 autobus che si preparavano a partire alla volta della città santa. Ma una domanda sorge spontanea in questa vicenda: perché dove vige allarme terrorismo come aeroporti e musei si possono impiantare i metal detector, mentre invece dove ci sono già stati attacchi terroristici bagnati dal sangue no? Perché si continua ad insistere sulla propaganda, mediatica e partitica, che fa solo del male alla situazione israeliana-palestinese?

Le minacce della Lega Araba (“le nuove misure di sicurezza potrebbero portare a una grave crisi con il mondo arabo e musulmano”) remano solo nella direzione opposta, così come l’atteggiamento di Abu Mazen, che non va oltre ai no preventivi, anzi, soffia sul fuoco così come anche fa egregiamente l’altro leader della macroregione. Quell’Erdogan che ormai a getto continuo ha deciso di non fare più politica, ma di usare la clava della contrapposizione tout court praticamente con tutti.

Questa la premessa che dovrebbe suscitare una reazione seria da parte di Bruxelles e Berlino, in verità stordite dalle “cannonate” mediatiche di Ankara e assenti dal dibattito mediorientale. Lo stesso atteggiamento di molti media di aver definito “controversa” la decisione israeliana di insediare i metal detector davanti alla Spianata e di bloccare l’entrata ai minori di 50 anni, non può essere derubricata a mero “attacco alla religione musulmana”. Chi lo sostiene è esso stesso tifoso di una contrapposizione infinita e non fa bene alla verità dei fatti, che andrebbero raccontati prima di essere dipinti con sfumature policromatiche che, spesso, non rispecchiano la realtà.

E’stato Netanyahu in persona a sottolineare più volte che si tratta di un provvedimento momentaneo e dettato dall’emergenza, che infatti poi è stato interrotto in caso di normalizzazione. Ma francamente la marcia indietro è un regalo al terrorismo e a chi fa delle armi e della guerra il proprio biglietto da visita.

Invece quei metal detector sono lì imprescindibili, non fosse altro perché il rischio violenza è accertato e non nel novero delle semplici probabilità.

Chi non ha nulla da nascondere nelle proprie tasche perché dovrebbe temere uno strumento di prevenzione presente negli aeroporti di tutto il mondo?

twitter@FDepalo

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