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Perché l’Italia deve dire no alla Francia sul polo per la difesa navale. Parla l’ammiraglio De Giorgi

Angelino Alfano e Giuseppe De Giorgi

No, l’Italia non deve accettare la spartizione al 50% dei Cantieri Saint-Nazaire, nemmeno alla luce delle ultime avances francesi. Sull’affaire Fincantieri Giuseppe De Giorgi, ammiraglio, ex Capo di Stato Maggiore della Marina (qui uno speciale di Formiche.net dedicato al suo addio al vertice della Marina), ha le idee piuttosto chiare. Quali?

COSA DICE DE GIORGI

Per esempio, quando il ministro dell’Economia Bruno Le Maire (che oggi alle 17,30 vedrà al Mef i ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda per tentare un ultimo accordo) parla di allargare la collaborazione civile tra i due Paesi a quella militare, De Giorgi ha più di un dubbio: “Quando la Francia parla di industria della Difesa comune, intende industria francese che vende agli altri Paesi europei, le cui aziende collaborano e si integrano in realtà a maggioranza e leadership francese. Gli esempi non mancano, a partire dall’aerospazio. Ritengo che non sia assolutamente opportuno accettare le condizioni francesi”.

DIFESA NAVALE IN BALLO

Non solo. “La Difesa comune non parte dalle aggregazioni industriali – dice l’ammiraglio – ma dalla volontà politica delle Nazioni di rinunciare a politiche estere autonome e certo anche a una parte della propria sovranità nazionale. I processi industriali seguiranno. Perseguire la strada inversa porterebbe, vista la forza della Francia e della Germania, a perdere quelle eccellenze residue ancora rimaste all’Italia nel campo dell’industria della Difesa”. Anche perché c’è una ragione “sociale” dietro questa presa di posizione.

COME IMPIEGARE DIVERSAMENTE LE RISORSE

Per De Giorgi c’è un altro motivo che giustificherebbe un no alla Francia nella vicenda Fincantieri: “In caso di mancato accordo sarebbe peraltro possibile reindirizzare la risorse previste per l’acquisto e il rilancio della produttività dei cantieri di St Nazaire verso stabilimenti italiani, come Castellammare di Stabia, Monfalcone, Palermo etc. a tutto beneficio dell’occupazione delle nostre maestranze e del Pil Italiano”.

L’ESEMPIO DELL’AERONAUTICA

L’ex numero uno della Marina porta poi l’esempio dell’aeronautica, la cui industria, senza aggregazioni, è riuscita a crearsi importanti. “Anche in campo aeronautico partecipiamo da tempo a programmi europei come il Tornado, l’EH 101, l’NH 90, l’EFA, senza che per questo sia stato necessario far confluire le rispettive industrie in un’unica entità, inevitabilmente sotto il controllo della nazione più forte”, afferma. E sul versante navale “noi già costruiamo navi cooperando con i francesi: le Horizon e le Fremm ad esempio, ma ognuno le realizza a casa propria facendo lavorare le rispettive eccellenze industriali (e le relative maestranze)”.

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