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Tutti i dettagli sulla baruffa in America tra media liberal e vescovi cattolici sui temi sociali

Capita spesso che i media liberal americani, insieme a quelli che vengono etichettati come i cattolici più progressisti, critichino i vescovi della Conferenza episcopale americana, guidata a partire dal novembre 2015 dal cardinale Daniel DiNardo (nella foto), accusandoli di non occuparsi abbastanza di questioni come giustizia e pace, temi invece percepiti come molto cari all’attuale Papa Francesco, ma di concentrarsi solamente su questioni legate ad aborto, matrimonio gay e libertà religiosa.

LA CRITICA DELLA STAMPA LIBERAL AI VESCOVI AMERICANI

Quegli argomenti cioè che un tempo sarebbero stati definiti “principi non negoziabili”, stando alle parole pronunciate da Joseph Ratzinger nel marzo 2006 a un congresso promosso dal Partito Popolare Europeo, dove il pontefice allora in carica li individuava nella “protezione della vita in tutte le sue fasi”, nel “riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia” e nella “protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli”. Non verità di fede quindi, ma principi “illuminati e confermati dalla fede” che tutti avrebbero dovuto testimoniare nella propria attività politica, stando alle parole del papa emerito.

L’ARTICOLO DEL NATIONAL CATHOLIC REPORTER

In un articolo del National Catholic Reporter, intitolato “le priorità politiche dei vescovi statunitensi potrebbero sorprenderti”, queste accuse vengono prese seriamente in considerazione e diventano oggetto di analisi, andando cioè a sviscerare uno ad uno tutti i comunicati diffusi durante l’anno dalla Conferenza episcopale americana (disponibili sul sito internet, qui). La conclusione che ne deriva è che la teoria accusatoria risulterebbe sufficientemente infondata, o almeno bisognosa di parecchie “sfumature”: i vescovi infatti, scrive l’articolo a firma di Thomas Reese, “parlano spesso di altre questioni, ma per qualche motivo non ottengono l’attenzione della stampa che al contrario ottengono quando parlano di aborto e libertà religiosa”.

COSA EMERGE DAI COMUNICATI DIFFUSI DALLA CHIESA AMERICANA

I risultati dell’inchiesta mostrano infatti fin da subito che per quanto riguarda esclusivamente la questione dell’aborto, dall’inizio dell’anno sono stati rilasciati dalla Chiesa cattolica americana soltanto sette comunicati, di cui quattro nel mese di gennaio, in corrispondenza di una grande marcia pro-life organizzata a Washington. Uno dei quali plaudiva alle politiche adottate a Città del Messico di diniego dell’erogazione di fondi governativi alle organizzazioni che promuovono gli aborti, e un altro che sponsorizzava un progetto di legge depositato alla Camera dei rappresentanti per bloccare i fondi da destinare a progetti legati all’aborto, invitando il Senato ad approvarlo. Un ultimo bollettino esprimeva invece preoccupazione per il fatto che la presidenza del Comitato Nazionale Democratico, la principale organizzazione di governo dei democratici, sostenesse solamente candidati pro-aborto.

LE POSIZIONI SULLE TEMATICHE CARE AI CONSERVATORI

Sui temi sanitari, invece, le principali critiche delle undici note complessive riservate all’argomento sono rivolte alla riduzione della spesa assistenziale, in particolare per le persone a basso reddito. Solo due gli avvertimenti legati al tema delle unioni gay, uno che difende in senso generico il matrimonio tra uomo e donna, l’altro che si scaglia invece contro le leggi di Obama che favoriscono la lotta alle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Sei comunicati infine sono dedicati alla libertà religiosa, molti dei quali elogianti le azioni di Trump che invertono i provvedimenti di Obama a favore degli studenti transgender e contrari all’emanazione di finanziamenti alle organizzazioni sociali religiose, a causa delle loro posizioni su gay e bioetica. Altri ancora esprimono il sostegno di leggi sulla libertà di coscienza e sui servizi di welfare per l’infanzia.

L’ATTENZIONE RIVOLTA A POLITICA ESTERA, IMMIGRAZIONE, TEMI AMBIENTALI E SOCIALI

Nello stesso periodo, però, e qui sta il centro della tesi del giornalista, “ben dodici sono stati i comunicati stampa sulla politica estera, venti sull’immigrazione, cinque sui temi ambientali e cinque su altri temi della giustizia o dei poveri”. Altri ancora hanno risposto agli attacchi terroristici, anche se “erano pastorali piuttosto che politici”. Quindi i numeri sconfesserebbero le critiche, specialmente in riferimento ai periodi in cui la Conferenza episcopale degli Stati Uniti si è schierata compatta contro gli ordini esecutivi che attaccassero migranti e rifugiati.

L’ACCUSA SULLE “GUERRE CULTURALI” E I DIVERSI TONI UTILIZZATI

Altra accusa comunemente avanzata, spiega il giornalista, è che, nonostante il fatto che temi sociali come la povertà stiano molto a cuore ai cattolici, grande attenzione viene spesso riposta nel semplice ambito delle cosiddette “cultural wars”, le guerra culturali. Opinione anch’essa smentita dal quotidiano cattolico americano: i comunicati che parlano di temi come aborto, diritto alla vita e rispetto della dignità della persona umana sono spesso molto più tiepidi rispetto ai toni duri usati per l’assistenza sanitaria ai poveri o l’immigrazione. Si usano infatti espressioni come la “difesa dei più vulnerabili tra noi, come i nascituri e i poveri”, si attaccano politiche “inquietanti”, “deludenti” o “difettose” sui temi del matrimonio gay. E per la libertà religiosa si parla di “”discriminazioni ingiuste”, “restrizioni pressanti”, “oneri imposti dal governo sui nostri ministeri” e “capricci politici”.

LO SCHIERAMENTO DA BATTAGLIA E LA MANCATA PERCEZIONE DEI MEDIA

Mentre al contrario sull’assistenza sanitaria ai poveri si parla di “gravi difetti” e “gravi carenze”, “problemi inaccettabili”, disegni di legge “profondamente deludenti” con “gravi difetti”, legislazioni “devastanti” ai quali dover “reagire fortemente”. Ancora più forti i toni usati per rifugiati e migranti, dove i vescovi si dichiarano “delusi”, “sconvolti”, “profondamente turbati” e “profondamente preoccupati” per le azioni di Trump. Lamentando “paura”, “intolleranza”, “bigottismo”, affermando “l’urgenza morale per una riforma globale dell’immigrazione che sia giusta e compassionevole”. Descrivendo, con parole fortemente criticate invece dai cattolici conservatori, “Gesù, Maria e Giuseppe come migranti e rifugiati”. Usando in più occasioni il termine genocidio, e dicendosi “profondamente preoccupati” per la cancellazione degli accordi di Parigi sul clima da parte del presidente in carica. Ma nonostante i toni da piena battaglia sulle questioni sociali, il punto è che difficilmente vengono ripresi dai media americani, così la percezione diffusa resta un’altra.

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