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Mps, Unicredit, Intesa Sanpaolo e non solo. Tutti gli esuberi nelle banche

Un’ecatombe occupazionale. Così la First Cisl, uno dei maggiori sindacati del settore bancario e assicurativo, definisce ciò che sta accadendo in questi mesi nel sistema del credito italiano. Tra gennaio e luglio 2017, spiegano, sono in totale 17.500 gli esuberi già definiti cui potrebbero aggiungersene altri 726 nelle società non acquisite da Intesa in seguito all’operazione che ha visto entrare in Ca’ de Sass Popolare di Vicenza e Veneto Banca.

I NUMERI BANCA PER BANCA

Secondo l’analisi effettuata dall’ufficio studi di First Cisl, i numeri più rilevanti sono quelli riferiti ai maggiori gruppi. A febbraio è stato sottoscritto in Unicredit l’accordo per le uscite di 3.900 dipendenti aprendo in tal modo all’utilizzo del Fondo di solidarietà di settore fino a 54 mesi. Nei giorni scorsi l’accordo raggiunto da Intesa Sanpaolo nell’ambito dell’operazione di integrazione delle due ex popolari ha esteso l’uso del Fondo fino a 84 mesi per la prima tranche da 1.000 esuberi e a 60 mesi per le successive 3.000 uscite. Il nuovo piano industriale del Monte dei Paschi di Siena prevede 5.500 esuberi: a breve se ne discuterà con i sindacati. In primavera sono stati firmati piani di uscita in Banca Marche (270 risorse), Carichieti (69) e Banca Etruria (20) propedeutici all’integrazione in Ubi. Con l’acquisizione delle tre good bank Ubi ha aggiornato il piano industriale, annunciando 1.318 nuovi esuberi, che si vanno ad aggiungere ai 700 ancora da concordare come cifra residuale delle precedenti previsioni. Il bollettino delle perdite occupazionali stilato dall’ufficio studi di First Cisl evidenzia anche l’accordo per 340 uscite sottoscritto a gennaio in Cariferrara, preliminare all’acquisizione della banca da parte di Bper. A febbraio, l’aggiornamento del piano industriale di Carige aveva individuato ulteriori 155 esuberi, che andavano ad aggiungersi ai 600 già preannunciati, ma ora nuove voci parlano di un possibile innalzamento fino a 900 uscite. All’Istituto Centrale delle Banche Popolari italiane è stato firmato lo scorso aprile un accordo per 340 uscite e altri 131 esodi sono stati concordati a maggio in CheBanca! La Popolare di Bari ha annunciato circa 500 tagli, mentre si attendono novità sul fronte delle Casse di Risparmio di Rimini, San Miniato e Cesena per le quali ha manifestato interesse Cariparma Crédit Agricole (a Rimini si stimavano a inizio anno 90 esuberi, 120-140 a San Miniato).

I COSTI

L’ufficio studi di First Cisl stima che il costo netto per il sistema bancario derivante da tali operazioni sia superiore ai 2 miliardi di euro, cui si aggiungono gli 1,2 miliardi messi a disposizione dal Governo per il salvataggio delle banche venete. Infine c’è l’incognita delle società non assorbite da Intesa Sanpaolo nell’operazione sulle banche venete. Il timore, segnala il segretario della First Cisl Giulio Romani, è che a breve potremmo trovarci ad affrontare “una nuova emergenza, quella dei 726 lavoratori delle società escluse dal perimetro acquisito da Intesa Sanpaolo. Serve dare urgentemente una risposta a queste persone, evitando che si ripeta quanto purtroppo già successo in altre situazioni di difficoltà irrisolte negli ultimi anni, quali Hypo Ale Adria o le società satellite di Banca delle Marche”.

IL COMMENTO DELLA FIRST CISL

“Gli accordi che abbiamo sottoscritto da gennaio a oggi – spiega Romani -, i piani industriali presentati in corso d’anno e gli annunci pervenuti portano intorno a 17.500 i nuovi esuberi decisi solo in questa prima parte del 2017. Un’ecatombe occupazionale, cui come sindacato abbiamo fatto fronte con responsabilità, utilizzando gli ammortizzatori di sistema e, nel caso delle popolari venete, anche l’intervento dello Stato. Non si può continuare così e soprattutto – precisa il segretario generale della First Cisl – è ora di smetterla di pensare che il taglio del personale sia diretta conseguenza della problematicità del credito o della digitalizzazione. Il vero problema è che le banche intervengono sui processi organizzativi senza investire su prodotti e servizi, che invece sono la leva necessaria per agire sul versante dei ricavi e per rilanciare la fiducia della clientela e anche l’occupazione del settore”.

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