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Trump batte sul Nord, Pyongyang snobba Washington, mentre i mari si scaldano

Anche questa mattina il presidente americano Donald Trump ha iniziato la sua striscia di tweet quotidiani parlando di Corea del Nord. Pare che la disciplina voluta dal “Generale”, come dentro la Casa Bianca chiamano il nuovo capo dello staff John Kelly, imponga a Trump di utilizzare Twitter in modo più assennato. Per il momento funziona a fasi alterne, nel caso del dossier-Pyongyang il presidente sta da tre giorni ribadendo il successo diplomatico delle nuove sanzioni economiche imposte dall’Onu, con voto unanime del Consiglio di Sicurezza su una mozione proposta dagli Stati Uniti. (È uno spin intensivo, ma di fatto Washington ha portato a casa un apparente e momentaneo risultato positivo).

Dopo anni di fallimenti, alla fine “i paesi”, dice Trump intendendo tutti i paesi, il mondo insomma, sono d’accordo sul pericolo nordcoreano e hanno iniziato una posizione severa che sarà decisiva. L’allusione forte va alla Cina, che ha votato le sanzioni americane dopo che in varie occasioni si era opposta a punire il Nord, stato guidato da un dittatore imbarazzante ma che è pur sempre un satellite cinese.

LA RISPOSTA DI PYONGYANG

Da Pyongyang arriva una risposta su tre fronti. Primo, il regime fa sapere che non c’è problema per il mondo, perché eventuali armi atomiche verranno impiegate solo contro gli Stati Uniti se attaccheranno per primi (e qui la provocazione sta anche nel dire: abbiamo armi che possono raggiungere il vostro territorio, anche se le intelligence americane ancora nutrono qualche dubbio sull’efficienza). Secondo, “non ci sono circostanze” per cui la Corea del Nord dovrebbe avviare negoziati sul proprio programma missilistico. Terzo, nessuno, escluso gli Stati Uniti “che sono l’origine della crisi”, ha interesse per il “nostro” sviluppo militare. La linea è stata segnata dal ministro degli Esteri che ha parlato attraverso il suo portavoce da Manila, dove si trovava per il vertice ASEAN.

LE PRESSIONI DI TILLERSON

“Meglio non fare commenti su Giappone e Corea del Sud”, ha aggiunto il portavoce, “perché tanto loro seguono soltanto Washington” – mentre la voce del Nord parlava con i giornalisti in una conferenza stampa rapidissima (cinque minuti di orologio), era in corso un trilaterale guidato dal segretario di Stato americana Rex Tillerson alla presenza degli omologhi giapponesi e sudcoreani, e nel vertice si concludeva che “non bastano normali negoziati” con Pyongyang, ma servono “forti pressioni”. Pressioni e negoziati, sono le parole che in questa fase della postura americana hanno più risalto rispetto a termini militareschi come “preemptive attack” (che pure è stato utilizzato dal consigliere per la Sicurezza nazionale nella sua ultima tornata davanti ai giornalisti).

NUOVI TEST DAL MARE?

Nel frattempo, sempre Trump, rilancia – sempre via Twitter – un servizio esclusivo della Fox che usa fonti anonime d’intelligence per dire che i satelliti americani hanno osservato movimento anomali su una nave nei pressi delle coste orientali di Wonsan. Secondo gli americani Pyongyang si preparerebbe a testare almeno due missili cruise anti-nave. L’aspetto interessante è doppio, perché significherebbe che non solo Kim Jong-un ignora tutte le ritorsioni e le minacce contro il suo paese, ma si appresterebbe a testare lo sviluppo di questo genere di armi, che sono rimaste ferme per tre anni nei laboratori nordcoreani.

IL MARE CALDO COREANO

L’aspetto marittimo è un elemento importante. In uno degli show muscolari con cui Trump ha affrontato il dossier inizialmente aveva parlato dell’invio verso la Corea del Nord di una “grande armada”, per esempio. E ancora: in questi giorni i cinesi hanno sparato decine di missili dalle forze navali dispiegate nel Mar Giallo, il tratto di Pacifico che divide Cina e penisola Coreana. Lo scopo è di dimostrare di essere pronti a ogni evenienza: e Pyongyang non è escluso da questo avvertimento. Alle esercitazioni live-fire cinesi, rispondevano indirettamente (?) i sudcoreani, che dalla loro costa sullo stesso tratto di mare hanno lanciato più di 200 colpi di artiglieria e simulato operazioni di difesa dal mare utilizzando gli elicotteri Cobra di fabbricazione americana.

 

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